Giancarlo Dotto per Diva e Donna
john peter sloan
Mi piace John Peter Sloan, l’uomo che sussurra l’inglese a vecchi e bambini, a giovani in carriera e casalinghe più o meno disperate, ma anche a detenuti modello quando il destino lo impone. Mi piace perché mi parla in mutande dalla terrazza di casa, a Menfi, dalle parti di Agrigento, mentre guarda i cani che dormono sotto gli ulivi. Perché è un uomo generoso che tracanna la vita a grandi sorsi, senza troppi calcoli e troppe strategie, con il suo vecchio cuore rocker sempre acceso. E quando gli capita di cadere, come capita a tutti gli uomini generosi, si lecca le ferite, si rialza e riparte più forte di prima, avendo l’assillo di trasferire ai tanti che lo seguono nella vita e nei social la lezione che ha imparato sulla sua pelle. Un comunicatore nato John, tra pedagogia, didattica e intrattenimento. L’anima definitivamente latina, ma le sintesi fulminanti degli anglosassoni. E un senso dell’umorismo che trasmette grazia e leggerezza anche quando parla di disastri esistenziali.
Ti avevo lasciato, l’ultima volta, milanese al cento per cento dentro lo “Sloan Square”, il tuo pub inglese dove cantavi e recitavi, e mille progetti per la testa.
giancarlo dotto
“Ora vivo in Sicilia. Sono fisso qua… A Milano e a Roma ci vado quando proprio devo, una, due volte al mese, ma scappo appena posso.”
Tiro a indovinare. Fu l’amore, galeotto?
“È vero. Asia, la mia fidanzata, è qua vicino che mi sente e dice “no, no, no…”, ma è così che è andata. Lei faceva l’insegnante a Milano e voleva apprendere il mio metodo per portarlo in Sicilia.”
Che ne è stato del tuo amato pub?
“Non voglio nemmeno sentirlo nominare. Sono in causa con i soci. Una brutta storia.”
Era il tuo orgoglio, la tua allegria.
“Mi son fidato delle persone sbagliate. Ti dico solo che non mi arriva un euro da lì. Sai la storia del gatto che quando non c’è i topi ballano. Ecco, hanno ballato parecchio.”
Raccontami della tua nuova terra d’adozione.
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“A Menfi sono rinato. A Milano stavo andando in pazzia. Troppi progetti e questo pub che non aiutava le cose…”
In che senso non aiutava?
“Stavo bevendo un po’ troppo. Sai, la mia vita è completamente cambiata con il successo arrivato tardi, a quarant’anni. Prima ero un cantante come tanti, senza una lira. Da allora, soldi, proposte di lavoro, io che non riesco a dire di no. Stavo andando fuori di testa.”
Il concetto è chiaro.
“Quando sono sceso in Sicilia ho avuto un’epifania. Toccare un albero, prendere un limone da un albero, sentire la sabbia sotto i piedi. Qua sono sempre in mutande e metto le scarpe tre volte al mese. A Milano sarei arrivato alla tomba senza aver mai raccolto un limone da un albero…”
Sei un altro uomo.
“Lo puoi dire. Quando stavo a Milano avevo questi amici siciliani e li salutavo normale “ciao”. Adesso, quando sono a Milano e li incontro, li abbraccio come fossero eroi: “Minchia, come fai a stare qui?”
Racconti le tue “parentesi” alcoliche e fai ridere nei tuoi spettacoli.
“In un mio spettacolo racconto di quando, anni fa, mi hanno fermato mentre guidavo in stato di felicità.”
Stato di felicità? Magnifico modo di tradurre l’ebbrezza da alcol.
“Mi hanno chiesto di soffiare dentro un palloncino. Ho provato con una battuta. “Potete almeno impostare la macchinetta sui parametri inglesi?”. Non hanno riso molto…”
Conseguenze?
“E’ risultato che ero felicissimo. Mi hanno mandato a San Vittore a insegnare l’inglese ai detenuti.”
