"CHIESI A DELL'UTRI SE FOSSE PREOCCUPATO PER IL PROCESSO?' MI RISPOSE: 'HO UN CERTO TIMORE E NON……
Francesco Bonami per Vanity Fair.it
Finalmente gli ultrà della Fiorentina avranno a Firenze un artista contemporaneo per cui tifare «Alé alé Viola». A Palazzo Strozzi, infatti, hanno messo in piedi una grandissima retrospettiva di Bill Viola, classe 1951, che nacque nel Queens di New York, ma che proprio a Firenze negli anni Settanta mosse i primi passi di videoartista. Lavorava per un centro di ricerca molto all’avanguardia per quel tempo chiamato Art/tapes/22: tapes come nastri, perché ancora i video si registravano sulle cassette a nastro magnetico, la preistoria della tecnologia. E che gli organizzatori della mostra puntino?a far venire al museo anche?i tifosi della curva Fiesole è?chiaro dal colore viola usato nell’intestazione del comunicato stampa: come si?dice a Firenze, «qui ’un si?butta via nulla!».
Il titolo della mostra, Rinascimento elettronico,?racconta già esplicitamente di che cosa si tratta. Il?cavallo di battaglia di questo?popolarissimo artista è, appunto, l’aver saputo mescolare i soggetti dell’arte classica con la tecnologia più avanzata – non sempre con i?migliori risultati, va detto. Una cosa, comunque, è certa:?Viola è popolare perché, oltre ad a fascinare gli archeologi?e gli storici dell’arte antica, piace anche a quelli che sono confusi dall’arte contemporanea, ma che si vergognano a dirlo. A loro offre immagini comprensibili (persino troppo comprensibili), condite con quella tecnologia che dà allo spettatore la sensazione rassicurante di essere davanti a un’opera contemporanea, non a una polverosa tela che piace solo ai vecchi bacucchi con la forfora sulle giacche.
Nel Rinascimento, gli artisti avevano il pallino della prospettiva: per essere bravi bisognava saperla disegnare, e dipingerla bene. Gli artisti di oggi, invece, sono ossessionati dalla tecnologia, che troppo spesso confondono con la fantasia. Bill Viola, per dire, usa il video come Caravaggio usava il pennello. Ma, più che un mago degli effetti speciali, rischia di essere un mago dei difetti speciali. Nel senso che le sue opere, per quanto spettacolari, sono difettose. Usano tecnologie all’avanguardia per confondere le acque, ma alla ne non dicono tanto di nuovo.
Questo non toglie che, vedendole per la prima volta, se ne resti affascinati. Succede, per esempio, davanti alla tanto semplice quanto imponente The Crossing («La traversata»), del 1996. Un’installazione con due grandi schermi: su uno c’è un uomo che brucia, sull’altro una persona travolta da una cascata d’acqua. Opera senza tempo, anche nel senso che godersela non richiede troppo tempo.
Lo stesso Viola avrebbe fatto meglio a restare fuori dal tempo. Invece, pensando forse di essere davvero un Caravaggio contemporaneo, è voluto andare indietro nel tempo a cercare i suoi soggetti nella storia dell’arte antica, e lì è caduto l’asino. Perché a confronto degli artisti a cui dice di ispirarsi, da Pontormo a Michelangelo, i suoi video rischiano di risultare debolucci e soporiferi. Nei suoi schermi ad alta definizione, i personaggi si muovono lentissimamente, per ottenere l’effetto voluto: sembrare parte di un quadro. In questo senso, con Viola si prendono due piccioni con una fava: si va al cinema e al museo di arte antica al tempo stesso. Peccato che, cinema o museo, se al posto delle idee c’è solo tecnologia (o tecnica della pittura), uno esce comunque deluso e annoiato.?Come spiegare, allora, l’innegabile successo di Bill Viola? Forse la sua arte è come i trucchi di un mago: la gente rimane a bocca aperta a guardarli senza capire come sono fatti.
In più, i suoi video sono belli come era bello Richard Gere in American Gigolo. E Viola, al pari di Gere nel film, sa conquistare lo spettatore. Ma, come per ogni gigolo, il rischio che dietro al fascino spunti la noia è grande. Del grande artista ha sicuramente lo spirito, eppu-re gliene manca la genialità, e questo lo fa zoppicare un po’. È famosissimo, non grandissimo però. È una star, una stella, ma non è un sole. Viene anzi il sospetto che sia una di quelle stelle già spente la cui luce arriva ancora sulla Terra. Viola è come un calciatore del Napoli o del Barcellona che insistesse nel voler avere sulla maglia il numero di Maradona o di Messi, e nel confronto si scaverebbe la fossa da solo.
Come nell’affresco, il Cristo giustamente non sembra volerne sapere di rimettersi in piedi. Ma se Panicale avesse visto il video di Viola, gli sarebbe venuto un attacco di panico. In altre parole: meglio l’affresco che il rinfresco.
Volendo essere più maestro della tecnologia che artista, Viola finisce troppo spesso per fare cilecca. La sua arte diventa un cocktail: due dosi di Luca Ronconi (il Teatro) e una dose di Nike (lo Spot). Entrando nella mostra, ricordate una cosa: la vita è breve. E, certa arte, troppo lunga.
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