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    SONO AUMENTATE LE RICHIESTE NEI LABORATORI DI TEST SIEROLOGICI PER CONOSCERE IL LIVELLO DI ANTICORPI SVILUPPATI CONTRO IL COVID - MA E' INUTILE: IL RISULTATO DEL TEST NON È ATTENDIBILE PER SENTIRSI AL SICURO. A OGGI, INFATTI, NON SI CONOSCE IL COSIDDETTO "CORRELATO DI PROTEZIONE", CIOÈ QUALE SIA IL LIVELLO DI ANTICORPI MINIMO CORRELABILE A UN LIVELLO DI PROTEZIONE ADEGUATO CONTRO IL VIRUS - D'ALTRA PARTE, NON È STATO DIMOSTRATO CHE, PER UNA PERSONA GIÀ PARZIALMENTE O TOTALMENTE IMMUNE, FARE UN'ULTERIORE VACCINAZIONE POSSA ESSERE PERICOLOSO…


     
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    Niccolò Carratelli per "la Stampa"

     

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    Almeno una volta, dopo esservi vaccinati, ve lo sarete chiesto. Quanti anticorpi avrò sviluppato contro il Covid? Sarò abbastanza protetto? Dubbio legittimo, tanto più ora che dalla seconda iniezione sono passati magari 4 o 5 mesi. E nel momento in cui, per milioni di italiani, è tempo di programmare la terza dose. C'è chi, per valutare meglio come muoversi, ha pensato di fare un test sierologico, cercando riscontri sulla solidità della sua barriera contro il virus.

     

    Nelle ultime settimane la richiesta, nei laboratori privati, è aumentata, ma il problema è che il risultato del test, qualunque esso sia, non è attendibile per sentirsi più o meno al sicuro.

     

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    La circolare diffusa dal ministero della Salute sulle certificazioni di esenzione alla vaccinazione non lascia dubbi: «Si ribadisce che l'esecuzione di test sierologici, volti a individuare la risposta anticorpale nei confronti del virus, non è raccomandata ai fini del processo decisionale vaccinale - si legge nel documento firmato ad agosto dal direttore della Prevenzione Gianni Rezza -. Per tale motivo la presenza di un titolo anticorpale non può di per sé essere considerata, al momento, alternativa al completamento del ciclo vaccinale». Insomma, inutile spendere 30-40 euro (o anche di più) per un esame privato in laboratorio: sapere il numero (approssimativo) degli anticorpi non darà certezze per rinviare o evitare il richiamo del vaccino.

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    A oggi, infatti, non conosciamo il cosiddetto «correlato di protezione», cioè non sappiamo quale sia il livello di anticorpi minimo correlabile a un livello di protezione adeguato contro il virus.

     

    D'altra parte, non è stato dimostrato che, per una persona già parzialmente o totalmente immune, fare un'ulteriore vaccinazione possa essere pericoloso. Quindi, per la quasi totalità della comunità scientifica, prevedere test sierologici di massa propedeutici alla terza dose, come ha chiesto il presidente del Veneto Luca Zaia, non ha senso.

     

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    «Sulle strutture sanitarie ricadrebbe un carico di lavoro non giustificato dalle evidenze scientifiche - ha spiegato Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Speranza -. La terza dose prima o poi dovrà essere raccomandata comunque a tutti, anche sotto i 60 anni». Senza contare il costo per lo Stato, da sommare a quello già sostenuto per garantire il vaccino. -

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