
FLASH! - IL DILEMMA DI GIORGETTI: IL CAPO DELLE PARTECIPATE DEL TESORO E SUO FEDELISSIMO, MARCELLO…
Fulvio Abbate per "il Garantista"
Giovanna Melandri, più popolarmente detta La Melandri, è una celebre artista della pop art romana, tuttavia operante sul territorio nazionale già da alcuni decenni. Lo è con ampia prova di riscontro estetico, politico e sociale, così come già lo furono, negli anni Sessanta e Settanta, gli Schifano, gli Angeli, i Festa, e perfino i loro amici dell’ondata successiva i Mambor e i Tacchi;
La Melandri, infatti, di quel movimento culturalmente assai significativo e d’assalto rappresenta la terza, se non la quarta, ondata. Per raggiungere il picco più alto della professione, le manca appena, diversamente dal già citato Schifano, un gruppo musicale intitolato Le stelle di Giovanna Melandri.
Stiamo ovviamente parlando della pop art romana, meglio, veltroniana, la stessa che, in assenza di feticci pienamente erotici, giura la propria fede su cipster e nutella, sui film della ormai scaduta Archibugi, sul consunto VHS di Italia-Germania 4 a 3, sui romanzi del medesimo Veltroni, sul depotenziamento d’ogni picco d’intelligenza legata al fantastico, al volo, all’eversione davvero immaginifica, il tutto con supporto esterno della pop art minoliana, nel senso di Giovanni Minoli, che della Melandri è cugino, e poco importa che quest’ultimo sia un piemontese giunto nell’Urbe per talento e meriti socialisti craxiani, neppure la parente può dirsi pienamente romana, essendo nata addirittura a New York, la metropoli che proprio alla pop art originaria ha dato il più grande impulso con Warhol e colleghi, insieme a un grande mercato, molto prima che nascesse il MaXXI, il museo a forma di punto interrogativo la cui destinazione d’uso esatta resta ancora un mistero estetico oltre che politico, a meno che non lo voglia ritenere, dopo quella del costruttivista Tatlin, la più evidente torre di babele mai innalzata, sempre lì a Roma, a maggior gloria e conforto del clientelismo dal volto umano della sinistra che sostiene di avere amministrato l’Urbe nel migliore dei modi, prima dell’arrivo degli unni di Alemanno.
Ma forse è il caso di cominciare da alcuni brevi cenni sui primordi dell’attività artistica della nostra protagonista. Dai giorni della costituzione del primo nucleo di ciò che un giorno sarebbe diventato il Pd, ossia Alleanza Democratica, il partito sognato dall’amico Nando Adornato.
GIOVANNA MELANDRI WALTER VELTRONI
Già, c’era anche La Melandri sul palco dell’Hotel Ergife nell’ottobre del 1992, accanto alla chitarra di Francesco De Gregori, che assai cortesemente aveva messo a disposizione il suo brano “Adelante! Adelante!”, quasi inno ufficiale della cosa adornatiana. “Passa correndo lungo la statale un autotreno carico di sale. Adelante! Adelante! C'è un uomo al volante…” E l’autotreno, sì, che presto passò, passò però per asfaltare tutto il complesso, nessuno escluso, poco male perché da lì a poco La Melandri era di nuovo al sicuro in cima al tetto del superattico verandato del Pds, garantita dal collega non meno pop Walter Veltroni, lo stesso che la vorrà poi ministro della Cultura, “… ma facce ride,” chioserebbero in questo caso su Dagospia.
GIOVANNA MELANDRI WALTER VELTRONI
I più infami, di quella sua esperienza, ne ricordano la presenza sul pullman scoperto degli Azzurri vittoriosi, ritenendola peraltro una presenza abusiva. Ingiusti, era soltanto una performance pop, così come la fede juventina di Veltroni.
GIOVANNA MELANDRI WALTER VELTRONI
Della sua prima campagna elettorale nelle liste dei cosiddetti Progressisti (ossia sempre sostenuta dall’amico Walter) gli aspiranti biografi rammentano la brochure di presentazione con testo apologetico del critico televisivo, comunque incolpevole, Beniamino Placido, quest’ultimo infatti per La Melandri stravedeva, non per nulla la contemplava con sguardo innamorato, come fosse Tadzia, come chi sogni d’essere accolto nel bosco biondo e fatato della fornicazione, in una sorta di “Morte a Venezia”, però tra Testaccio e Magliana, ecco, sì, “Morte a Portuense”.
