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1. CALCIO DOTTO
Giancarlo Dotto per Dagospia
Presi uno a uno, magari, siamo anche personcine a modo, bravi figli, ma come italiani facciamo proprio schifo. Eccoci qua, nella sbornia quadriennale da pathos nazionale. Per un mese, ma solo per un mese, patrioti, il cuore a mollo nella damigiana azzurra, ubriachi e fanatici, il tricolore alla finestra e smaniosi di fare casino in piazza.
Prima e dopo, il deserto. Peggio. Quasi un fastidio per tutto ciò che adesso idolatriamo. Il nostro sistema calcio è marcito nella pochezza dei dirigenti federali, nell’ottusità delle società e nella bestialità dei tifosi. Prendiamo schiaffi da tutti. Tra meno di un mese, ritroveremo tutto come prima, peggio di prima. Passata la sbornia. Siamo fatti così. Ma ora la Costarica e viva l’Italia. I due gol di Suarez ci mettono un po’ di magone addosso. Indispensabile vincere. Occhio a Campbell. Ha l’aria di uno che può farci molto male.
balotelli dopo italia inghilterra
2. SERVE UN GIORNO DA SUPER MARIO “NON VOGLIO ESSERE UNA STAR MA UN CAMPIONE DEL MONDO”
Francesco Saverio Intorcia per "La Repubblica"
Un riflesso d’oro e di bronzo luccica negli occhi di Mario Balotelli. Disegna la forma della coppa, la sua dolce ossessione. Esulterò solo in una finale mondiale, prometteva quando gli rimproveravano l’avarizia di sorrisi. E il gol agli inglesi, ora, è solo un piccolo passo sul sentiero verso Rio. «Guardo le altre partite per divertirmi, non m’interessa chi andrà in fondo. Conta che in finale ci sia l’Italia. Poi, qualunque sia l’avversaria, dovremo dare il massimo per batterla e vincere il Mondiale».
paola ferrari twitta il cristo redentore con bandiera dell italia
Ha uno sguardo da tigre, roba da film. Pronto anche a rinunciare ai suoi capricci. «Sono qui per vincere, non per essere una star», scandisce mentre s’aggiusta il capello da bad boy, la visiera sulla nuca, unico vezzo.
Non lo distrae il presente incerto al Milan («Non so niente »), non sembra neanche quello dei tweet notturni o delle ingenue bizzarrie. Forse la sua guerra col mondo è finita, o forse ha mandato in conferenza la sua controfigura matura e determinata. «Sono sereno, sto vivendo questo mio primo mondiale in tutta tranquillità, senza pressioni. Vorrei solo andare avanti il più possibile, segnare tanti gol, certo, ma quel che conta è portare l’Italia fino in fondo».
balotelli dopo italia inghilterra
S’illumina anche Prandelli, mentre lo guarda. Lo rimprovera solo quando Balotelli, rispondendo a una domanda in inglese, attacca con «Yes, we wacthed...». «Mario, che fai? Rispondi in italiano, lo sappiamo che parli inglese ma non è il caso». E’ un messaggio protezionistico al mercato: la Premier lo insegue, i tabloid lo rimpiangono, ma lui qui è ancora patrimonio dell’Italia e in italiano aggiunge che «abbiamo visto al video il Costarica, è un’ottima squadra, dobbiamo rispettarla e il modo migliore per farlo è dare il 200 per cento in campo».
Il Brasile gli ha già cambiato la vita: sulla spiaggia del Portobello, ha chiesto a Fanny di sposarlo. Adesso, può trasformare la sua carriera di calciatore. «La proposta di matrimonio gliel’avrei fatta lo stesso, anche senza il Mondiale. Però è vero, qui è scattato qualcosa in me, è normale: questa competizione è diversa, non vale un campionato, una Champions, un Pallone d’oro. Quello lo vorrei vincere, è il sogno di tutti, ma non è il mio pensiero di adesso. Il Mondiale è la competizione più grande per un calciatore e io, come i miei compagni, voglio dare tutto me stesso».
In ritiro è divenuto il totem venerato da tifosi, bimbi di scuola in delirio, autorità locali. Mercoledì, prima della partenza per Recife, il sindaco di Mangaratiba, Evandro Bertino George, ha chiesto di incontrarlo e gli ha donato l’opera d’arte di alcuni artigiani locali. Rappresenta la testa di un cavallo fiero della sua criniera, come Mario della sua cresta.
Sulle sue spalle c’è il peso di tutto l’attacco azzurro e lui, abituato a rintuzzare a muso duro i commentatori che dissertano sulla sua posizione ideale, stavolta fa spallucce e se la cava con un sorriso: «Io centravanti unico? Basta che gioco». Prandelli sostiene che la prestazione con gli inglesi sia il manifesto del nuovo Mario, quello che l’Italia voleva: «Mi basta che dia tutto, non deve gestirsi. Proprio come ha fatto al debutto”.
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