mostra zurbaran lione san francesco

C’È UN FILO CHE LEGA SAN FRANCESCO ALLA STREET FASHION DI OGGI – LIONE DEDICA UNA  MOSTRA A FRANCISCO DE ZURBARÁN, PITTORE DEL XVII SECOLO, RIMASTO NELL’OMBRA DI UN GIGANTE COME DIEGO VELÁSQUEZ – RIELLO: “DE ZURBARÀAN È AUTORE DI TRE MAGNIFICI RITRATTI DI SAN FRANCESCO D’ASSISI, CAPOLAVORI DI MINIMALISMO PITTORICO, ASSOLUTAMENTE COERENTE CON LA SEMPLICITÀ FRANCESCANA. IL CAPPUCCIO DEL SAIO DIVENTA IL SIMBOLO APICALE DI QUESTO ‘LESS IS MORE’ SEICENTESCO. LA MOSTRA PARTE DAL '600 E PORTA IL VISITATORE FINO AI GIORNI NOSTRI, DOVE L'UMILE CAPPUCCIO FRANCESCANO DIVENTA SCELTA SOFISTICATA PER I CREATORI DI MODA, COME BALENCIAGA…

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Antonio Riello per Dagospia

 

francisco de zurbaran san francesco d assisi boston 1645

Lione, dopo Parigi e Marsiglia, è la terza città francese. Una storia molto importante alle spalle: è stata a lungo il centro manufatturiero più importante di Francia (per le stoffe e soprattutto per la seta). E, ai primi degli anni '70, è stata la culla della Nouvelle Cuisine. L'enorme Musèe del Beaux-Arts della città contiene fastose collezioni e nomi di peso: Rubens, Rembrandt, Renoir, Monet, Chagall, Matisse, Picasso (solo per citarne alcuni).

 

Attualmente il museo ha in corso una intelligente e stimolante mostra su Francisco de Zurbarán (1598-1664). Un importante pittore spagnolo, per sua sfortuna tenuto in perenne penombra da un gigante come Diego Velásquez (1599-1660). In effetti non è solo la somma e scomoda presenza del coevo Velásquez che ha tolto spazio a Zurbarán nel "salotto buono" della Storia dell'Arte spagnola.

 

Questo artista era un devoto e zelante cattolico. Nella sua carriera si era specializzato quasi esclusivamente in ritratti di santi. La sua commitenza era essenzialmente religiosa (in particolare ordini conventuali e relativi monasteri). Ascetismo, estasi, miracoli, stimmate, preghiere: questi erano i suoi temi ricorrenti che però ne hanno automaticamente relegato la pittura in una sorta di "genere devozionale". Insomma in un angolo un po' a parte.

 

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Zurbarán, nato nella scabra Estremadura (a Fuente de Cantos), aveva una passione speciale per San Francesco d'Assisi e in particolare per un particolare avvenimento legato a questo fuoriclasse della Cristianità. Nel 1449, nella Basilica di Assisi, il Papa Niccolò V (1397-1455) in visita alla cripta dove è sepolto il Santo, con grande stupore, ne trova il corpo in uno stato di miracolosa mummificazione, ritto in piedi e con gli occhi rivolti al cielo.

 

Il pittore spagnolo fa tre versioni, tutte portentose, di questo episodio agiografico: uno si trova dal 1807 a Lione (appunto nel museo), un altro a Boston (Museum of Fine Arts) e il terzo a Barcelona (al MNAC). Sono riunite in questa mostra, assieme ad altri dipinti di Zurbarán. Il suo riconosciuto capolavoro è un Cristo crocifisso del 1655.

 

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Questi tre magnifici ritratti sono dei capolavori di minimalismo pittorico: assolutamente coerente con la proverbiale semplicità francescana. La forza asciutta di queste tele, nei secoli successivi, diventa un significativo modello per tutti quegli artisti che cercano di avvicinarsi all'essenzialità.

 

Specialmente il cappuccio del saio diventa il simbolo apicale di questo "less is more" seicentesco.  Un economico copricapo integrato con evidenti scopi pratici ma che anche emana sacrale umiltà. Il cappuccio cela il volto e lo sguardo: un gesto chiaro di sottomissione. Ma, a ben guardare, è anche un modo efficace per evitare di essere notati.

 

La mostra parte dal '600 e porta il visitatore fino ai giorni nostri dove l'umile cappuccio francescano diventa scelta sofisticata per i creatori di moda (Balenciaga in primis e poi Madame Grés) e segno distintivo della cosiddetta "street fashion". Il cappuccio in pratica rende invisibili: le onnipresenti telecamere di sorveglianza con difficoltà riescono a catturare/riconoscere il volto semi-coperto di chi lo indossa. E' una diffusa strategia - al momento legale - di mascheramento. Quasi un pratica uniforme tattica per la gioventù delle periferie urbane. Guerrieri metropolitani mimetizzati.

 

djamel tatah senza titolo

E gli artisti di oggi lo sanno bene (non solo i rapper). Owen Kydd ha in mostra un'opera (un video) del 2015. Xavier Veilhan esibisce il suo autoritratto incappucciato (2006). Karel Funk un opera-copricapo del 2016. Djamel Tatah un dipinto, "Sans Titre" (2012) dove appare un giovane bardato di cappuccio.

 

L'attualità di Zurbarán per il nostro modo di vestire non passa comunque solo attraverso la cuffia appuntita di foggia francescana. La nota più decisiva è forse il rifiuto di ogni ornamento e la scelta ostinatamente monocromatica: l'ostentata sobrietà. Gli uomini di potere di mezzo Mondo sembrano essere dei suoi (inconsci) ammiratori. Il pio Zurbarán avuto la sua - postuma - vendetta sull'ingombrante rivale. A parte il compianto Gheddafi, quale uomo politico/autocrate di oggi si sognerebbe mai di andare in giro vestito come i vistosi e appariscenti personaggi di Velásquez?

 

ZURBARÀN

poitevin senza titolo

Réinventer un chef-d'oevre

Musée des Beaux-Arts de Lyon

20 place des Tereaux,  69001 Lyon

fino al 2 Marzo 2025

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