Marco Beltrami per https://www.fanpage.it/ - Estratti
C’è un prima e un dopo nella carriera e nella vita di Daniele Bracciali. L’ex tennista classe 1978, che si era tolto tantissime soddisfazioni nel circuito ATP sia in singolare che in doppio, nel novembre 2018 è stato radiato a vita con l’accusa di aver facilitato un giro di scommesse su una partita del torneo di Barcellona.
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La brutta storia extra-campo per Bracciali è iniziata nel 2014. Fino a quel momento Daniele aveva vinto un titolo ATP in singolare e 7 in doppio, raggiungendo rispettivamente le posizioni numero 49 (migliori giocatore italiano per 11 settimane) e numero 21 del ranking ATP. Ai microfoni di Fanpage l'ex giocatore ha raccontato la sua controversa vicenda, ammettendo di essersi sentito un perseguitato anzi, per dirlo alla sua maniera, "cornuto e mazziato".
Bracciali è stato radiato a vita da tutti gli eventi organizzati dall’ATP con il divieto anche di parteciparvi come spettatore, oltre ad una multa di 250mila dollari, per aver facilitato un giro di scommesse in relazione all’incontro di singolare del primo turno del torneo ATP di Barcellona 2011 tra l'amico e compagno di doppio Potito Starace e Daniel Gimeno Traver. L’ex tennista, scagionato con formula piena sia nei processi sportivi italiani che in quello penale, è stato invece stangato dalla Tennis Integrity Unit (ad oggi ITIA) ovvero l'organo che combatte la corruzione nel mondo della racchetta.
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Partiamo dalla fine Daniele: come hai vissuto l'exploit italiano in Coppa Davis? Sicuramente per te non è facile vedere i tuoi colleghi in azione.
"Hai colpito nel segno. Ad essere sincero non ce la faccio nemmeno a guardare il tennis in TV perché la mia uscita di scena con queste modalità ancora oggi mi brucia molto. Vedere gli altri giocare quando avrei potuto dare ancora tanto a me stesso e all’Italia nei tornei mi dà noia. Quindi quando posso preferisco non guardare il tennis, anche se gareggiano molti ragazzi che giocavano con me e sono miei amici".
Il tuo incubo è iniziato nel 2015, con la prima squalifica. Cosa è successo?
"La prima squalifica nel 2015 è arrivata per la violazione dell’articolo 1, dopo 4 processi con la FIT che è stata la prima a muoversi. Gli atti di indagine arrivavano dalla procura di Cremona. Starace e io fummo assolti dall’accusa di illecito sportivo e alterazioni di partite. Io venni comunque squalificato perché mi dissero che un giocatore di Davis non poteva avere contatti, anche se non col fine di alterare le partite, con persone che scommettono".
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Ma come è iniziato tutto? Tu sei finito al centro di un'inchiesta della Procura di Cremona.
"All’inizio leggevo tutto sui giornali, ma a me non era arrivato niente. Sono andato io a parlare col procuratore di Cremona senza che lui mi avesse chiamato, vedendo quello che usciva sui giornali e le cavolate che venivano fuori. Volli un incontro con lui e m’interrogò per tre ore. La cosa bella fu che iniziò dicendomi ‘Quello che hai fatto è associazione a delinquere transnazionale', che io non sapevo nemmeno cosa volesse dire, e poi ‘Sono 10 anni di galera'. Ero terrorizzato. Lui sospettava che io avessi fatto da tramite coi giocatori italiani per alterare le partite in un giro di scommesse".
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Già in quell'occasione iniziasti a notare qualcosa di particolare, con la vicenda che intanto andava avanti anche a livello sportivo.
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"Starace non è mai stato ascoltato. Non ci sono mai stati sequestrati computer e telefonini: io li ho fatti analizzare per conto mio. La federazione ha preso gli atti d’indagine e ha fatto il processo dove c’era una persona che mi aveva vomitato addosso un po’ di cose. Nonostante questo, durante il processo sportivo in Italia, la federazione ci ha sempre assolto dall’illecito sportivo. Mi hanno detto solo che ero stato un cog*ione ad aver avuto dei rapporti con queste due persone, i commercialisti di Bologna".
Chi sono i commercialisti di Bologna e come entrano in questa vicenda?
