Alberto Simoni per “La Stampa”
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Biden arriva in Israele e rilancia la sfida all'Iran raccogliendo subito l'appello che sia il premier Yair Lapid sia il presidente Isaac Herzog gli hanno lanciato pubblicamente accogliendolo all'aeroporto Ben Gurion ieri pomeriggio al quale lui ha ricambiato dicendo «che non bisogna essere ebrei per essere sionisti».
Un segnale di vicinanza a Israele, Paese che il presidente ha visitato dieci volte dal 1973 e le cui relazioni vanno oltre i singoli esponenti politici. Oggi, oltre ad avere un bilaterale con Lapid e con Herzog, vedrà - come da tradizione - il capo dell'opposizione: Benjamin Netanyahu, capo del Likud e già favorito per le elezioni anticipate del prossimo novembre.
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L'antipasto della linea sull'Iran del presidente democratico è nell'intervista che ha rilasciato a Channel 12 nella quale ha detto che la Repubblica islamica è più vicina ora al nucleare rispetto a qualche anno fa e che è stato un errore - da parte dell'America di Trump - uscire dal Jcpoa, l'accordo sulla non proliferazione negoziato e firmato nel 2015. Ma se in tv Biden ha ripetuto alcune frasi da manuale della politica americana da almeno 20 anni, sono alti funzionari della Casa Bianca a delineare le mosse concrete degli Usa.
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Anzitutto l'idea - che oggi prenderà corpo nella firma di una Dichiarazione congiunta fra il premier Lapid e Biden - è di «non permettere mai all'Iran di arrivare all'arma nucleare» e «affrontare le attività destabilizzanti di Teheran» nella regione, «soprattutto quelle che sono una minaccia per Israele». Gli americani mettono l'accento sul fatto che il dialogo con gli israeliani sul tema è continuo e che le porte «restano aperte per la diplomazia, ma che le pressioni continueranno» se questa dovesse finire in un vicolo cieco.
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In tv Biden è stato più esplicito, alla parola pressioni ha sostituito «l'uso della forza» pur sottolineando che quella è l'ultima opzione. Il tema iraniano sarà trattato anche in Arabia saudita con gli esponenti del Consiglio della Cooperazione del Golfo.
Dopo qualche mese di avvicinamento con l'ipotesi persino di una nuova intesa sul nucleare, Washington e Teheran sono tornate alla casella zero. Lunedì Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale Usa, ha detto che Teheran sta dando droni di sorveglianza e armati ai russi affinché li usino in Ucraina. Sono gli stessi, ha puntualizzato ieri un funzionario della Casa Bianca, «che hanno ucciso civili e sono stati usati negli attacchi contro l'Arabia saudita».
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Prima di andare allo Yad Vashem a Gerusalemme dove ha lasciato un messaggio - «Non dimenticare mai, l'odio non è sconfitto ma si nasconde» - e abbracciato due superstiti dell'Olocausto, Biden ha avuto un briefing sul funzionamento dell'Iron Dome e dell'Iron Beam, lo scudo difensivo laser che Israele sta sviluppando insieme agli Usa.
«Sono il simbolo della partnership che lega i due Paesi», hanno spiegato le fonti americane che hanno sottolineato come «le industrie tecnologiche della difesa sono allineati e simili» e che «la cooperazione sulla difesa è sempre in miglioramento». Verrà oggi intanto firmato anche un memorandum sulla collaborazione tecnologica, in campi come il clima, la medicina e l'intelligenza artificiale.
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La partnership con Israele verrà però anche allargata agli Emirati Arabi Uniti sul tema della supply chain alimentare, per garantire la sicurezza del cibo gli Usa daranno 2 miliardi all'India per sostenere la sua agricoltura.
Nella Dichiarazione di Gerusalemme ci sarà un riferimento agli Accordi di Abramo - siglati da Trump con alcuni Paesi del Golfo nel 2019 - con «l'obiettivo - hanno spiegato le fonti dell'Amministrazione americana - di espandere l'integrazione di Israele nella regione». E un cenno all'Ucraina, tema sul quale gli Usa hanno dovuto nei mesi scorsi fare pressioni su Israele per una malcelata equidistanza pur avendo lo Stato ebraico votato in sede Onu la condanna dell'invasione.
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Nel suo discorso al Ben Gurion Biden ha fatto un riferimento alla soluzione dei due Stati. I suoi consiglieri hanno però precisato che «non esiste un piano, una soluzione complessiva». Quello che gli Usa sono pronti a fare è favorire il dialogo e gli incontri fra le parti all'insegna di un «tentiamo quel che possiamo». Domani Biden vedrà Abu Mazen. Poi via verso Gedda. Dove vedrà Mohammed Bin Salman.
Alcuni analisti hanno osservato che sin dai primi incontri in Israele Biden non ha mai stretto la mano - nemmeno ai piedi dell'Air Force One - preferendo il contatto a pugno a chiuso. Un modo per disinnescare da subito eventuali domande sulla stretta di mano con Mbs.
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