carlo bonini
Carlo Bonini per La Repubblica - Estratto
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Non ce ne voglia l’ex agente segreto Marco Mancini, in quiescenza dall’estate del 2021, al secolo “tortellino” (nome di battaglia guadagnato negli anni ’80 come carabiniere della sezione speciale anticrimine di Milano) e quindi “doppio Mike” (come in gergo sarebbe stato apostrofato da capo divisione del Sismi e quindi da dirigente del Dis) se, richiuso il suo ponderoso “Le regole del gioco”, ci si scopra delusi per l’occasione mancata da queste 339 pagine.
MARCO MANCINI
Al netto di una ciclopica considerazione di se stesso e del risentimento per non aver ottenuto dallo Stato ciò che riteneva di meritare (la a lungo inseguita nomina alla vicedirezione dell’Aise, la nostra agenzia di spionaggio all’estero), la ricca e immaginifica aneddotica — declinata spesso con tono da “ganassa” (direbbero a Milano) o, se si preferisce, da “sburòn” (in Romagna) — delle sue memorie brilla soprattutto per ciò che non vi si trova.
Ci saremmo aspettati, per dire, una digressione sulle attività del Sismi di Nicolò Pollari in Calabria. O qualche interessante delucidazione sulle attività di “controspionaggio offensivo” condotte dallo stesso Pollari, Mancini, Pio Pompa dall’appartamento “coperto” di via Nazionale, a Roma. E non su agenti di un’Intelligence estera o su pericolosi jihadisti, ma sul lavoro condotto su questo giornale da Giuseppe D’Avanzo e dal sottoscritto, o sulle indagini condotte dal procuratore di Milano Armando Spataro nella ricerca delle responsabilità per il sequestro di Abu Omar.
Marco Mancini pollari MARCO MANCINI - LE REGOLE DEL GIOCO
Eravamo certi di trovare finalmente una spiegazione della “regola del gioco” in base alla quale il celebrato Sismi di Pollari e Mancini, in violazione della legge istitutiva dei Servizi, avesse imbarcato come informatori giornalisti professionisti (possibile non meritasse neanche una nota a piè di pagina almeno il noto giornalista dal nome in codice “Betulla”?).
O sulle ragioni che a un certo punto indussero Nicola Calipari (direttore della divisione ricerca del Sismi e medaglia d’oro al valore, ucciso a Baghdad durante l’operazione di recupero della giornalista del “Manifesto” Giuliana Sgrena) a non fidarsi proprio di lui, Marco Mancini. E invece, niente.
marco mancini
Ci siamo dovuti accontentare di leggere i dettagli dell’amicizia speciale di Mancini con Francesco Cossiga. Della riconoscenza verso Matteo Salvini per una visita in carcere durante la detenzione per il sequestro di Abu Omar. Del sincero disprezzo per Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Gennaro Vecchione per una vicedirezione di Aise promessa e poi goffamente rimangiata.
E dell’altrettanto sincera ammirazione per la premier Giorgia Meloni e il sottosegretario Alfredo Mantovano su cui Mancini ripone la speranza che i nostri servizi tornino a splendere come quando a dargli lustro c’erano lui e Pollari. Quando cioè il Parlamento italiano decise che la misura era colma e che era arrivato il tempo di riformare i nostri Servizi e consegnare il Sismi agli archivi.
renzi e mancini incontro all autogrill di fiano romano
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E la formidabile spiegazione dell’ultimo fotogramma della sua carriera di agente segreto: l’incontro con Matteo Renzi in un autogrill di Fiano Romano mentre il governo Conte era alla disperata ricerca di far rientrare lo strappo di Renzi. Che sarebbe banalmente questa: la consegna per Natale di una scatola di “babbi”, dei wafer al cioccolato.
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giuliana sgrena e marco mancini
marco mancini