
DAGOREPORT - COME È RIUSCITO IL FUNERALE DI UN SOVRANO CATTOLICO A CATTURARE DEVOTI E ATEI, LAICI E…
Gigi Garanzini per “la Stampa”
La stellare mezzora d’avvio di uno squadrone come il Bayern. L’incredibile mezzora conclusiva del portiere dell’Olympiacos. Tutto questo e molto altro ancora, ma alla fine di questa due giorni la Roma è stata polverizzata da una squadra di categoria superiore, e la Juve battuta di stretta misura ma da un avversario, rispettabile certo, di categoria oggettivamente inferiore. È questo il verdetto europeo per le due squadre regine del nostro campionato: che ci costringe una volta di più a domandarci, ma la domanda ormai è retorica, quale sia il livello del calcio di casa nostra.
Certo, è un gran brutto affare quando sono i leader a mancare all’appello. Quando anziché prendere per mano la squadra come ci si aspetta da loro, le trasmettono invece precarietà e insicurezza. Era partito davvero male Pirlo, con un paio di esitazioni inquietanti, una serie di giocate non all’altezza. Come Buffon d’altra parte, che aveva regalato ai greci due comodi rinvii, come Tevez che prima aveva fallito un comodo tap-in e subito dopo si era fatto beccare in gratuito fuorigioco a due passi dalla porta.
Ma poi Buffon aveva spolverato dall’incrocio un pallone velenoso, Tevez aveva preso a innescare Morata negli spazi, Vidal soprattutto aveva cominciato a mordere, chiamando al pressing compagni – di reparto e non – davvero troppo titubanti.
E di colpo l’Olympiacos, dopo un avvio con le maiuscole, si era visto costretto a darsi una calmata perché quella nell’altra metà del campo poco alla volta cominciava a rassomigliare alla Juventus. Il guaio è che l’unico a non ritrovarsi è stato proprio Pirlo. Che dopo i peccati veniali in avvio ne ha commesso uno davvero mortale a questi livelli. Un pallone regalato a metà campo su cui i greci hanno costruito un contropiede da applausi, cesellato da Kasami con un morbido sinistro in controtempo.
Non solo. Se un errore di quella gravità lo commette uno qualunque, finisce sotto la doccia. Un totem invece ha diritto a un trattamento di riguardo, nella fattispecie altri venti minuti abbondanti non meno penosi dei precedenti. Chissà se Conte l’avrebbe fatto accomodare al volo. Allegri non se l’è sentita, forse anche per via dei trascorsi milanisti.
Fatto sta che con l’ingresso di Marchisio la squadra ha mutato pelle troppo tardi. E non è bastato il gran finale di Morata, che da qui in avanti di occasioni ne avrà certamente di più: e non sempre troverà sulla sua strada un portiere-fenomeno come Roberto.
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