matteo salvini giorgia meloni
Estratto dell’articolo di Marcello Sorgi per “La Stampa”
Dei tre casi al centro delle polemiche tra governo e magistratura affrontati da Meloni, quello con al centro la ministra Santanchè rimane il più spinoso, per la visibilità dell’interessata e per la sorte subita in passato da membri di altri governi che si sono trovati nelle stesse condizioni.
santanchè meloni
[…] scandali risibili che si sgonfiarono in breve tempo, stanno a dimostrare che al di là degli esiti giudiziari delle inchieste, la sorte di un ministro quasi mai viene decisa dai magistrati, ma dal premier che si occupa, non della consistenza delle indagini, ma degli effetti che vicende possono avere sull’immagine del governo.
E in questo senso i predecessori di Meloni, anche quelli di provata fede garantista, hanno sempre o quasi sempre deciso per le dimissioni […] In questo caso […] è evidente che la Lega è assai poco solidale verso Santanchè, e se Salvini non alza la voce è perché lui stesso è ancora alle prese con i processi in materia di immigrazione di quando era al Viminale e perché ritiene che Meloni, insistendo nella difesa della ministra, si stia solo facendo male.
GIORGIA MELONI E DANIELA SANTANCHE
Già, ma perché Meloni nel caso di La Russa ha dato retta ai sondaggi che la spingevano a prendere le difese della ragazza e in quello di Santanchè resiste alla pressione dell’opinione pubblica che vorrebbe vedere la ministra dimettersi? Di politico c’è poco: qui emerge un dato caratteriale della premier che considera nemici, non avversari, “la sinistra, una larga parte dei giornalisti e i loro editori. E a qualsiasi costo non vuole dargliela vinta