Giuseppe D'Amato per "il Messaggero"
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Urla, spari, sangue. L'ennesimo massacro di innocenti in un'istituzione scolastica russa. Questa volta è successo all'università di Perm, circa 1.300 chilometri ad est di Mosca, sugli Urali. Sei i morti, una ventina i feriti (9 dei quali in gravi condizioni) in una folle mattinata di fine estate. I primi colpi di fucile si sono uditi alle 10,30 locali (le 7,30 in Italia, ndr) nella zona del campus, poi all'interno di uno degli edifici. A quell'ora in ateneo erano presenti quasi tremila studenti, molti dei quali hanno iniziato a barricarsi all'interno delle aule o a calarsi in strada. «Terrorizzati saltavano dalle finestre ha raccontato un'insegnante -. I ragazzi scappavano da tutte le parti».
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LACCI SALVA VITE Una sua collega ha utilizzato i lacci delle scarpe per legare le maniglie della porta senza chiave nella stanza, in cui si trovava con gli allievi. «L'assalitore ha tentato di entrare ha riferito al quotidiano Kommersant un giovane -. I lacci hanno resistito. A questo punto lui ha sparato contro la porta, poi sul muro. Dopo aver capito che non sarebbe riuscito a passare, il malvivente ha spostato la sua attenzione sul corridoio, dove ha continuato a sparare». Altri allievi hanno avuto solo una gran paura, attendendo la fine della sparatoria. «Eravamo in una sessantina ha detto Semion Karajakin . Ci siamo barricati in aula con le sedie davanti alla porta».
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Il 18enne Timur Bekmansurov, questo il nome dell'assalitore, è un allievo del primo anno del corso di Giurisprudenza, che deteneva legalmente un fucile da caccia. «Un ometto di casa», l'ha definito sua mamma sotto shock per l'accaduto. Il figlio, descritto come una persona tranquilla che non usciva mai, non aveva «situazioni conflittuali». Ma da tempo qualcosa doveva essere successo nella sua mente. Ieri mattina Timur ha postato un messaggio, pieno di odio verso il prossimo, su un social media, assai popolare tra gli adolescenti russi.
Quindi, presa l'arma e indossato un caschetto, si è diretto all'università. Qui ha subito freddato il custode di guardia all'ingresso, così nessuno ha potuto schiacciare il pulsante per dare allarme. Dopo interminabili minuti è arrivata lo stesso una pattuglia della polizia stradale. Un agente si è messo a far sfollare gli studenti in fuga, mentre un altro Konstantin Kalinin - si è dato all'inseguimento di Timur, che ha opposto resistenza.
strage all'universitai di perm in russia
Dopo una breve sparatoria, in cui è stato ferito allo stomaco, l'assalitore è stato immobilizzato, quindi portato in ospedale per le cure mediche. I ministri della Salute e quello dell'Istruzione, Murashko e Falkov, sono immediatamente volati a Perm su incarico del premier Mishustin. «Questa è un'enorme sciagura non solo per le famiglie, che hanno perso i loro cari ha dichiarato il presidente Putin -, ma per tutto il Paese. Non ci sono parole di consolazione per queste perdite, soprattutto quando si parla di giovani, che hanno appena iniziato la loro vita».
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Oggi è stata dichiarata una giornata di lutto in tutta la regione di Perm. Secondo i dati del Comitato investigativo nazionale, Bekmansurov aveva acquistato il fucile a maggio di quest' anno, quando la legge - che innalza l'età per detenere un'arma da 18 a 21 anni non era ancora entrata in vigore. Tale decisione era stata presa dalla Duma dopo la strage in primavera al ginnasio N. 175 di Kazan, in cui morirono 9 persone.
«Quello che è successo aveva scritto ieri l'assalitore, prima di compiere il massacro, non è un attacco terrorista. Io non sono un membro di un'organizzazione estremista. Sono agnostico e apolitico. Nessuno sapeva cosa stavo per fare. Tutte queste azioni le ho fatte da solo». Bekmansurov, autodescrittosi come «pieno di odio», ha pianificato la strage nei particolari ed ha risparmiato i soldi per l'acquisto dell'arma per lungo tempo.
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I PRECEDENTI A maggio, in Tatarstan, il 19enne Ilnaz Galjaviev si era comportato più o meno nello modo e seguito la medesima dinamica. Aveva comprato legalmente un'arma alla fine di aprile, poi aveva atteso il primo giorno di lezioni dopo le vacanze di maggio. Nel frattempo aveva aperto un canale su Telegram in cui aveva comunicato che voleva ammazzare un sacco di gente, quindi suicidarsi. Motivo? «Odio tutti. Sono nato l'11 settembre». In precedenza, il 17 ottobre 2018 un pazzo adolescente massacrò 20 studenti in un istituto tecnico di Kerch in Crimea prima di suicidarsi. Per cause legate al terrorismo radicale - ma erano altri tempi - è invece collegato l'assalto alla scuola di Beslan, dove morirono 334 persone tra studenti e genitori nel settembre 2004.
Estratto dell’articolo di Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”
SPARATORIA ALL’UNIVERSITÀ DI PERM
Timur Bekmansurov, appena 18 anni. Una vita breve, intrisa d'odio. Una bomba umana destinata ad esplodere tra i suoi coetanei. Un «Columbiner», scrive qualcuno, accostandolo alla coppia protagonista del massacro di Columbine, Colorado, il 20 aprile del 1999. Il riferimento a quella pagina nera della storia Usa è corretto. Ad innescare il killer non ci sono ragioni politiche - è lui stesso ad affermarlo - ma semplicemente la voglia di provocare dolore, causare sofferenza, uccidere il maggior numero di persone possibile.
SPARATORIA ALL’UNIVERSITÀ DI PERM
È l'inseguimento di un record di vittime. Spesso gli stragisti guardano alle cifre, vogliono superare chi li ha preceduti, ritengono così di lenire il loro malessere, interiore o mentale, falciando esseri umani in serie. «Solo pochi di voi meritano di sopravvivere - ha spiegato in un post - Ho pensato a questo gesto da tanto tempo, ho realizzato che adesso era venuto di avverare il mio sogno». Le parole di Timur sembrano copiate da quelli di altri sparatori di massa, sull'altra sponda dell'Atlantico, da Newtown a Las Vegas.
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