DAGOREPORT - BENVENUTI AL GRANDE RITORNO DELLA SINISTRA DI TAFAZZI! NON CI VOLEVA L’ACUME DI…
“Ci mancava solo una trasfusione di sangue”. Dice Careca che lui e Maradona erano “fratelli”. Nati a distanza di 25 giorni, con un addio in sospeso: “Non sono ancora stato a Buenos Aires dopo la morte di Diego”.
Erano assieme a Parigi, alla cerimonia di premiazione della Fifa per i Mondiali dall’Argentina, anno 1986. Diego il migliore e Careca Scarpa d’Argento. “Mi chiese quasi sottovoce se mi sarebbe piaciuto giocare in Italia, nel Napoli... Io non sapevo nemmeno cosa dirgli…”. Poi disse sì, al Napoli, e cominciò una storia che tutti conosciamo: due terzi di Ma.Gi.Ca. Careca la racconta in una lunghissima intervista a La Nacion.
“Quando stavo per decidere il mio futuro arrivò la proposta del Napoli e l’ho accettata per Diego. Era un sogno. Ho rifiutato il Real Madrid per stare con lui. Era un fenomeno, un genio, e per giocare con lui bisognava avere qualità tecnica e intelligenza, per capire le sue giocate e cercare di accompagnarlo. Diego pensava a tutto prima di tutti, ed eseguiva sempre le sue mosse con velocità. Per Diego, tutto in campo era molto facile, molto semplice. Per gli altri era più difficile”.
“Aveva un cuore enorme, era speciale. Con l’onestà e la trasparenza di amare gli altri. Era un leader molto preoccupato per gli altri, tutti gli altri. Ha combattuto per quello che non giocava, per quello che andava in banca, per l’uomo di scena e per il massaggiatore. Aspettando che tutti riscuotessero lo stipendio… era speciale. È stato un peccato il modo in cui abbiamo perso Diego”.
Careca affronta anche i paragoni. Li dribbla più che altro:
“Ho vissuto quattro anni con Diego, giocando e allenandomi al suo fianco, andando a casa sua, lui veniva a casa mia… Era spettacolare in campo e, inoltre, un leader molto rispettato da tutti. Messi è molto bravo, un grande attaccante, ha una qualità impressionante. Ma per me Diego è un gradino sopra di lui. E non solo perché, secondo me, era più figo di Messi, ma anche perché giocava con più anima, era più vivace, combatteva di più, non si arrendeva mai prima della fine della partita”.
“Dopo il Napoli sono andato un paio d’anni a giocare in Giappone, al Kashiwa Reysol. Diego ed io avevamo un piano nel ’96: avrebbe giocato qualche mese con me al Santos. Forse mezza stagione, e poi saremmo andati insieme al Boca e ci siamo ritirati lì“.
Ora Careca vive a Campinas, a 90 chilometri da San Paolo, e ha diverse attività, alcune nel settore immobiliare, ed è anche proprietario di un complesso sportivo chiamato Careca Sports Center. Maradona c’è andato spesso. Ogni tanto fa anche il commentatore ma dice che in fondo il calcio di oggi lo annoia: “Ci sono troppe partite brutte per mantenere l’attenzione per 90 minuti”.
Parla ancora di Napoli:
“La quotidianità di quella città era pazzesca. Cercare di uscire a fare una passeggiata era un’avventura. I tifosi facevano la guardia alla porta di casa di Diego, era come un prigioniero. Io lo facevo uscire travestito anche con barbe finte o nascosto nel bagagliaio dell’auto. Sì, saliva nella mia macchina, uscivamo, guidavamo per diversi isolati e poi scendeva e andava su un’altra macchina”.
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