MATTIA FELTRI
1 - PORTE, FINESTRE E TOMBINI
Mattia Feltri per "La Stampa"
Fa molto fine citare Piero Calamandrei e in genere si cita la frase secondo cui quando la politica entra per le porte della magistratura, la giustizia se ne esce dalla finestra. Bella, niente da dire, sebbene la politica entri di rado per le porte della magistratura, se non nel ruolo dell'indagata, e la magistratura entri spesso per porte della politica, in quello della moralizzatrice.
L'ultimo caso appartiene a Catello Maresca, magistrato antimafia poi candidato sindaco a Napoli per il centrodestra ed eletto in Consiglio comunale. Bestia quale sono, ignoravo la possibilità, esercitata da Maresca, di restare in Consiglio comunale e contemporaneamente rientrare in magistratura.
catello MARESCA 1
Calamandrei voleva introdurre in Costituzione il divieto per i magistrati di iscriversi ai partiti politici e sosteneva, citazione molto più sporadica, che il magistrato applicato alla politica non avrebbe dovuto mai tornare a indossare la toga, perché in politica dilapida il suo credito d'imparzialità.
Il povero Calamandrei non poteva immaginare che il processo d'evoluzione democratico ci avrebbe consegnato magistrati allo stesso tempo politici, magistrati di giorno e politici la sera. Nessuno sa quanti siano i Maresca d'Italia.
piero calamandrei
Però si sa con precisione che alle piante organiche mancano oltre mille e cinquecento magistrati, mentre duecento di loro lavorano nei ministeri, dove scrivono e applicano leggi accumulando in sé un po' di potere giudiziario, un po' di legislativo e un po' di esecutivo. Ve la ricordate la separazione dei poteri di Montesquieu? Pare che ne possiamo fare a meno, tanto noi abbiamo i moralizzatori.
2 - TUTTI I «CASI MARESCA» DIMENTICATI DALLA SINISTRA
Stefano Zurlo per "il Giornale"
Un corteo interminabile di magistrati che si sono lanciati in politica. E di parlamentari e amministratori che sono tornati ad indossare la toga. Poi esplode il caso, sacrosanto, di Catello Maresca e il ministro Marta Cartabia pronuncia una parola definitiva: «Basta». Così non si può andare avanti.
CATELLO MARESCA
Maresca, dopo aver fallito sul versante del centrodestra la conquista del Comune di Napoli vorrebbe sdoppiarsi: leader dell'opposizione in Consiglio comunale e, con la benedizione del Csm che gli ha appena dato il nullaosta, giudice della Corte d'appello di Campobasso. Lontano da Napoli ma non dalla corporazione togata.
ANTONIO DI PIETRO
È da trent' anni che tutte le persone di buonsenso segnalano questa clamorosa anomalia italiana, ma come spesso capita nelle vicende tricolori, ci voleva un giudice di destra, per di più silurato alle urne già al primo turno contro Gaetano Manfredi, per far traboccare il vaso riempito per decenni da pm di sinistra.
luigi de magistris in versione che guevara
Non è un problema di correttezza, ma di credibilità e ha a che fare con l'indipendenza della magistratura. Come si fa ad essere sopra le parti se si è di parte? Mistero. Eppure se si racconta questo capitolo sconcertante di storia patria, come dire, anfibia, si rischia di riempire un volume con le biografie dei pendolari. Ecco Giuseppe Ayala, nel glorioso Pool antimafia di Palermo, poi parlamentare del Pri, e via via di altri partiti fino ai Ds, quindi sottosegretario nei governi Prodi e D'Alema prima di rientrare nella casa madre, scegliendo per pudore l'approdo nelle retrovie del civile.
GHERARDO COLOMBO - ANTONIO DI PIETRO - PIERCAMILLO DAVIGO
Insomma, nell'attesa di una legge che non si vede mai spuntare all'orizzonte, come il nemico nel Deserto dei tartari, Ayala mostra comunque un riguardo che non tutti hanno. Giannicola Sinisi lascia la magistratura ma non si dimette: va a fare il deputato, il sottosegretario, il senatore, sta fra la Margherita e l'Ulivo, infine ingrana la retromarcia e ricompare fra i giudici della Corte d'appello penale di Roma.
«Se fai l'arbitro non puoi metterti la casacca e giocare con una squadra», sentenziava a suo tempo Piercamillo Davigo. Galateo istituzionale, ma anche il minimo sindacale nel Paese dei sospetti, dei retropensieri, degli accordi dietro il palco. E poi ad ogni convegno si sentiva sempre ripetere la stessa consunta massima: «Un magistrato non deve solo essere ma anche apparire imparziale».
CATELLO MARESCA
Erano sempre tutti d'accordo e poi all'uscita mettevano la freccia. Michele Emiliano era un pm d'assalto a Bari, un po' alla Di Pietro, poi come il modello originale ha sfruttato la popolarità delle sue inchieste - alimentando dubbi legittimi nello specchietto retrovisore dell'opinione pubblica per diventare sindaco di Bari e poi presidente della Regione Puglia, ma a differenza del Tonino nazionale si è messo in aspettativa, insomma gli è rimasta la toga sotto la fascia tricolore, e da magistrato, sia pure in naftalina, aveva addirittura tentato la scalata alla segreteria del Pd.
CATELLO MARESCA
Troppo pure per un ambiente abituato a tutto, tanto da mettere in moto un'azione disciplinare. Ma il catalogo contiene altri paradossi strepitosi: Adriano Sansa da presidente della Corte d'appello di Genova avrebbe potuto indagare, in teoria, sulle ipotetiche malefatte lasciate in eredità ai concittadini dalla giunta del precedente sindaco Adriano Sansa, insomma avrebbe potuto mettere sotto accusa se stesso.
Adriano Sansa
Poi ci sono stati i campioni del doppio lavoro in simultanea, come i maestri di scacchi. Fra questi arriva, maldestro, Maresca e le porte girevoli si chiudono. Ma sarà davvero così? Perché finora il passaggio della frontiera fra i due mondi è stato più facile di quello del Mar Rosso da parte degli ebrei in fuga dai carri del Faraone.
CATELLO MARESCA 2