Non meno pop è l’immagine, sebbene mossa e sfocata, che la mostrava felice, danzante e di bianco vestita a una festazza del generoso Briatore laggiù a Malindi, in grado di competere con i reportage che Schifano realizzava dal Laos.
mer30 giovanna melandri gianni minoli
Il resto è storia nota, fino al fermo-immagine della sua nomina a presidente di quel museo che ha prestigiosa sede nel quartiere Flaminio, sempre nell’Urbe. E qui, trattando di un’artista, è bene abbandonare il registro storico per affidarsi all’allegro andante così si conviene in certi casi davvero magici.
Passi, insomma, citare il caso della sua Human Foundation “che promuove un nuovo modello di economia sociale a sostegno dell'impresa e della finanza sociale in Italia” (sic) di cui dal marzo 2012 è fondatrice e Presidente, molto meglio soffermarsi, sempre artisticamente parlando, sulla percezione rional-spettacolare che il tutto suscita. E allora vai con il dripping!
MAXXI - VEAUTE - MELANDRI - TRUSSARDI
Ma sì, facciamo gocciolare sulla tela bollata tutti i colori dell’orrore democratico capitolino e ministeriale! Ma soprattutto, fino a questo momento, nonostante gli sforzi profusi da La Melandri, il MaXXI, museo a forma di segnapunti del Monòpoli dei vicini Parioli, non ha mostrato un solo gesto che potesse definirsi pienamente tale, non un omaggio, che so, a Duchamp, realizzato, metti, intasando i cessi dell'intero museo da una nutrita pattuglia di artisti nazionali e internazionali selezionati con cura: tutti lì a defecare copiosamente a maggior gloria del museo stesso e del compianto Marcel.
Nulla che abbia dato l'idea di un atto di discontinuità rispetto allo zero del presente artistico romano e italiano. Né le facce delle comprimarie de La Melandri hanno aggiunto qualcosa a questo deserto assoluto, non quelle di Monique Veaute e Beatrice Trussardi, non quella delle signore che hanno partecipato tempo addietro alle sedute di yoga sempre lì ospitate.
O degli avvocati del quartiere limitrofo di Prati, sempre in loden verde, nulla che abbia dato l'idea di trascendere la solita desolante terrazza cittadina, la stessa che nel frattempo è rimasta povera di alcune intelligenze degne di nota come l'incolpevole Beniamino Placido. Nulla che abbia dato la sensazione di trascendere la banalità già riferita a Veltroni alle sue cipster, al già citato VHS di Italia-Germania 4a3.
INSTALLAZIONE DI MAURIZIO CATTELAN IL PAPA COLPITO DAL METEORITE
C'è da sperare soltanto che a questo punto della storia La Melandri si faccia committente presso l’apprezzato Maurizio Cattelan, artista di caratura e prestigio internazionali, di un'opera che riassuma il senso dell’insieme, non una serie di litografie del discusso contratto di ingaggio della signora Melandri, semmai, come già nel caso del lavoro che mostra Wojtyla colpito da un meteorite, per il MaXXI, museo a forma di garage allagato, Cattelan dovrebbe creare la riproduzione tridimensionale dell'immagine offerta poche settimane fa dei mezzi di informazione, ossia la sagoma di un'altra figura significativa della pop art romana, il presidente del Coni Giovanni Malagò inginocchiato a baciare la mano del papa.
GIOVANNI MALAGO' BACIA LA MANO A PAPA BERGOGLIO
Dai, concludiamo con un finale sontuoso e moralistico: se davvero esistesse da qualche parte del Paese, non dico una sinistra, ma un semplice mezzo straccio di spigliato ceto artistico e intellettuale dotato di amor proprio e senso del limite, il suo unico obiettivo, di più, il suo happening principale dovrebbe contemplare le dimissioni immediate di Giovanna Melandri e dell’intero consiglio direttivo da quel museo a forma di confezione per borsa a spalla "Gucci", per incompatibilità: non si può essere l’opera esposta e insieme la responsabile del calendario delle mostre in un unico decreto.
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