• Dagospia

    SOGNO O SONDAGGIO? - IL M5S PAGA IL “CASO ROMA” E PERDE IL 2%, MA L’UNICO PARTITO CHE CRESCE E’ QUELLO DELL’ASTENSIONE - IN CALO LEGA E FORZA ITALIA - IL 55% DEGLI ELETTORI BOCCIA IL M5S AL GOVERNO - CALA LA FIDUCIA IN DI MAIO, IL LEADER PIU’ GRADITO RESTA RENZI


     
    Guarda la fotogallery

    Ilvo Diamanti per “la Repubblica”

    DI MAIO RENZI DI MAIO RENZI

     

    La vicenda di Roma non accenna a risolversi. Tanto più (o meno) a normalizzarsi. Un anno dopo le dimissioni –forzate – di Ignazio Marino le tensioni politiche restano alte, ma ora coinvolgono la nuova sindaca, Virginia Raggi, e il suo partito. Il M5S. Alla faticosa ricerca, non ancora conclusa, di costruire una Giunta, affidabile e “specchiata”.

     

    Il sondaggio dell’Atlante Politico di Demos di oggi su Repubblica mostra come le polemiche “romane” abbiano indebolito il consenso verso il M5S e rafforzato il Pd di Renzi. Ma non in modo eccessivo. Anche perché, nel frattempo, cresce l’attenzione – e l’incertezza – intorno al referendum del prossimo autunno.

     

    Vediamo queste tendenze in modo più analitico. Partendo dagli orientamenti politici. Che, rispetto a giugno, mostrano un calo di alcuni punti del M5S. Nel voto proporzionale, infatti, il M5S scenderebbe di 3-4 punti, fermandosi intorno al 29%. Superato dal Pd, che risalirebbe al 32%.

     

    RAGGI SPESA RAGGI SPESA

    Così le posizioni, dopo la pausa estiva, appaiono rovesciate e simmetriche. Lo stesso avverrebbe nell’ipotesi di ballottaggio. Dove, però, il confronto risulta apertissimo. Vista la distanza davvero limitata fra i due partiti. 52 a 48 (circa).

     

    La crisi romana del M5S, peraltro, favorisce una ripresa, per quanto limitata, dei consensi al governo, al PDR (Partito di Renzi) e al premier. Il sostegno per l’azione del governo, infatti, resta elevato e, comunque, stabile. Il 43%: praticamente inalterato rispetto a un anno fa. Mentre, in base alla fiducia personale nei leader, Renzi si colloca in testa alla graduatoria, con il 44%.

     

    Queste tendenze, comunque, non segnano una svolta netta. Un cambiamento del clima d’opinione. Soprattutto, non sembrano annunciare una crisi del M5S.

     

    renzi di maio renzi di maio

    Anche se, fra gli elettori, crescono i dubbi sulla capacità di governare. Non solo il Paese ma anche le città. Una quota ampia delle persone intervistate, oltre 4 su 10, si dimostra, però, indulgente. Gli riconosce, dunque, la volontà di cambiare, E, quindi, implicitamente, la possibilità di sbagliare. Per migliorare la politica. D’altra parte, il M5S si presenta, ancora, come l’unica alternativa al Pd.

     

    Secondo partito, nel voto proporzionale. Tutti gli altri lontanissimi. Fuori gioco. Forza Italia e la Lega di Salvini: affiancati, intorno al 10-11%. La Sinistra: poco meno del 6%. I FdI e gli altri soggetti di Destra al 4,5%. I “centristi”: più sotto. In caso di ballottaggio con il Centrodestra, il M5S non avrebbe problemi. Così restano in due, PDR e M5S, a contendersi il primato. Governo e contro-governo. Leader e anti-leader. Politica e anti-politica. Che, tuttavia, in questa fase appare una “retorica” politica – di successo.

     

    Se valutiamo la graduatoria della fiducia verso i leader, questa situazione si precisa, in modo evidente. Dietro al premier, unico a superare il 40%, sono in molti a collocarsi oltre la soglia del 30%. Dentro e fuori il Pd. Fra i leader del M5S, Di Maio è preferito a Di Battista. Ma di poco: 38% a 35%. Entrambi, però, sono superati da Virginia Raggi.

