DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER…
Stefano Boldrini per “il Messaggero”
Fa un certo effetto sentire Marco Rossi, dal 2018 ct di quell'Ungheria che sabato ha superato l'Inghilterra per la prima volta dopo 60 anni, raccontare nel 2012 stavo per mollare, le offerte di lavoro non arrivavano e io dovevo pensare al sostegno della famiglia, ma è tutto vero. Rossi, cresciuto nel settore giovanile del Torino, ex difensore di Campania, Catanzaro, Brescia, Sampdoria, América, Eintracht, Piacenza, Ospitaletto e Salò, può ora sorridere alla vita.
Perché stava per mollare?
«Dopo l'esonero alla Cavese non arrivarono più proposte serie. Mi ritrovai di fronte a un bivio: aspettare ancora, oppure cambiare mestiere».
E quindi pensò di affiancare nell'attività suo fratello, titolare di uno studio commercialista?
«Esatto, ma un viaggio a Budapest mi riportò al calcio. Mi proposero l'Honved. Dopo il campionato vinto nel 2017, una stagione in Slovacchia con il DAC Streda e nel 2018 il ritorno in Ungheria, per guidare la nazionale».
Il calcio magiaro, dal 1986 mai presente ai mondiali, ha vissuto decenni difficili: la partecipazione all'euro 2020 e il successo contro l'Inghilterra indicano la risalita.
«Siamo passati dalla serie C alla A della Nations League. L'europeo della scorsa estate è stato condotto in modo dignitoso. C'è fermento. E ci sono accademie che stanno lavorando bene: mi riferisco a quelle di Honved, Puskas, Debrecen, Haladas».
Come va con l'ungherese?
«E' una sfida durissima. La lingua viene classificata tra le più difficili al mondo. L'alfabeto ha quarantaquattro lettere. La fonetica è complessa. Ho iniziato a studiarlo, poi gli impegni con il calcio hanno preso il sopravvento. Mi arrangio nella comprensione, ma parlarlo è faticoso».
Gli insulti razzisti ai giocatori dell'Inghilterra, nella partita del 2 settembre 2021, sono costati due gare a porte chiuse, ma sfruttando l'articolo 73 Uefa, contro la stessa Inghilterra al Puskas Arena ci sono stati trentaseimila Under 14 nelle tribune, più tremila accompagnatori. Quando la nazionale di Southgate si è inginocchiata prima del calcio d'inizio ci sono stati i booooo: il razzismo è un problema serio in Ungheria?
«Dalla panchina non ho avuto la percezione di questo dissenso. La federazione di Budapest si sta impegnando in modo serio per combattere l'intolleranza. Aggiungo che non si può leggere la storia a senso unico: a Wembley l'inno nazionale ungherese fu fischiato in modo pesante. Il governo ha proibito i matrimoni tra persone dello stesso sesso, ma ho visto molte coppie omosessuali circolare in strada senza problemi».
Non le crea imbarazzo essere associato al governo di Viktor Orban, uno dei politici più intolleranti e discussi d'Europa?
«In un mondo di esperti, capaci di spaziare dai virus alle guerre, io non parlo mai di argomenti che non riguardino il calcio. Non commento la politica italiana, figurarsi quella ungherese».
Contro l'Inghilterra abbiamo visto un'Ungheria dal palleggio facile, agile in attacco e attenta in difesa: i criteri del suo calcio?
«L'equilibrio è l'elemento portante, poi il posizionamento, la compattezza, la corsa».
I punti di riferimento?
«Gasperini. E mi piacerebbe conoscere meglio i metodi di Klopp».
Rossi e Mancini compagni di Sampdoria dal 1993 al 1995: ricordi?
Viktor Orban, primo ministro Ungheria
«Roberto era capitano e monumento di quella Samp. Mi accolse benissimo e quando decisi di andare a giocare in Messico, provò a convincermi a restare».
L'Italia è un cantiere.
«L'Italia resta una potenza del calcio mondiale. Non siamo i migliori, ma siamo sempre tra i grandi di questo sport».
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