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Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
Cotto e mangiato, non poteva finire altrimenti Fabio Caressa. Era nel suo Dna, per dirla alla Caressa. Dopo la Nazionale azzurra, il grande sconfitto di questo Mondiale brasiliano è proprio lui. Sognava di ripetere i fasti di Germania 2006, quando aveva aperto i rubinetti dell’enfasi: «Alza la coppa, capitano! Alzala alta al cielo, capitano, perché questa è la coppa di tutti gli italiani! Perché oggi grazie a voi abbiamo vinto tutti! Alzala alta perché oggi è più bello essere italiani!». E invece torna scornato. Travolto dalle critiche, più o meno come un Felipão Scolari.
Risuonano ancora le sue profezie durante la telecronaca di Italia-Uruguay: «Nessuno è bravo come noi con le spalle al muro. Noi non molliamo, noi siamo l’Italia, noi non siamo nati per perdere»; «Questo è il tuo momento Antonio (Cassano)». E i suoi dialoghi con i protagonisti: «E allora me lo cacci fuori! L’ha morso ancora! Ma è incredibile! Per forza che poi (Suarez) ti fanno male i denti, hai preso l’osso!».
Risuonano ancora le sue gufate durante la telecronaca di Germania-Brasile: «2-0! Porta chiusa in faccia al Brasile! Ma attenzione! Siamo al 24’. E io di partite strane che erano 2-0 e sembravano finite, ne ho viste tante, Beppe. Attenzione». Com’è andata lo sappiamo.
Vittima del narcisismo, Caressa ha pensato che i suoi commenti, le battute, gli incipit paraletterari fossero più interessanti delle partite stesse. Così ha ridotto Beppe Bergomi al ruolo di malinconica spalla: «È vero, Fabio, è vero…».
Così ha cominciato a sciorinare un repertorio di frasi fatte, ma con la prosopopea del cronista di guerra, quel trapassare dal trotto al galoppo del diaframma. Si è impegnato ad accatastare iperboli, logorroico ed estenuante, a compiacersi del suo lussureggiante proliferare sintattico dietro cui, forse, si cela solo l’invidia per la naïveté con cui la moglie Benedetta Parodi affronta i fornelli, il frigorifero e la vita.
benedetta parodi foto lapresse
Le telecronache di Sky avevano fatto fare un salto importante a questa singolare pratica retorica, ma ora capitan Caressa le ha trascinate nel protagonismo, nell’autocompiacimento, nel selfie . Cotto e mangiato, come un soufflé appena scongelato.
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