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    “LA VERITÀ” SPARA SULLA CROCE ROSSA – LE LIQUIDAZIONI DEI DIPENDENTI DELL’ASSOCIAZIONE UMANITARIA, ALMENO 120 MILIONI DI EURO, SONO SPARITE NEL NULLA, SEPOLTA DA LUSTRI DI SPRECHI E SCIALI E ALLA FACCIA DEI 160MILA VOLONTARI – LA “PRIVATIZZAZIONE” DI MONTI, IL CONTENZIOSO CON L’INPS, E LA “MANINA” CHE A OTTOBRE HA INFILATO IN MANOVRA QUALCHE MILIONCINO PER L’ENTE UMANITARIO…


     
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    Antonio Rossitto per “la Verità”

     

    Una vita nella gloriosa Croce rossa. In giro per il mondo, da una missione di pace all' altra.

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    Eppure, a settembre del 2016, il maresciallo Franco M. viene spogliato d' ogni grado e trasferito al tribunale Civitavecchia. A ordinare scartoffie e metter bolli. Del resto, è solo uno dei 2.500 dipendenti trasferiti altrove: ministeri, scuole, uffici sanitari e giudiziari. Non gli rimane che dire signorsì.

     

    Guardare avanti. E quando la figlia gli annuncia imminenti nozze, l' ex sottufficiale non si tira indietro. Così, due mesi fa, chiede all' Inps l' anticipo della meritata liquidazione. Un gruzzoletto di 85.351 euro. Adesso sì che gli fa comodo. Ma l' istituto previdenziale risponde picche: i suoi vecchi datori di lavoro latitano. I soldi per i Tfs, i tanto attesi trattamenti di fine servizio, non li ha mai trasferiti. E il nostro maresciallo? Si metta pure l' animo in pace: l' appartamentino per sua figlia dovrà attendere.

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    IL DOVUTO CHE NON C' È

    Dimenticate l' arcinoto detto. Stavolta sulla Croce rossa c' è da sparare. E pure a pallettoni. Metaforicamente, ovvio. Le liquidazioni dell' associazione umanitaria più antica e decorata d' Italia sono finite in un buco nero. Sparite. Evaporate. Dissolte.

    Ma come? I buoni tra i buoni. I retti tra i retti. Fanno sparire il malloppo? Proprio loro. E non si tratta di bruscolini.

     

    «Almeno 120 milioni di euro» calcola Domenico Mastrulli, segretario generale del Co.S.P., il Coordinamento sindacale di polizia penitenziaria che rappresenta oltre 300 ex crocerossini. Niente anticipi all' occorrenza. Niente buonuscite al momento della pensione.

     

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    Già. E dov' è finita questa montagna di denari? Semplice: sepolta da lustri d' indimenticabili e pletorici sciali. Il supercarrozzone statale era oleato, ogni anno, con 200 milioni di euro. Ma non smetteva di macinare debiti. Grazie anche a un fantasmagorico organico formato da più di 5 mila persone. E nonostante gli oltre 160 mila indomiti volontari dediti alla causa. Gratuitamente. Morale della favola: pure quei 2.500 gruzzoletti, faticosamente accumulati mese dopo mese, si sono eclissati.

     

    SVOLTA ALL' ITALIANA

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    Dietro ai soliti gineprai legislativi e politici. La genesi risale al 28 settembre 2012: epoca del mai dimenticato governo Monti. Dopo anni di scandali, inchieste e assunzioni selvagge, stavolta è deciso. L' ora è scoccata: la Croce rossa viene privatizzata. A parole, ovviamente. Visto che i soldi continuerà a cacciarli lo Stato. Va beh, non state troppo a sottilizzare. Si sa: da certe parti conta più la forma della sostanza.

     

    E, comunque, il fulgido piano governativo prevede due società: la bad e la good company. Fortunato schema finanziario già utilizzato qualche anno prima durante l' ennesima crisi dell' Alitalia. Con gli strabilianti esiti poi finiti sotto gli occhi di tutti.

     

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    Niente paura, però. Stavolta a manovrare ci sono i professori. Da una parte nasce Esacri: brutto, sporco e cattivo. Dall' altra, risorge ciò che resta dell' impero dei buoni. Ovvero: l' Associazione nazionale Croce rossa italiana. Presidente di quest' araba fenice diventa l' allora commissario straordinario: Francesco Rocca. È però a Esacri, l' ente strumentale guidato da un commissario, che tocca il lavoro sporco. Compresa la tormentata ricollocazione dei 2.500 nelle varie amministrazioni statali. Alla fine, i dipendenti chiudono ogni rapporto con la Croce rossa.