"Erano due persone con cui avevo rapporti perché mi dovevano aiutare a recuperare un credito con una società sportiva di Olbia. Un credito certificato per un contratto che non era stato rispettato. Per questo avevo rapporti con i due commercialisti, non certo per alterare delle partite".
Loro scommettevano sulle partite di tennis?
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"Loro scommettevano e io lo sapevo, ma all’epoca lo faceva il 90% delle persone che s’incontravano, come oggi. Scommettevano su calcio e tennis, mi facevano le varie domande ‘Ma te conosci quello, o quell’altro' e io dicevo ’sì che conosco quello o quell’altro’. È normale, giocavano a tennis con me, ma non è che mi sono mai adoperato con altri per combinare le partite.
Come ha capito molto bene il giudice a Cremona, non avevo bisogno di andare da altri per combinare partite, potevo farlo sulle mie. E invece in quattro anni di indagine non è mai venuta fuori una mezza parola su una partita del sottoscritto. Nella sentenza il giudice di Cremona dice che non è verosimile che Bracciali abbia fatto parte di un’associazione a delinquere, non c’è una sola volta in cui si parli di un suo match. E voi mi venite a dire che fa parte di un sodalizio criminale? Ma come è possibile?".
Tutta la vicenda fa leva su una sola partita che neanche ti riguardava.
"La partita in questione è una sola. Un match di Barcellona 2011 con Starace. L’accusa che mi veniva mossa era aver messo Potito in contatto con questi scommettitori, con i commercialisti, tramite un telefonino. Gli stessi commercialisti, nella deposizione come scommettitori a Cremona, hanno detto poi di non avermi mai dato quel telefono. Loro avevano altri amici che andavano in giro per i tornei e questi telefoni andavano in giro tramite queste persone. Cercavano di capire se i giocatori stavano bene o stavano male, quello che facevano tutti. Ribadisco che a me non era mai stato dato un telefonino".
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Quindi tu non davi giudizi su partite? Perché l'accusa sosteneva che tu dessi dritte sulle scommesse.
"Sulle chat di Skype si parla di scommesse. All’epoca tutti ne parlavano perché c’erano molte partite che finivano in modo strano. Io non davo giudizi su partite. In seguito loro, con amici che scommettevano, usavano altre parole riportando delle mie chat. Poi è venuto fuori che le stesse chat venissero cambiate nell’inoltro agli altri. Ad esempio ‘No, Braccio mi ha detto' o ‘Braccio ora parla con quello o con quell’altro'. In realtà anche dagli interrogatori dei giocatori tirati fuori, nessuno ha mai asserito ‘A me Bracciali mi ha detto'. Nessuno lo ha fatto".
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E poi cosa è successo?
"Mi sono fatto i due anni di squalifica, poi è uscita la sentenza del tribunale di Cremona dove sono stato assolto con formula piena per non aver commesso nessun illecito nemmeno a livello associativo. Ricominciai a giocare perché avevo ranking protetto per un infortunio e riuscii a rientrare. Dopo 10 giorni dall’assoluzione mi arrivò una lettera dalla TIU, che oggi si chiama ITIA, ovvero l’organismo che raccoglie ATP, WTA, grande Slam e ITF. Mi accusavano di aver fatto da tramite per alterare la partita di Barcellona tra Starace e Gimeno Traver".
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Lì è ricominciato l'incubo.
"A fine 2018 mi hanno fatto il processo di primo grado e nel frattempo ero anche rientrato nei primi 100 nel doppio. Venne messo un giudice scelto dalla parte che mi accusava e così mi squalificarono a vita con 250mila euro di multa. Per Starace invece 10 anni e 200mila di multa. Io non capisco la differenza tra questi due verdetti. Di solito per prendere la radiazione bisognerebbe alterare dalle 7-8 partite in su. Io sono stato squalificato per una partita in cui non ero nemmeno coinvolto".
Da quel momento in poi cosa è successo?
"Abbiamo fatto il ricorso al TAS, è entrato di mezzo il Covid, è anche morto un giudice durante la notte prima dell'appuntamento decisivo. Alla fine il processo si è fatto a settembre 2021, la sentenza è arrivata un anno dopo. Ci sono venute all’orecchio delle cose non molte belle che stavano succedendo. La sentenza del TAS è stata presa a maggioranza senza unanimità e ci hanno ridotto solo la pena pecuniaria. Abbiamo anche fatto un altro ricorso al tribunale svizzero, non nel merito, ed è stato respinto. Mi ha dato noia il totale non rispetto delle sentenze italiane. Una roba schifosa. Essere radiato per una sola partita è una roba esagerata".
