Giancarlo Dotto (Rabdoman) per Dagospia
giancarlo dotto e giorgia surina
Ora che la nauseabonda demagogia dei social ha partorito il topolone, sotto forma di porco, ecco lo strapparsi la veste che timbra furiosamente il cartellino. Ridicolo. La sgangherata cerimonia della parola alle masse prima o poi doveva causare l’incidente statistico, in questo caso la censurabile bestemmia non censurata. Della serie la vox populi non è quasi mai la voce di Dio, a prescindere dal porco. A pagare la disfunzione del sistema sarà un funzionario. Un disgraziato. Di turno. Ma il problemaccio resta.
MATERA CAPODANNO RAI
Quei geniali satrapi di Mark Zuckerberg e compari avevano in mente le camionate di dollari e non l’emancipazione delle masse. L’acclamato slogan “democrazia uguale partecipazione” ha di fatto spalancato le stalle dove se ne stavano giustamente segregati in un commendevole e millenario silenzio e dunque liberato milioni di bovini del cosiddetto libero pensiero.
ossessione da internet
Milioni di foruncoli esplosi. I forum che colano. Dalla stalla alla rete, la situazione è degenerata. A venire incresciosamente alla luce, nel novanta per cento dei casi, sono stati ectoplasmi di concetti già ruminati nel maelstrom virale o i fin lì tenuti in sordina rumori dell’odio. Insomma, il peggio e i peggiori.
A tenersi fuori i sani di mente e cioè abbastanza folli da sentirsi vivi o comunque qualcosa del genere anche senza piantare la loro bandierina nel beckettiano teatro dell’assurdo, il registrabile suono che complotta alla petomania di massa.
Quello che voglio dire è che i social sono asociali. Altamente e socialmente dannosi. Spargono gli acidi dell’odio e le tossine della parola vacua. Perché si bloccano le macchine male che va a targhe alterne e si danno via libere alle voci tutte? Le voci cosiddette libere, il flatus voci, sia che sfiammino da una bocca o da uno sfintere, sono comunque nocive quando non maleodoranti.
Rai, l'anno che-verra- 2016 - bestemmia
Da organismi morenti, giornali e televisioni in via di estinzione o quanto meno di trapasso a chissà cosa, hanno preso a trastullarsi con i social, ospitandoli e commentandoli. “Essere social” come palliativo. Un po’ per imbellettarsi, un po’ per darsi contemporanei o per dirsi vediamo se così freniamo di un’unghia lo sfacelo. Di fatto, una pratica suicida. Che sarebbe a dire, facciamola finita in fretta: se proprio devo morire invito a cena il mio assassino. Una scorciatoia.
internet versus vita reale 6
Una volta si registravano gli ascolti e si contavano i lettori. Si chiamano “ascolti” perché ascoltavano o “lettori” perché leggevano. Funzionava così. Poi è partita la moda dell’interattività, che è diventata in un baleno retorica. Ci sono casi in cui fanno scegliere a me il finale di un film o lo snodo di una trama. Vogliono farmi sentire importante gli stronzi dell’interattività.
Vogliono farmi diventare soggetto a me che pretendo di restare oggetto inerte, totalmente passivo, succube consenziente di una mente casomai ispirata che mi scaraventa in una sua creazione ipnotica. E’ così che si trasforma l’audience in odio, e cioè la presunta democrazia nel suo contrario.
internet versus vita reale 3
Invece che convocarci tutti a un oceanico raduno dove il cretino, si sa, è prevalente, bisognerebbe invece esaltare le distanze, coltivare le differenze, esplorare le intelligenze. Televisioni, giornali, il web soprattutto, per sopravvivere a se stessi o quanto meno morire con il necessario decoro dovrebbero puntare sempre più sull’aristocrazia del parlante e dell’opinionante, individuare nel molteplice quella sporca dozzina, piuttosto che darsi al baccano indifferenziato della mandria.
internet versus vita reale 4
Diventare sempre più selettivi, autorizzare a parlare solo i pochi autorizzati, ma pescandoli anche nei bassifondi, mica solo nelle accademie o tra quelli forniti di agente, invece che incentivare una specie di carnaio, una spiaggia libera del pensiero al sacco, da cui se ne esce tutti unti e imbrattati, con o senza porco, che il porco è marginale.
Se proprio ci si vuole dilettare con la finestra vista massa, okay, bisognerebbe allora, come si fa con il porco, il maiale, al di là del narcisismo da gastronomi del non buttare via niente, buttare quasi tutto e lasciare il meglio, che so lo stinco anche se non di santo.
INSULTI A GILETTI SOCIAL
Non è, sia chiaro, tutto male quel che nuoce. A consolarci in parte è lo spettacolo esilarante di uomini e donne pubbliche costretti a chiudere in fretta e furia i battenti dei propri blog o twitter imbrattati da palate di sterco, dopo averne fatto una parata del loro ego trionfante.
O, spassosi, gli allenatori meschini del calcio. Magari incazzati neri perché hanno beccato un rigore fasullo da un arbitro cornuto e si vedono costretti a rispondere alla domanda idiota di un social pescato nel mucchio e declamato con enfasi paonazza dalla bonona di turno.
MOURINHO DAILY MAIL IRONIA SOCIAL
i social e il linguaggio
Sia chiaro, non ce l’ho con il mezzo, ma con il mazzo, ovvero il modus. Viva il web, ma con giudizio, Da Roma e Atene in poi, fino a Gaber, Grillo e le Americhe, la democrazia insegna che ha senso solo se mascherata cioè rivestita di un velo o mediata e filtrata. Che sia la Rai in fregola di Capodanno o la Gazzetta di Macerata, vuoi mettere il social nel cenone? Okay, ma trova l’XFactor nella folla che preme al portone, l’oro zecchino di quei dieci su mille, ascoltatori o lettori. Estraili e trasformali in valore.