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CALCIO DOTTO - NON ABBIAMO PIÙ L’ALLENATORE E NON ABBIAMO NEMMENO UNA NAZIONALE. QUESTO CONFESSANO LE DUE AMICHEVOLI. MEGLIO CON LA SPAGNA A UDINE, UNA COPIA MESTISSIMA DI QUELLA ROSSA E FURIA, MA LA GERMANIA CI HA FATTI A FETTE - NON DA SENTIRSI IN UNA BOTTE DI FERRO A POCO PIÙ DI DUE MESI DAGLI EUROPEI DI FRANCIA

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Giancarlo Dotto per Dagospia

 

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Non aprite quel garage! Non abbiamo più l’allenatore e non abbiamo nemmeno una Nazionale. Questo confessano le due amichevoli. Meglio con la Spagna a Udine, una copia mestissima di quella rossa e furia, ma la Germania ci ha fatti a fette almeno per un tempo, quanto bastava, e poi finiti nel secondo con un contropiede molto rock e fluido, per cercare di tamponare il quale si rompeva di brutto Bonucci, e un rigore.

 

Fuori il principesco Bonucci e dentro Ranocchia, questa è l’antifona. Non da sentirsi in una botte di ferro a poco più di due mesi dagli Europei di Francia. Vero, i crucchi immacolati di Joachim Loewe giocavano nel loro tempio, in Baviera, forti della figuraccia con gli inglesi e, dunque, impossibilitati a perderne due di seguito, ma questa Italiuzza moscia, soprattutto nel mezzo campo dove Montolivo e Thiago Motta insieme non facevano mezzo Kroos, sembra una squadra che proprio non ce la fa a nascere.

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Il gol tutto romanista di El Sharaawy, deviazione di Rudiger, non aggiunge e non toglie. Non ci battevano da ventuno anni e non esultano nemmeno tanto, quasi niente, maledetti e magnifici uber alles.

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Azzurro a parte, sapete cosa ci annichilisce? Che tutto accada inesorabile. Il più fesso di noi sapeva che a Tonino Conte sarebbe mancato il campo già dal giorno in cui ha firmava da ct azzurro. L’altro giorno, lo sapete cosa ha detto Conte: “La verità è che mi manca troppo il campo”. E’ questo che ci fa male. Questa recita da parrocchia. Che umilia la Nazionale più di quanto non facciano già club e federali.

 

Di fatto, quello per l’azzurro è solo un amore simulato. I federali non hanno coraggio e arguzia. Intempestiva, a dir poco, demenziale a dir giusto, la notizia dell’addio di Conte. Se avessero arguzia e attributi, ma non li hanno, la “gaffe” si salva in un solo modo: salutare il tecnico del Chelsea e investire subito, ora, il nuovo ct. Anche Di Biagio, per dire. Tanto per dare l’idea, ai giocatori soprattutto, di non essere un corpo mozzo. 

 

Ci si consola con il Trap, come sempre leggendario. E innovatore. Ha reinventato il ruolo. Più che un commentatore, sembra un’interferenza. Invece che la noia a palanche dei soliti saputoni, lui, dalle rauche cantine del suo iperspazio, fa filtrare esclamazioni quasi sempre bisillabe, da qualcosa che sta tra una panca e un’osteria brianzola “bravo!”, “fallo!”, “…tento!” “non dormire”, “sali!” “apri!” “male!”.

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Il sublime lo tocca quando, dopo una zuccata violenta, fa: “Meno male che non ci sono feriti”, mentre la testa di Thiago Motta zampillava sangue come le fontane di Marino. O, come quando Buffon quasi svelle una gamba al tedesco e lui, patriota a oltranza: “secondo me Buffon ha toccato la palla”, per meritare la standing ovation alla fine: “E ora dobbiamo guardare il bicchiere mezzo pieno…”, precipitando nell’imbarazzo il giovane telecronista. Grande Trap. L’unico, in tutta la “Allianz Arena”, a vedere un bicchiere mezzo pieno.

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