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Estratto dell'articolo di Rosaria Amato per “la Repubblica”
[…] In piena pandemia a lavorare da remoto in Italia erano 7 milioni di lavoratori e ora, calcola l’Inapp (l’Istituto per l’analisi delle politiche pubbliche), riguardo solo il 14,9% dei dipendenti, neanche 3 milioni di persone.
Lo smart working è dunque al capolinea? Non per tutti: ci sono ancora lavoratori che non sanno più come sia fatta l’azienda, ma la stragrande maggioranza è tornata in ufficio, e neanche troppo malvolentieri, visto il caro- energia. Le bollette, però, sono solo una piccola parte del problema: il maggiore ostacolo è la riorganizzazione del lavoro per obiettivi, con un adeguamento dei salari che mantenga l’equilibrio tra chi lavora da remoto e chi lavora in presenza.
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[…] La Pubblica Amministrazione ha affrontato la questione rinviando il momento della riorganizzazione per obiettivi: prendendo atto delle difficoltà, i rinnovi contrattuali dello scorso anno hanno affiancato allo smart working una forma di telelavoro che ricalca l’organizzazione e gli orari degli uffici. In questo modo si è “salvato” il buono pasto, e adesso gli uffici pubblici contano su una alta adesione al lavoro da remoto, 600 mila dipendenti quest’anno, su una platea di 3,2 milioni.
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Anche nel privato si è posta la questione di un “pacchetto” alternativo ai buoni pasto e agli straordinari orari, ma la soluzione non è così semplice, anche perché la legislazione non aiuta, anzi è di ostacolo secondo il 40% dei dirigenti intervistati in un report di ManagerItalia e Jobpricing. E così la stragrande maggioranza delle aziende piccole ha gettato la spugna, e le aziende grandi hanno adottato comode soluzioni “ibride”, che prevedono uno-due giorni di lavoro da remoto, il resto in presenza.
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[…] Lo smart working richiede «un processo di adattamento nello stile manageriale per nulla scontato», e solo in questo caso è efficace, conferma il 75,8% dei dirigenti nel report di Manageritalia. Ma quando l’azienda è piccola c’è poco da organizzarsi.
[…] «È come se durante la pandemia avessimo vissuto in una grande bolla – conclude il presidente dell’Inapp Sebastiano Fadda – e il ritorno alla normalità stesse vanificando le potenzialità del lavoro a distanza. A causa di una ridotta capacità di introdurre radicali innovazioni nell’organizzazione del lavoro ».
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