Hai avuto altri incontri ravvicinati con le forze dell’ordine?
john peter sloan
“Qui a Menfi, in due anni, la polizia l’ho vista una volta sola. Non succede niente qua. I vigili, invece, li vedo più spesso perché abbiamo quattordici cani. A volte sono loro che ci portano i cuccioli abbandonati che trovano in giro.”
Chi è John Sloan oggi, in attesa che venga domani?
“Sono tornato in me. Lavoro poco, ma bene. Non bevo più. Ho imparato a dire no. Ho imparato, soprattutto, a dare un prezzo al mio tempo. Milano ti fa pensare che quando non lavori stai perdendo soldi. Dimentichi di dare un prezzo e dunque un valore al tuo tempo libero.”
Errore madornale. Come vive John il siciliano?
“La mia ragazza mi ha detto: “Metti un giorno alla settimana tutto per te”. A Milano non riesci. Andavo ogni sera ai “Gucci party”, così li chiamavo, e si parlava solo di lavoro. Tornavo a casa con un mazzo di biglietti da visita. In Sicilia esco e torno con melanzane e vino rosso.”
Ora che hai sconfitto la dipendenza da alcol, lo stress da agenda e la bulimia da lavoro, raccontami di quando hai toccato il fondo.
“Uno spettacolo a San Patrignano, che sponsorizziamo con la mia scuola di Milano (ne ho persi tanti di amici per droga e per alcol), sedute in prima fila Letizia Moratti e mia figlia. Una volta sul palco, guardo questi ragazzi e dico: “Non posso mettermi davanti a voi e far finta di essere quello che non sono, perché anche io sto lottando con l’alcol….”
Reazioni?
“Qualche secondo di silenzio e poi una reazione incredibile. Credo e spero che pensassero: vedi cos’è riuscito a fare lui, nonostante il problema con l’alcol, tutti questi libri, il corso d’inglese più venduto nella storia. Abbiamo scherzato e riso insieme.”
Tua figlia sapeva di te?
“Lo sapeva, ma non da me. Non ne parlavo in famiglia. Avevo paura. C’è ignoranza in Italia sul tema. Non sanno che è una cosa genetica. Che una persona su venti non può bere, e io sono uno di questi. In Italia, se hai un tumore ti abbracciano e ti mandano fiori. Se hai problemi di alcol, ti abbandonano.”
In Inghilterra non è così?
“Per niente. In Inghilterra non conosco una famiglia che non abbia questo problema, ma da voi è diverso. Qui a Menfi gira un alcolista, schifato da tutti, e io invece ci parlo. Di solito, chi diventa schiavo dell’alcol ha storie interessanti da raccontare, sono artisti, persone sensibili.”
La storia di Patrignano non è a toccare il fondo, ma vedere la luce.
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“Ho ripreso il controllo, prima che succedesse il peggio. A Milano andavo a mille e avevo sotto mano tutto la birra che volevo. Ho cominciato a toccare il fondo quando non mi presentavo a teatro o consegnavo tardi i miei lavori.”
Ne parli senza falsi pudori sulla tua pagina facebook.
“Dovevo farlo. Anche per diffondere una cura che nessuno conosce in Italia ma funziona. A me mi ha salvato. Il metodo Sinclair. Una pastiglia che ti blocca le endorfine. Bevi un’ora dopo averla presa e scopri che l’alcol non ti fa più effetto. Prima gridi al miracolo, poi smetti di bere.”
Ti scrivono?
“Migliaia di messaggi di ammirazione, ma in privato solo quattro persone con il problema. Tutti inglesi. In Italia è vergogna. Io ero un alcolista emotivo. Usavo la birra come medicina quando ero un po’ depresso. Era come andare in farmacia.”
Se ti capita oggi?
