Marco Cicala per il Venerdì-la Repubblica - https://rep.repubblica.it/pwa/venerdi/2018/09/20/news/totti_roma-206967134/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P11-S1.8-T1
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Giovedì prossimo Francesco Totti compie 42 anni e oggi sono 481 giorni che, un po' obtorto collo, ha detto addio al calcio. Ma - non solo nell' Urbe - la "Tottilatria" è lungi dall' essere una religione in declino. Ché proprio di religione si tratta. Con i suoi miracoli, i suoi misteri, le sue invasate moltitudini, i suoi sballi devozionali.
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Lo scudetto, il Mondiale, ma pure i flop, gli allenatori con cui è stato idillio e quelli con cui è finita a pesci in faccia, il sodalizio con Cassano, i grandi rifiuti (al Milan, al Real), la felicità e l' inferno dello spogliatoio, e poi la famiglia, Ilary, i "pupi", le zanzare-killer del gossip... E naturalmente Roma, madre-padrona e sposa alla quale Totti ha votato una ferrea monogamia d' altri tempi. Ancora adesso non può farsi pizzicare in giro per la città senza bloccare il traffico, senza creare tumulti.
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Per averti, il Milan era pronto a scucire 300 milioni. E avevi solo 12 anni.
«In quel caso il "No" fu della mia famiglia. Soprattutto di mia madre. È vecchia maniera: apprensiva, possessiva. Papà lavorava fino a tardi. Era sempre lei a starmi dietro. Non voleva che mi allontanassi. Mi voleva tutto per sé».
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Tu invece il fallaccio assassino l' hai fatto a Balotelli. Finale di Coppa Italia.
«Sì, ma quello arrivò dopo un crescendo. Erano anni che lui provocava, insultava me, i romani. Un continuo. Alla fine la cosa è esplosa».
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Potevi stroncargli la carriera.
«Fu un fallo orrendo. Proprio per fargli male. Ma dopo, stranamente, i giocatori dell' Inter non mi assalirono. Mentre uscivo dal campo per l' espulsione, Maicon mi diede addirittura il cinque. La sensazione era che anche tra i suoi compagni interisti Balotelli creasse qualche irritazione».
Dici: "Mario è forte, ma non gli hanno mai insegnato l' educazione sportiva".
totti australia
«È il suo carattere e sarà difficile cambiarlo, anche se adesso è un po' migliorato.Mancini ha fatto bene a riprenderlo in Nazionale. Il talento c' è. Poi però tutto dipende dalla testa».
Anche Antonio Cassano è un bel caratterino. Ma tra voi è stata amicizia vera.
Quando arrivò alla Roma venne ad abitare con te e famiglia.
«C' è rimasto quasi quattro mesi. Faceva dei regali incredibili a mia madre...
Anelli, bracciali da 5-6 mila euro. Manco fosse la moglie. Se mi vedeva a cena con amici al ristorante pagava non solo per me, ma per tutti, anche se non li conosceva. Non lo faceva per comprare il mio affetto, ma perché è fatto così. È un puro. Voleva fa' er magnifico. Adesso spende di meno perché sennò la moglie je mena. Ma quand' era single era incredibile».
Pure la vostra rottura fu incredibile.
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«Gli era sparito l' assegno dello stipendio e s' era messo in testa che a rubarglielo era stata la nostra domestica, una che stava con noi da anni. Per lei avremmo messo la mano sul fuoco. In più era un assegno intestato ad Antonio e non poteva essere incassato da altri. Provammo a convincerlo, ma niente. Se ne andò. Qualche giorno dopo l' assegno fu ritrovato sotto il sedile della sua macchina».
totti e il figlio cristian
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Allenatori. Qual è quello con cui si è creato il rapporto umano più forte?
ROSELLA SENSI E TOTTI
«Zeman. Sembra un tipo ombroso, ma appena lo conosci te ce diverti da mori'.
Certo, per capirlo quando parla ci vuole un po'... Quando fa un discorso, ogni tanto la testa te s' abbassa, te c' addormenti».
Con Capello, il mister dello scudetto, ci sono stati alti e bassi. Di lui dici: "È un tuttologo".
«Quando parli con Capello hai sempre torto. Sa tanto, ma l' ultima parola deve sempre essere la sua. Se passa un piccione e lui dice che è un gabbiano, ti dimostrerà che è un gabbiano.È cocciuto, perfezionista. Un maniaco».
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Era fissato che in ritiro vi portaste in camera le ragazze di nascosto.
«Le cercava negli armadi, nella doccia, pure sotto al letto».
Con lui ti sei riconciliato. Con Spalletti no. La sua fobia erano le carte.
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«Beh, alla Roma siamo sempre stati molto "cartari"».
Tu continui a giocare? A che?
«Poker... Un po' di tutto».
Anche al casinò?
«Qualche baccarat a Montecarlo...».
Torniamo allo scudetto. Durante i festeggiamenti sei stato costretto a rifugiarti in un convento sull' Aventino.
«Ero a cena con parenti e amici in un ristorante quando cominciamo a sentire un boato di folla. S' era sparsa la voce che ero lì. A un certo punto m' affaccio: di sotto cinquemila persone bloccavano le strade.Volevano entrare. Il proprietario mi dice: non c' è una seconda uscita.
