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Alessandra Mammì per Dagospia
Dice Jason Farago, commentatore del "Guardian", che un sacco di artisti hanno fatto brutte cose nella vita. Caravaggio era un assassino; a Schiele e Balthus piacevano un po' troppo le minorenni per non parlare della folla di creativi evasori fiscali. Ma dice anche Jason Farago che non basta aver scatenato una guerra in Iraq con almeno 136 mila morti, per far parte della suddetta categoria.
Per cui la passione pittorica a cui George W.Bush si è dedicato negli ultimi tempi non ha prodotto risultati analoghi o superiori a quelli di Caravaggio che di morti sulla coscienza ne aveva uno solo.
Ciò non toglie che l'ex presidente sia pronto ad affrontare a petto scoperto il plotone dei critici d'arte che col naso storto e penna avvelenata stanno visitando dal 5 aprile la sua mostra di ritratti di celebri colleghi, nel suo "The George W. Bush Presidential Library and Museum" in Texas.
Titolo di tanta fatica "The Art of Leadership: A President's Personal Diplomacy", già ribattezzata "L'Arte di Forrest Gump". Tanto per chiarire il clima. Siamo di fronte ai ritratti dei grandi del mondo ai tempi di Bush. Sia ben chiaro: nessuno ha posato di fronte a lui, prima di tutto perché il furor pittorico è cosa recente nella biografia del nostro, secondo perché lui preferisce le fotografie.
Cosa in sé non disdicevole se fa parte di un progetto complesso alla Gerhard Richter. Ma George invece dissimula le fototessera ambientandole in metaforici contesti. Cercando con maldestro tentativo di diversificare i volti con tratti di carattere. Tipo: sguardo cattivo a Putin, capello cotonato a Koizumi. Roba degna dei negozi della Salvation Army (ancora il â'Guardian'') che fa rimpiangere gli esordi artistici del presidente, quando si dilettava a immortalare cagnolini su fondi monocromi.
O si lanciava al massimo in un autoritratto nudo in doccia con volto riflesso in uno specchietto tondo molto Hockney. Certo anche noi abbiamo avuto le mostre di Fanfani e Churchill si dilettava in pittura (dimenticabilissima) che Gombrich in un impeto patriottico paragonò perfino a Constable, ma in genere i danni dei politici non sono questi. E per quanto spennelli e si celebri nel suo museo, a George W. a differenza di Caravaggio la storia assegnerà più il ricordo dei morti in Iraq che dell'olio su tela.
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