“L’alcol è il peggior modo per riempire il vuoto. Passa l’effetto e stai peggio di prima. Oggi io non posso bere neanche se voglio. Se capita che mi sento giù aspetto che passi, male che va prenderò una medicina vera. Magari scopro che sono bipolare. Mia mamma lo è ma, grazie a quel farmaco, non beve più.”
La tua fidanzata Asia?
“Assolutamente fondamentale. Mi è stata molto vicina, ma senza quella pastiglia non ce l’avrei fatta. Mi hanno aiutato molto anche i cani”
I cani?
GIANCARLO DOTTO
“L’unica pecca qui in Sicilia sono tutti questi randagi abbandonati. Ho avuto più di cento cani in casa. Prendo questi randagi, gli faccio fare le punture e poi, quelli che non posso tenere, li porto a famiglie a Milano e Roma, sfruttando la mia visibilità.”
E’ diventata virale la storia di Rocky.
“Un cucciolo di cinquanta giorni, grosso come un topo, pieno di zecche. Aveva la faccia spezzata in due da un calcio, la bocca in cancrena, era in fin di vita. Ora sta qua con me e sta bene. È l’unico che non darò mai in adozione. Non voglio dargli altri traumi.”
Avrà un grande amore per te.
“Minchia! Mi segue ovunque, adesso è qua attaccato al piede.”
Dicevi che i cani ti hanno aiutato.
“Si chiama dog therapy. Danno tantissimo, i cani. Io giro per le scuole della Sicilia portando i miei spettacoli sull’inglese. Li faccio gratis ma, alla fine, mi devono lasciare 15 minuti per parlare dei cani. Qui sono invisibili. Sono come i topi. Li lasciano morire per strada.”
Una cosa è certa, ovunque vai lasci tracce forti.
“Mia mamma dice sempre “Porca puttana, ti fai conoscere ovunque!”. La mia ragazza sta annuendo.”
Hai imparato a parlare il siciliano?
“Come no? Senti qua. “Minchia, la tua è una minchiata fatta da un minchione.”
Tutto qua?
john peter sloan
“Il dialetto non m’interessa. Trovo assurdo che in Galles dedicano un giorno al gallese. Imparalo dalla mamma a casa, non a scuola. Come quando studiano Shakespeare nei corsi d’inglese, una lingua morta. Sai quanto ti ridono dietro se lo parli a Londra.”
La rete abbonda di proposte miracolistiche, imparare l’inglese e qualunque lingua in una settimana.
“Tutte cazzate. Sai quanto mi offrono per mettere il mio nome su queste truffe? Ogni studente è diverso e ha i suoi tempi. In molti hanno copiato il mio corso. Se dovessi litigare con tutti quelli che mi plagiano non ne uscirei più. Diceva Oscar Wilde che “il plagio è il miglior complimento.”
Ci sono quelli negati per le lingue, che proprio non ce la fanno?
“Ci sono e tu puoi stare lì anche una vita. Il problema in Italia è che l’inglese è insegnato molto male e molto tardi. Non è colpa degli insegnanti. Nessuno li aiuta. Prendono un diploma e gli danno un’aula. Il segreto è buttarsi, fregarsene degli errori. Voi italiani siete nazisti con la grammatica.”
Vengono a trovarti i tuoi figli in Sicilia?
“Certo. Li vedo più adesso di quando stavo a Milano. Non sono mica stupidi.”
La tua Inghilterra?
“Ha preso una bruttissima strada con il “brexit”. I razzisti stanno venendo fuori come i vermi dal legno.”
Salvini lo sa l’inglese?
“Non lo so, ma so una cosa. Minchia, ma se sei siciliano come fai a votare Lega con tutto quello che hanno detto sui terroni…”
john peter sloan
E tu?
“Sto diventando sempre più italiano. Ho imparato a usare il bidet, non guardo la tivù e passo il tempo con la fidanzata a guardare i cani come fosse una telenovela. Ho capito che la vita è corta, me la devo godere. E poi sono un uomo fortunato. Vivo in Sicilia con uno stipendio milanese.”