     

    E avrebbero perfino diritto al sospirato Tfs. Mal gliene incoglie. Si scopre l' arcano.

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    Quei soldi non ci sono. Ma i manovratori non si perdono d' animo. Pensa e ripensa, ecco l' uovo di Colombo: il patrimonio immobiliare! Da anni l' associazione cerca di dismetterlo, con scarse fortune peraltro. Basta trasferirlo all' Inps. Il gioco è fatto.

     

    Peccato che il fortunato istituto previdenziale sia d' opposto avviso. Possiede già una sterminata quantità di case, uffici e stabili: più di trentamila, in totale. E vorrebbe invano disfarsene da anni: la gestione dei cespiti è fallimentare. Cosa volete che se ne faccia dunque di altre case e palazzi? Niente.

     

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    Difatti rinuncia all' allettante proposta. All' ente commissariale manda a dire: si paga sull' unghia, grazie. Un surreale dialogo tra sordi. Che va avanti da sette anni, senza tentennamenti. Tanto che l' Inps, il 19 febbraio 2019, fa l' ennesima chiamata alle armi. E invia a tutte le sue sedi territoriali un apposito messaggio, rinominato Hermes. Il tenore è inequivocabile: se Esacri, in liquidazione coatta amministrativa, continua a non trasferirci i fondi, «non si dovrà procedere al pagamento del Tfs maturato presso la Croce rossa dal personale ex dipendente».

    ROBERTO GAROFOLI ROBERTO GAROFOLI

     

    LA SOLITA «MANINA»

    Un estenuante e poco consono scaricabarile. Che, qualche mese fa, un' ignota manina avrebbe tentato di placare con una specie di condono. Al sussurro di: «Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdammoce o' passato». È la notte del 13 ottobre 2018. Si sta per approvare il decreto fiscale.

     

    Ma il vicepremier, Luigi Di Maio, denuncia: qualcuno, all' ultimo minuto, ha infilato due articoli nel provvedimento. Sbloccano 84 milioni di euro: destinati, guarda un po', a Esacri. All' insaputa di premier e ministri, però.

     

    E, soprattutto, contro il parere dell' Avvocatura generale dello Stato. Che, a fine luglio 2018, sondato dell' ente commissariale, aveva negato corsie preferenziali. Un giallo. A cui viene trovato il presunto colpevole: il capo di gabinetto del ministro dell' Economia, Giovanni Tria. È Roberto Garofoli: costretto a dimettersi dopo le vigorose pressioni del Movimento 5 stelle. Così, saltati gli emendamenti, svaniscono pure gli 84 milioni, destinati probabilmente a coprire il buco con l' Inps. Con i crocerossini che fanno ciao ciao alle agognate liquidazioni.

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    DOMINA L' INCERTEZZA

    E adesso? Boh. Lo scorso febbraio la Corte dei Conti ha messo nero su bianco, con l' usuale ecumenismo, l' ovvio e parziale epilogo di questo guazzabuglio: «Il percorso di riordino e privatizzazione di un ente complesso come Croce rossa italiana è stato, anche dal lato normativo, particolarmente arduo e non senza contraddizioni e ritardi». Rocca, presidente dell' associazione, sparge però soddisfazione: «Capisco che la privatizzazione abbia lasciato anche scontento e problemi aperti, ma non si può prescindere da un dato: quello che prima facevamo con 200 milioni, adesso lo facciamo con 60.

     

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    Fate il conto di quanto valgono in un decennio questi 140 milioni che abbiamo risparmiato ogni anno». A essere precisi, informa l' ultimo bilancio di previsione approvato, i milioni sganciati nel 2019 sarebbero però 76. Pubblici, ovviamente. Soldi che, nonostante l' esodo biblico dei lavoratori, potrebbero non bastare. E «portare a diverse difficoltà nell' assicurare il corretto svolgimento dei servizi di pubblico interesse».

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    I NODI AL PATTINE

    La profezia s' è purtroppo avverata. La Croce Rossa di Roma, per esempio, ha appena avviato il licenziamento collettivo di una sessantina di dipendenti: un terzo del totale. Vi ricordate i famosi 35 euro destinati a ospitare i migranti? Quei bandi si sono smagriti. Il business è sfiorito. E i professionisti dell' accoglienza, abituati a rotondi margini, tirano adesso la cinghia. Oppure battono in ritirata. «La nostra è una via obbligata, non una scelta» lamenta il direttore dell' associazione nella capitale, Pietro Giulio Mariani. «Per noi la parola licenziamento è imposta dalle regole e dalla realtà, ma continueremo a essere parte di un sistema che accoglie i più deboli». Del resto, come recita l' audace motto della Croce rossa italiana? «Ovunque, per chiunque». O quasi.

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