DAGOREPORT - BENVENUTI AL GRANDE RITORNO DELLA SINISTRA DI TAFAZZI! NON CI VOLEVA L’ACUME DI…
Paolo Tomaselli per il “Corriere della Sera”
MOURINHO ALLEGRI SPALLETTI SARRI INZAGHI
Non sarà l'età della Restaurazione, perché nessuno è riuscito a completare davvero la Rivoluzione che sognava. Però è sicuramente il campionato dei Restauratori, intesi come artigiani, riparatori di imperfezioni legate all'usura del tempo e anche a qualche errore di costruzione che un anno e mezzo di pandemia ha accentuato: anche per il contesto economico sempre più delicato in cui nasce la serie A, il peso sulle spalle dei vecchi (e giovani) professori della panchina è ancora maggiore.
LA PRESENTAZIONE DI MASSIMILIANO ALLEGRI ALLA JUVE
Soprattutto se il restauro è affidato a mani esperte e vincenti, come quelle di Massimiliano Allegri e José Mourinho, che si ritrovano in tasca la chiave della stanza dei trofei e sono tornati per vedere se la serratura è sempre quella giusta: lo juventino potrebbe faticare meno, perché la casa è la stessa dalla quale era stato allontanato dopo cinque anni di successi; il romanista invece ritrova l'Italia con una squadra giovane e talentuosa, tutta da scoprire.
Max è stato fermo due stagioni, mentre lo Special One ha lasciato la serie A nel 2010, da trionfatore del Triplete interista: se c'era un po' di ruggine, il precampionato è servito a toglierla. E la partenza deve essere all'altezza delle aspettative, molto elevate. Perché in fondo quasi tutti i Restauratori devono dare una sistemata anche alla propria immagine, assieme a quella della propria squadra. Locatelli alla fine è arrivato nel cuore della Juve, quello che Allegri deve ridisegnare senza sbavature o crepe, per dare equilibrio, verticalità e imprevedibilità a una squadra che se ritrova il Dybala dei giorni belli, avrà una marcia in più.
Mou ritrova Zaniolo, ha perso Dzeko e l'ha sostituito con l'inglese Abraham del Chelsea: per la ricerca rapida della profondità, fondamentale per il gioco del portoghese, potrebbe essere un grande colpo, anche in coppia con Shomurodov. E Rui Patricio è ancora un portiere di livello internazionale. Sono mani sapienti, solide e nodose anche quelle di Maurizio Sarri e Luciano Spalletti, capaci di piantare radici profonde sui loro campi, non solo quelli della Toscana: riuscirci con la Lazio, così diversa come punto di partenza per il sarrismo e con il Napoli ferito dalla Champions perduta all'ultimo minuto, non sarà una missione né semplice, né banale.
LUCIANO SPALLETTI E AURELIO DE LAURENTIIS
Anche in questo caso c'è una pausa forzata di cui tenere conto. Spalletti manca da due anni, dopo aver messo le fondamenta della rinascita interista; Sarri è rimasto fermo un giro, amareggiato dal divorzio con la Juventus nonostante lo scudetto vinto: la voglia e la necessità di tornare a volare subito alto, si mischiano alla consapevolezza che la carta d'identità non fa sconti e che questa è un'occasione da non sbagliare.
La pandemia però ha ristretto i margini di manovra sul mercato e casi da gestire come quello di Correa da una parte (in caso di partenza dell'argentino è arrivato Pedro) e di Insigne dall'altra, richiedono il miglior tocco del restauratore: serve un impatto forte sulla squadra e sull'ambiente per non partire in riserva. Nel circolo dei Restauratori ci sono anche mani più giovani, ovviamente. Magre, nervose, sempre in movimento, a tagliare l'aria per disegnare soluzioni nuove o per indicare la strada ai propri giocatori.
Simone Inzaghi sale al piano successivo della sua carriera, ma scopre che l'argenteria è un po' diversa da quella che pensava di trovare sul tavolo della squadra campione d'Italia: l'importante è lucidarla bene e togliere le possibili incrostazioni lasciate dall'addio di Conte - la grande differenza di questo campionato - e dalle partenze di Hakimi e Lukaku, oltre che dai problemi di Eriksen.
Dzeko, Calhanoglu e Dumfries sono soluzioni che garantiscono continuità tecnica e danno già la giusta serenità, in attesa magari di un altro colpo in attacco.
Il resto toccherà alla mano di Inzaghi junior: se l'Inter, nonostante lo scudetto sul petto, è tornata a interpretare il ruolo di outsider rispetto alla Juve di Allegri VI, grande principe della Restaurazione, può anche essere un vantaggio da sfruttare. E se bisogna farsi il callo, per riuscire nell'impresa di rivincere lo scudetto, pazienza. Quello in fondo ce l'hanno tutti i Restauratori che si rispettino.
Figurarsi Ivan Juric e Vincenzo Italiano, due che sono partiti dalla C e dalla D e sono chiamati a riportare in alto due piazze gloriose come Torino e Firenze: la via per farlo è diversa dal punto di vista della tattica, ma la fame, la passionalità e la capacità di rubare il cuore ai propri giocatori sono molto simili.
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