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L' unica è scavalcare l' inferriata e scappare da su, dalla parte del convento. Con tre o quattro amici c' arrampichiamo sulla scarpata nel buio, tra le piante. Appena saltata la recinzione mi dico: se qui c' è qualche cane da guardia ce se sbrana. Invece arriva un tizio con una torcia. È un frate. Mi illumina la faccia: "Ma tu sei Totti!". Prima di farci uscire m' ha chiesto l' autografo».
Confessi: "Non ho vinto molto". Però sei diventato un mito lo stesso.
«Sì, nel libro dico così. Però a ripensarci non ho manco vinto tanto poco. Un Mondiale, uno scudetto, due Coppe Italia, due Supercoppe, una Scarpa d' oro...».
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Con il Real avresti vinto di più. Ti sei mai pentito di quel No?
«No, ma decidere fu durissimo. Rimasi anche per Ilary. Stavamo insieme da poco e a me non piacciono i rapporti a distanza. Prima o poi finiscono sempre».
Hai definito la vostra "una storia d' amore tra liceali".
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«Era sotto Natale, si giocava a carte con un po' di gente... A un certo punto l' ho vista in tv e mi sono detto: questa la voglio sposare. Al che un amico mi fa: "Guarda che di là c' è la sorella" . È tutta colpa de 'sta rompicojoni (sogghigna rivolto a Silvia, la cognata che gli fa da agente). È lei che ha fatto da tramite, ha combinato tutto...».
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Invece da giocatore quando hai rosicato di più?
«Quando prendemmo un gol all' ultimo dallo Slavia Praga e non andammo in semifinale Uefa. Poi qualche derby e la finale dell' Europeo persa con la Francia».
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Però quello fu anche l' Europeo del tuo rigore "a cucchiaio" nella semifinale contro l' Olanda. Nel libro dici: quando tiri un rigore decisivo è meglio se non pensi ai milioni di persone che ti stanno guardando. È meglio se lo calci come per vincere una scommessa al bar.
«In quel caso avevo davvero scommesso con Maldini, Nesta, Di Biagio che se fosse finita ai rigori io avrei fatto il cucchiaio. Mi sfottevano: parli così in allenamento, in partita è diverso. Ma il giorno dopo, quando andando verso il dischetto dissi che avrei mantenuto la parola, mi scongiuravano di ripensarci: Sei scemo? Guarda che se lo sbagli c' ammazzano!».
È vero che da piccolo incollavi le figurine dei giocatori laziali al contrario?
«A testa in giù. Uniche di tutto l' album».
Al momento dell' addio però gli Irriducibili della Curva Nord ti hanno reso onore con lo striscione: I nemici di una vita salutano Francesco Totti.
«Ci può essere sempre il cretino che insulta o fa la battutaccia, ma quando li incontro per strada la maggior parte dei laziali sono sportivi, mi fanno i complimenti. E anche quelli delle altre tifoserie se mi vedono in tribuna a Bergamo, Milano, Torino... E pensare che quando giocavo me facevano a pezzi. Forse anche allora gli piacevo, ma nun lo potevano di'».
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nesta totti
Quanto hai pianto il giorno dell' addio?
«In pubblico tanto. In privato pure de più».
Anche i gladiatori piangono.
«E certo. Perché no».
Quando hai capito che era arrivato il momento di staccare?
«Non è stato un mio pensiero, ma una cosa voluta dalla Società. È l' unica ombra che s' è creata tra me e la Roma. Perché un conto è decidere con la propria testa e un altro farsi mettere i paletti da altri. Certo, mi rendo conto che finché stai lì non vorresti mai smettere. Ma non pretendevo di continuare a giocare 60-70 partite all' anno, volevo solo restare a disposizione. Comunque meglio smettere che restare senza mai alzarsi dalla panchina».
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Tra i grandi fautori del tuo abbandono, Luciano Spalletti.
«È quello che ha spinto di più. Con la Società erano una cosa sola».
Dicono che adesso alla Roma il tuo lavoro è quello del mediatore tra il mister Di Francesco e lo spogliatoio.
«Sì. I giocatori sono bestie, sono bastardi, ma mi portano rispetto. Io ero come loro, li conosco bene, conosco il loro linguaggio segreto fatto di occhiate, mezze parole. E cerco di rendermi utile».
In 25 anni come lo hai visto cambiare lo spogliatoio?
«Adesso si parla quasi solo inglese. Se non lo sai non capisci un cazzo. E si fa meno gruppo. In ritiro, rientrato dal campo, ognuno si isola in camera sua col telefonino... A navigare, a mandare messaggi».
Generazione bimbominchia. Però ha prodotto i Messi, i Ronaldo.
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«'Sta cosa che hanno messo in discussione Ronaldo perché non ha segnato subito è incredibile... Solo in Italia. No, dico, è R-o-n-a-l-d-o. Uno così non si discute. Se lo fai stai messo proprio male».
Ma, insomma, che vuoi fare da grande?
«Ancora non lo so. Per adesso mi godo questo momento vicino alla squadra e alla Società. Respiro l' aria del campo».
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Il mondo dello spettacolo non ti tenta?
«No, per quello basta Ilary».
Una sola maglia. Sei l' ultimo romantico?
«Boh. Ma nel caso ne sarei fiero».
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A parte tutto sembri felice. Che voto dai alla tua carriera?
«Nove e mezzo. Se avessi vinto la Champions, dieci».
Grazie Francesco.
«Eddeché».
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