     

    La sindaca di Roma. Il rumore mediatico e le polemiche intorno a lei, dunque, sembrano favorirla. Le offrono visibilità e, paradossalmente, legittimazione. Presso l’opinione pubblica, infatti, più che un amministratore inadeguato, la Raggi appare il bersaglio di guerre politiche interne ed esterne al M5S. Pardon: al partito. P5S.

     

    Fra i leader degli altri partiti, Giorgia Meloni e Matteo Salvini procedono affiancati, intorno al 36%. Superati da Pierluigi Bersani. Riferimento dell’opposizione interna. Dunque, “dentro” al Pd. Perché l’ipotesi di una lista a sinistra del Pd raccoglie consensi molto limitati. E non piace neppure ai simpatizzanti di Bersani.

    RAGGI GRILLO RAGGI GRILLO

     

    I problemi, per il premier, provengono, semmai, dal referendum sulla riforma costituzionale. Collocato tra fine no- vembre e inizio dicembre. L’esito di questa scadenza, infatti, appare incerto. Il Sì, oggi, prevarrebbe di pochi punti. E anche se Renzi sta cercando di ridimensionarne la connotazione “personale”, la maggioranza degli elettori, come mostrano Roberto Biorcio e Fabio Bordignon in questa stessa pagina, continua a percepirlo come una verifica politica diretta. Su di lui e il suo governo. Peraltro, e per contro, il fronte del No non dispone di figure in grado di imprimere una spinta propulsiva determinante.

     

    Semmai, è vero il contrario. Massimo D’Alema, in particolare, che ha formato un “Comitato Nazionale per il No”, ottiene un livello di consensi molto limitato: 24%. (Non solo a causa del referendum probabilmente.) Meno di Silvio Berlusconi e Stefano Parisi. Il fondatore di Forza Italia e il suo erede. In fondo alla graduatoria dei leader. A conferma del declino forzista. Visto che i suoi attori risultano, ormai, periferici nel sistema politico e nelle preferenze elettorali.

     

    Così, per ora, non si vede un’alternativa all’alternativa del M5S. Nonostante i conflitti romani. Che lo hanno posto al centro dell’attenzione mediatica e politica. Hanno sollevato e stanno sollevando tante polemiche. All’interno e all’esterno.

    RAGGI 1 RAGGI 1

     

    Al contrario: tanto rumore rischia di produrre l’effetto contrario. Legittimare Virginia Raggi, come protagonista interna al partito. E, a maggior ragione, all’esterno. Tra i suoi avversari. Perché quando Matteo Renzi attacca il M5S romano per la decisione di rinunciare alle Olimpiadi o per il caos che lo scuote, in questa fase, in effetti, lo legittima. Rafforza la sua immagine di unica vera opposizione. E riassume la politica italiana nel contrasto e nell’alternativa fra PDR e P5S. Per citare un noto autore romano: “Tutto il resto è noia”.

     

     

    2. M5S PERDE IL 2 PER CENTO MA IL PD NON NE APPROFITTA
    Nando Pagnoncelli per il “Corriere della Sera”

     

    Il caos della giunta Raggi costa ai Cinquestelle un forte contraccolpo ma non un crollo: rispetto a luglio il Movimento perde 2 punti percentuali. I voti in uscita non favoriscono però i partiti tradizionali. Il fondatore Beppe Grillo scrive al Corriere : «Anche imperfetti siamo forti della nostra umanità, della nostra determinazione». Intanto Raggi cerca i nuovi assessori.

     

    RAGGI RAGGI

    I fatti di Roma manifestano almeno tre elementi: le difficoltà di governo in una realtà complessa come quella romana, la divisione interna al Movimento 5 Stelle, dove militanti e dirigenti provengono spesso da tradizioni politiche distanti, la problematicità nell' affermare concretamente il principio di assoluta trasparenza. Con il corollario, tipico dei partiti d' antan, dei due pesi e due misure, per cui un assessore indagato rimane al suo posto e un altro viene presto rimosso.

