1 - MICHELE MISSERI "SONO STATO IO A UCCIDERE SARAH SCAZZI NON DOVEVANO FARMI USCIRE DAL CARCERE" "
Estratto dell’articolo di Maria Corbi per “la Stampa”
MICHELE MISSERI
Michele Misseri oggi esce dal carcere, dopo aver scontato la condanna per occultamento e soppressione del cadavere di sua nipote Sarah, omicidio avvenuto 14 anni fa, il 26 agosto del 2010, per cui sono state condannate all'ergastolo sua figlia Sabrina e sua moglie Cosima. «Ma sono stato io», continua a dire anche oggi, come fece nella sua prima confessione e durante il processo. «Ho detto la falsa quando accusai mia figlia». Ma inquirenti e giudici non gli hanno creduto. E adesso lo ribadisce in una lettera in cui risponde alle domande che gli sono state recapitate in carcere.
sabrina misseri sarah scazzi
Signor Misseri, lei capisce che con tutte le versioni che ha dato, è difficile crederle.
«Sono stato mille e mille volte reo confesso».
Ha avuto contatti dal carcere con sua moglie e sua figlia?
«Ho scritto tante lettere a Sabrina e Cosima chiedendo perdono ma non ho mai avuto risposta. Vorrei andare a trovarle in prigione ma non so se accetteranno. Voglio chiedere loro perdono guardandole negli occhi, spiegandogli perché le ho accusate».
Ecco appunto, perché?
MICHELE MISSERI
«La mattina del 15 ottobre 2010 (il giorno in cui venne arrestata Sabrina, ndr) alle tre e 30, era ancora notte, mi portarono in cella due pillole, una bianca e una rossa, e un'ora dopo mi portarono ad Avetrana. Io non mi sentivo bene, sembravo un drogato e non riuscivo a spiegarmi bene, tanto che mi hanno fatto sedere su una sedia e mi hanno dato due panini e un bicchiere di aranciata. Mi hanno fatto tante domande, ma io ero confuso, c'è un video, andatelo a vedere come stavo. Ho accusato mia figlia ingiustamente, ma mia moglie non la ho mai accusata, come nemmeno mio fratello Carmine e mio nipote Cosimo, pace all'anima sua, che non c'è più».
[…]
Giovanni Buccolieri che prima ha detto che era un sogno, poi ha firmato un verbale come se "il sogno" fosse realtà. Poi ha detto di nuovo che era un sogno. Poi non si è presentato al processo. Capisce che anche lui è poco credibile.
«Ha sognato che Cosima e Sabrina inseguivano Sarah per le strade di Avetrana e poi la trascinavano in macchina. Ma come faceva mia moglie dopo una giornata a raccogliere pomodori, sotto il sole, con 45 gradi, e pesando più di 100 chili, a correre dietro a Sarah?». […]
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Nemmeno sua cognata, la mamma di Sarah le crede.
«Anche lei ha creduto ai giudici, ma io le ripeto che sono stato io. E quando ho accusato mia figlia nell'incidente probatorio, io avevo capito che dovevo dire che era stato un incidente, per questo ho detto che giocavano a cavalluccio e che Sarah era scivolata ed era morta. Non è andata così, io ricordo tutto, ero arrabbiato perché il trattore non andava e quando ho visto Sarah in garage le ho detto di andarsene, non capivo cosa volesse. Così la ho presa di spalle e la ho sollevata di peso e lei mi ha dato un calcio nei testicoli. Ho provato tanto dolore e mi è venuto il calore alla testa, così ho preso un pezzo di corda che era sul parafango del trattore e…(Michele Misseri continua nel suo racconto, ma noi preferiamo fermarci qui, ndr). Mi hanno portato a dire cose che non volevo perché sono ignorante e mi hanno fatto passare da innocente, e mia moglie per una che mi comandava e che mi faceva mangiare gli avanzi».
MICHELE MISSERI
[…] Cosa farà appena fuori?
«[…]spero ancora che qualcuno invece mi creda, che ci sia qualcuno che abbia almeno un dubbio su come siano andate veramente le cose. Sono io il colpevole e devo stare in carcere».
2 - CARNEFICE, ANZI PLAGIATO COMUNQUE COLPEVOLE LA SOLITUDINE DI ZIO MICHÉ
Estratto dell’articolo di Paolo Di Paolo per “la Repubblica”
Entra in una specie di terzo tempo, una vita 3, o forse 4, zio Michele, di ritorno ad Avetrana. Il sindaco blinda le strade intorno a via Deledda, il set di un reality estenuante, che adesso ha l’aria di una scenografia dismessa e abbandonata. Lui, Michele Antonio Misseri, chiede di essere lasciato solo — ed è difficile che non lo sia, per quanto la curiosità mediatica possa riaccendersi[…]
MICHELE MISSERI
Confortato come può confortare, nel baratro, la sensazione di una imprevista exit strategy da un destino immutabile, fatto di giornate fra i campi […] Il manovale semianalfabeta, il “pastorello” (così si definì) vessato e abusato da un padre padrone, e dai padroni incontrati su quel lembo di crosta terrestre che ha arato e vangato fra Erchie, provincia di Brindisi, luogo natale, e Avetrana, provincia di Taranto […] se non fosse stato per l’imprevisto, per la patente di mostro che gli venne affibbiata sul finire dell’estate del 2010. O meglio: che volle affibbiarsi da solo, rivendicando — perfino a dispetto delle sentenze che lo scagionavano — la propria colpa.
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Misseri il buono, il pio o l’ingenuo ferito dall’infanzia e dalla miseria, soggiogato dalla matriarca che sposò ragazzo, a cui consegnava i guadagni, perché «i conti li tiene lei»; […] descritto dai referti psicologici come un immaturo sul piano affettivo, il suggestionabile che cambia versione, integra, modifica, recede, cancella e riscrive, chiama in causa la figlia per difenderla e così la condanna, il narratore illogico che non si dichiarerà mai innocente, nemmeno stamattina.
Non l’ha fatto, d’altra parte, nemmeno quando l’Italia era con lui — o quantomeno, gli spettatori di “Chi l’ha visto” che sul caso di Avetrana faceva ascolti record; nemmeno quando gli arrivavano in carcere le lettere dei suoi sostenitori, invitandolo ad ammettere di voler fare il capro espiatorio, e a confessare di essere plagiato dalle donne di famiglia.
MICHELE MISSERI
Per un tempo minimo e bruciante l’opinione pubblica lo ritenne il mostro, per poi assolverlo per via di gruppi Facebook, di meme social, di imitazioni di Checco Zalone, di maschere di carnevale. Tutti convinti — inquirenti compresi — che fosse inattendibile la crudeltà che si attribuiva, lo scatto di nervi «perché il trattore non partiva», le mani sul corpo della nipote, la corda al collo e tutto il resto. Il cappello da pescatore sparisce dalla sua testa calva, si presenta coi baffetti, una camicia inamidata, gli occhiali con la montatura dorata.
sarah scazzi
Sembra un altro, e per certi versi lo è: da comparsa a protagonista, più stupefatto che compiaciuto; l’intervistato che balbetta non è più solo il contadino inchiodato a un calendario agricolo che può in effetti somigliare a un ergastolo: è un personaggio. È qualcuno, dopo decenni spesi nell’essere nessuno. Mentre l’ergastolo effettivo è la pena inflitta a moglie e figlia, zio Miché, derubricato a complice occultatore inquinatore di prove, comincia a guadagnarsi lo sconto di pena per buona condotta. […]
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