Come vi siete spiegati questo verdetto?
"Tutti mi hanno giudicato sugli atti di Cremona. Nella sentenza ci sono dei passaggi in cui capisci che non si poteva mai vincere. I testimoni che sono venuti al TAS, i commercialisti, hanno detto di non avermi mai dato un telefonino. Io vengo tenuto dentro questa storia per un telefono che attacca la cella del mio cinque volte in quattro anni. Loro a processo hanno detto di non avermi mai dato questo telefono e che la partita in questione non era taroccata, ma i giudici hanno scritto in sentenza che i testimoni non erano attendibili".
Secondo l'accusa attraverso questo telefonino avevate un canale di comunicazione per le scommesse?
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"Io avevo il mio perito di parte, il generale Rapetto della Guardia di Finanza a capo del reparto operativo anti frodi telematiche. Su di lui hanno scritto che non aveva dimostrato che il cellulare non era di Bracciali, è stato imbarazzante. Il mio perito ha chiesto all'accusa se questo cellulare si fosse attaccato alla cella del mio personale in altri momenti della vita privata, nel giro di quattro anni: se così fosse stato gli avrebbe dato ragione. La risposta è stata negativa: non c'è mai stata una volta in cui si è attaccato. In quel momento pensavo di aver vinto, perché qualsiasi giudice mi avrebbe assolto. Un cellulare, quello che si diceva dato a me, che si sarebbe dunque attaccato alla cella del mio solo durante i tornei di tennis delle scommesse?".
Nel dettaglio loro su cosa scommettevano, in che modo puntavano sulle partite di tennis?
"Questi scommettitori dicevano di andare ai tornei per vedere come stavano i giocatori e scommettere sul punto in diretta. Avevano 8 secondi tra quando finiva il punto e la possibile puntata, quindi scommettevano sempre sul sicuro: vedevano dal vivo l'esito prima che venisse aggiornato il sistema. Una sentenza già scritta. Noi avevamo cercato anche di cambiare il giudice, perché proveniva da uno studio di Londra dove tutti lavorano con l’ITF o l’ITIA: addirittura ci sono dei soci che hanno fatto il regolamento dell’ITIA".
In quel momento ti è crollato il mondo addosso, la tua carriera e i tuoi progetti sono finiti.
"Mi hanno stangato. D'altronde i procuratori dicevano ai giudici ‘Loro devono essere di esempio'. E io dicevo ‘Scusami ma esempio de che? Se non ho fatto niente'. Sostenevano che noi dovevamo essere d’esempio per i giovani, visto che siamo stati giocatori forti. E questa è stata una delle motivazioni per cui dovevamo essere condannati. La maggior parte dei giocatori condannati infatti sono tutti sconosciuti o quasi. Noi, due ex giocatori a fine carriera, eravamo perfetti per essere da esempio. Tra l’altro quando gli hanno detto di darci la multa il giudice ha detto: ‘Ma se già lo squalifichiamo a vita perché devo dargli anche la multa? non potrà lavorare'. E invece a noi hanno dato anche quella, pazzesco".
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Nella tua esperienza hai visto comunque cose strane nel tennis, ti sei mai accorto di match truccati?
"Sì sì. Ora secondo me il fenomeno delle scommesse nel tennis è stato azzerato, prima sicuramente c’era. C'erano personaggi che venivano ai tornei: a me è successo più di una volta che mi hanno chiamato in stanza per delle partite e io ho sempre raccontato tutto. Persone esterne, scommettitori che da fuori mi chiamavano e chiedevano dove soggiornavano i giocatori. E quando ti trovi in paesi particolari che fai? Denunci, chiami o dici, ma non sai nemmeno chi ti chiamava. All’epoca di partite strane ce n’erano molte. Tra l’altro nella partita contestata a noi, Starace s’era pure ritirato. Se fosse stata taroccata Potito avrebbe giocato fino alla fine no?".
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Alla fine di questa storia, per riassumere, come ti senti?
"Cornuto e mazziato. Si sono scagliati contro di me con una violenza incredibile. Ci hanno voluto bastonare, sembrava fosse tutto scritto. Perché quando una prova loro vale più di 99 tue…".