     

    Lo stato di confusione, di scontro, il continuo emergere di aspetti non chiari, le dimissioni a catena, l' irritazione della base, l' inciampo del leader designato, Di Maio, hanno fatto ritenere a molti che il Movimento si stia giocando a Roma l' accountability , la credibilità come forza di governo responsabile. È il tema del sondaggio di questa settimana. Le vicende romane sono state seguite con attenzione: il 13% le conosce nel dettaglio, il 46% almeno nelle linee generali.

     

    RAGGI MURARO RAGGI MURARO

    Per dare una misura, più di quanto si conoscano i contenuti del referendum. Quanto alla valutazione della gravità della vicenda, prevale però un orientamento tollerante, se non assolutorio. Un terzo degli intervistati ritiene che siano situazioni che possono capitare a chiunque governi una città complessa come Roma.

     

    Più di un quarto (27%) giustifica gli accadimenti con l' inesperienza dei nuovi amministratori e si dichiara convinto che in poco tempo impareranno. Solo il 29% condivide un giudizio drastico che valuta Raggi e il Movimento incapaci di far fronte a responsabilità di governo. Più critici naturalmente gli elettori dei partiti di opposizione, anche se solo tra gli elettori pd la maggioranza assoluta (51%) valuta i pentastellati incapaci di governare Roma.

     

    Se prevale uno sguardo «indulgente» sui fatti, ampia è invece la critica sul dibattito interno al M5S. È convinzione diffusa (41%) che sia in atto una feroce guerra tra gruppi di potere che si contendono il primato. Le diatribe, le bugie o il non detto, la guerra di post e mail hanno lasciato il segno.

    DI MAIO RAGGI DI MAIO RAGGI

     

    Ma un quarto giudica i conflitti emersi come il prodotto di una normale discussione, e più di un quinto condivide la tesi di un Movimento unito contro cui si scagliano i poteri forti, come sostenuto da esponenti pentastellati e da Raggi. È la tesi prevalente tra gli elettori M5S (46%), anche se poco meno del 20% ritiene che sia in atto una guerra di potere intestina.

     

    Tutto questo provoca comunque una non trascurabile perplessità tra gli elettori grillini: se per il 70% il proprio orientamento non è intaccato, in circa un quarto emerge un disagio. Che però non è ancora fuga: solo il 5% è orientato a non votare più M5S, mentre un quinto è indeciso.

    DI MAIO GRILLO FICO DI MAIO GRILLO FICO

     

    Certo, la credibilità come forza di governo del Paese si è ridotta. Se, dopo il successo delle Amministrative, gli italiani esprimevano una certa fiducia sulle capacità di governo (43%), anche se comunque il 46% ne dubitava, oggi i rapporti si sono invertiti tornando a essere quelli di un anno fa.

     

    Meno di un quarto scommetterebbe sulla riuscita di un esecutivo pentastellato, la maggioranza (55%) opta per una manifesta incapacità. Solo gli elettori 5 Stelle lo accreditano nettamente come forza di governo credibile (77%), anche se il 17%, pur votandoli, non li ritiene all' altezza.

     

    Luigi Di Maio paga le conseguenze del suo ruolo nella vicenda e delle sottovalutazioni: rispetto a luglio oggi la sua popolarità diminuisce di 6 punti e il saldo tra valutazioni positive e negative torna ai livelli precedenti alle Amministrative.

     

    SALVINI SALVINI

    L' orientamento critico ma parzialmente assolutorio si conferma anche nelle intenzioni di voto. Il Movimento subisce un contraccolpo ma non un crollo: rispetto a luglio perde 2 punti percentuali. I voti in uscita non favoriscono in nessun modo i partiti tradizionali. Ne beneficia innanzitutto l' astensione, che cresce di oltre due punti, quindi i partiti che sono vissuti da molti elettori come «antisistema»: Fratelli d' Italia e Lega.

     

    Per i 5 Stelle l' avvertimento è chiaro, ma, se sapranno riprendere la rotta, molte delle perplessità rientreranno. Per gli altri partiti si conferma la difficoltà di pescare in questo bacino, con un elettorato assai difficile da recuperare.

     

    Guarda la fotogallery


    ultimi Dagoreport