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Alessandra Mammì per Dago-art
Londra.Tracey Emin è cresciuta e ha paura. Di invecchiare, di stare da sola, del suo corpo che cambia. Ma ce la farà. Meglio di molte sue coetanee. Uno: perchè lo dice apertamente, in un video che va a loop nel gigantesco WhiteCube di Bermonsdey. Due: perchè (beata lei) può trasformare le sue paure in opere. La sublimazione guarisce, l'esternazione pure. Soprattutto se con dei neon colorati si può scrivere in faccia a tutti ciò che più ci spaventa: “The last great adventure is You” e per You s'intende yourself, te stesso e nello specifico la stessa Tracey.
Partita lancia in resta alla conquista del mondo, dagli scandali ai red carpet, dalla messa in mostra dei nomi dei suoi amanti (uomini e donne peraltro) alle sfilate con Vivienne Westwood, ora Tracey cambia strategia. Non più la bad girl né la donna che sacrifica all'arte la sua maternità. Ora si fa vedere fasciata da un grembiulone a righe mentre nel suo studio impasta la creta come una massaiail cheesecake o ammette ,con fili grigi tra i capell,i che un timore soffuso ha preso il posto della sua proverbiale arroganza sfacciata.
Ed ecco la prova. Nella grande corte su cui s'affaccia il metallico tempio del White Cube è conficcato un pilastro sottile, quasi invisibile. E sul pilastro si posa un uccellino di bronzo che fa un po' Kiki Smith a dire il vero. Invece è tutto Emin. Il nuovo corso che lavora su due registri.
Un espressionismo delle forme con cui affronta l'inevitabile modificazione del corpo in disegni, stampe, grafiche e persino tele. Ma soprattutto bronzetti e crete in cui può ficcare le dita come dice lei, sporcarsi le mani, sentire la materia che cambia sotto i polpastrelli.
E dall'altra parte una ricerca di poesia e di leggerezza che da ritrovata gentildonna inglese affida a passeretti e uccellini di bronzo o di gesso, ma anche ai gadgets: alle tenere ciotole per gatti firmate che White Cube vende nel bookstore insieme alle palle di Natale decorate in oro o i mug nobilitati dal pennello di Tracey nel nuovo corso tutto tea-time e casetta.
Perchè mai come in questa mostra, dove i bronzetti maltorniti e i disegni col tratto nero liquido e corpo dalle forme sfatte, lasciano perplessi, Tracey è più forte dell'opera. E come sempre lo sa. Lo scrive fin dall'ingresso con calligrafia sgemba e neon giallo “ The Last Great Adventure is You”. Dove You sta per Yourself. In questo caso Lei.
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