DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Paolo Ziliani per il “Fatto quotidiano”
Se è vero che ci sono eventi e successi di cui, per il modo in cui si sono svolti e sono maturati, è forse meglio non parlare (si pensi alla Coppa dei Campioni vinta dalla Juventus all’Heysel), lo scudetto che la Juventus si è cucita ieri al petto – col Napoli fermato dal Torino e ormai a meno 6 –rientra a pieno titolo tra i trionfi su cui sarebbe bene stendere un velo pietoso.
Anche se il discorso andrebbe allargato: perché più che lo scudetto (il 7° consecutivo, per la cronaca), quel che andrebbe dimenticato è l’intero campionato 2017-2018: il torneo che nelle intenzioni avrebbe dovuto segnare l’inizio della Nuova Era del pallone italico grazie all’introduzione del Var, lo strumento che avrebbe dovuto mettere fine a un secolo di proteste e lamentele per gli errori arbitrali che in Italia non sembravano mai avere il timbro della genuinità (come la bufera di Calciopoli aveva dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio con il suo carico di processi penali e sportivi, radiazioni di dirigenti, designatori e arbitri, condanne definitive per associazione a delinquere e frode sportiva).
IL FALLO DI PJANIC IN INTER JUVENTUS
E diciamolo: chi ama il calcio era rimasto incantato quando il 19 agosto 2017, giorno d’esordio del Var in serie A, per la prima volta nella storia del calcio un arbitro aveva cambiato opinione, dopo aver consultato il Var a bordo campo, e aveva concesso un rigore di cui non si era accorto; la partita era Juventus-Cagliari, l’arbitro era Maresca e il rigore era stato fischiato a favore del Cagliari perché Alex Sandro, della Juventus, aveva atterrato in area Cop, del Cagliari.
GLI ERRORI ARBITRALI PRO JUVENTUS NELLA PARTITA CONTRO IL BOLOGNA
Le immagini parlavano da sole, tutti potevano vedere che le cose erano andate proprio così: e la partita poteva procedere quindi nel solco della regolarità e della maggiore giustizia grazie alla nuova, attesissima, benedettissima cartina di tornasole. Fiocco azzurro in serie A: è nato il Var!, dissero e scrissero tutti. Invece no.
Invece si capì subito che il marmocchio nella culla ad alcuni non piaceva: una minoranza, certo, ma molto illustre se è vero che a tramare e a tessere la fronda si misero da una parte gli arbitri –che si sentivano spossessati della loro autorità decisionale – e dall’altra i dirigenti, l’allenatore e i giocatori della Juventus a cui l’utilizzo del nuovo strumento era risultato subito indigesto.
Il presidente Agnelli tuonò che la Figc aveva commesso un errore definendo il Var un “esperimento affrettato”; l’allenatore Allegri disse che la poesia del calcio era andata persa; il capitano Buffon piagnucolò che il calcio si era ridotto come la pallanuoto; il dirigente Paratici venne squalificato “per insulti al Var”(sic); e la cassa di risonanza delle pay-tv, con gli schieratissimi Mauro e Vialli su Sky e Tacchinardi e Ferrara su Premium, fece il resto, con la sostanziale benedizione dei tre quotidiani sportivi, Gazzetta, Tuttosport e Corriere dello Sport.
Così, senza che nessuno se ne accorgesse, all’età di due mesi il neonato Var venne ucciso nella culla (salvo piangere lacrime di coccodrillo e perorarne l’utilizzo in Champions dopo l’eliminazione della Juve al Bernabeu, attribuita da Agnelli a risibili errori arbitrali); solo che per farlo fu necessario eliminare anche il fratellino: e cioè il Regolamento. Che smise da allora di esistere, naturalmente solo per la Juventus. Correva la stagione 2017-2018. Il calcio italiano moriva un’altra volta e un’altra volta nessuno diceva niente.
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