ROBERTO GUALTIERI GIUSEPPE CONTE
Alberto Orioli per https://24plus.ilsole24ore.com/
La corsa al vaccino e l’affanno del ritardo italiano offuscano obiettivi e problemi di medio periodo, come quelli legati all’allarme demografico. Su cui pesa un altro ritardo. Per lo meno analitico. C’è una bolla finanziaria legata ai prestiti garantiti dallo Stato che non verranno mai ripagati.
Ce n’è un’altra del lavoro e scoppierà quando non ci sarà più il blocco dei licenziamenti; ce n’è una terza legata agli andamenti demografici di un Paese che ha ormai 5 anziani per ogni bambino e ben presto vedrà squilibrarsi l’assetto del proprio sistema di welfare.
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Il peso del debito
Il comun denominatore di queste tre emergenze – e sarebbe il primo punto nell’agenda post Covid di un Governo previdente – è l’aumento del debito. Questi punti non sono all’attenzione di Giuseppe Conte e dei suoi ministri.
Sarebbe miope e sbagliato se il retropensiero fosse che, alla fine, toccherà ai fondi del Recovery plan porre rimedio alla devastazione nei conti procurata da questo inedito tridente. I fondi europei serviranno a finanziare riforme e crescita, non le misure di pronto soccorso.
E l’unica strada per risolvere il problema sarebbe quella di riuscire a innescare tassi di crescita mai raggiunti (e non raggiungibili se le stime dell’effetto Recovery sul Pil si ferma al 3,5% calcolato finora).
CREDITI DETERIORATI
Quanto ai prestiti sono 150 i miliardi erogati ai soggetti dell’economia e coperti da garanzie pubbliche: la Banca d’Italia da tempo ha sollevato il tema dei rischi (pur se fisiologici in questa situazione) nella fase di rientro di quelle somme.
In genere il 10% dei prestiti in situazioni normali scivola tra le voci delle sofferenze bancarie e finisce bene presto dritto nel grande cesto dei non performing loans. Nel caso dei guasti della pandemia quel 10% è destinato a crescere molto (per ora nessuno azzarda percentuali, ma molti concordano nell’immaginare almeno il doppio).
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Cinquanta miliardi senza copertura?
Dunque un ammanco potenziale di una trentina di miliardi. Che toccherà allo Stato garante assicurare alle banche. Via debito naturalmente. Del lavoro si è detto più volte che si aspettano un milione di disoccupati nel giro di pochi mesi.
Probabilmente è un numero totem sovrastimato, ma sarà comunque uno shock inaudito che farà mancare consumi (e quindi ridurrà il Pil ulteriormente) e imporrà nuove misure assistenziali oltre a forme sempre più generose di incentivazione alle assunzioni.
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Un mix di Naspi (la nuova indennità di disoccupazione), reddito di cittadinanza e reddito di emergenza unito alle nuove forme di decontribuzione per rendere convenienti le nuove assunzioni. Ce ne sono per il Sud, per i disoccupati, per le partite Iva, per le donne. E significano minori entrate per gli enti previdenziali nelle fasi iniziali della carriera lavorativa, recuperati con i ristorni del Tesoro.
L ULTIMO DPCM DI CONTE – MEME
Quindi ancora debito. Magari finirà anche meglio del previsto, con un ammanco a fine anno per l’Inps di una decina di miliardi, perché il rimbalzo della manifattura e la magia dell’e-commerce sono stati più gagliardi del previsto. E anche il tiraggio della Cassa integrazione sarà alla fine del 42%, con 6,7 milioni di lavoratori coinvolti. Tanti, ma con una spesa finale minore delle attese. In ogni caso il rischio è che il Paese entri nel 2021 con un fardello di una cinquantina di miliardi per lo più senza copertura.
CREDITI DETERIORATI
L’emergenza di una riforma fiscale
Il fatto che l’Italia sia il Paese dove gli abitanti diminuiscono e i nuovi nati sono ormai sotto la soglia di sopravvivenza a 400mila unità aggrava il quadro. I bambini che mancano oggi saranno i lavoratori che mancheranno tra 20 anni. E saranno anche i contributi previdenziali che mancheranno al sistema già sotto forte stress.
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Nel frattempo sono almeno 3 milioni i lavoratori in nero fuori dai radar della statistica e quasi altrettanti sono i giovani sfiduciati che non cercano un impiego e non studiano. Il sistema fuori squadra del welfare impone continue trasfusioni fiscali. E sarà la madre di tutte le riforme, proprio quella fiscale, a ridisegnare il Paese . E la lotta al sommerso, che il Covid sembra aver ridotto all’oblio, dovrebbe essere la priorità per trasformare un Paese diseguale e polarizzato in uno Stato inclusivo e socialmente armonico.
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