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Giulia Ronchi per Artribune.com
Muore a all’età di 80 anni Germano Celant, nato a Genova nel 1940. Era da circa mese ricoverato a Milano e non ce l’ha fatta nella sua lotta contro le complicazioni dovute al Coronavirus, anche se qualche settimana fa si erano visti spiragli di un miglioramento. Aveva manifestato i primi sintomi di ritorno in Europa dagli Stati Uniti, dove era stato per l’Armory Show. A un tratto pareva “guarito” dal virus e un po’ migliorato, ma era stato trattenuto in ospedale per le complicazioni consequenziali anche dovute al diabete. Scompare con lui una pagina imprescindibile della storia dell’arte italiana. Il critico d’arte genovese è noto come fondatore di Arte Povera, movimento artistico basato sulla riappropriazione del rapporto Uomo-Natura, sull’immanenza, sull’importanza del gesto artistico, in opposizione a un’arte patinata e consumista che stava prendendo piede alla fine degli anni ’60, quando si affermò.
Gli artisti che vi presero parte sono tutt’oggi gli italiani tra i più conosciuti e presenti sul mercato internazionale. È autore di oltre cinquanta pubblicazioni, tra cataloghi, approfondimenti sul lavoro di singoli artisti o scritti teorici come Conceptual Art, Arte Povera, Land Art del 1970.
L’impegno di Germano Celant di presentare al mondo l’arte italiana si era manifestato attraverso il suo incarico come curatore al Guggenheim di New York e numerose mostre nei musei esteri. È stato direttore della prima Biennale di Firenze Arte e Moda e della Biennale di Venezia nel 1997. Tra i critici italiani più conosciuti, la sua carriera dal 2015 aveva raggiunto l’apice con la direzione artistica di Fondazione Prada.
GERMANO CELANT: LA NASCITA DI ARTE POVERA
Germano Celant è nato a Genova nel 1940 da una famiglia di origini modeste. Laureatosi in Lettere (contro la volontà del padre, che l’avrebbe voluto ingegnere), alla fine degli anni Sessanta ha dato vita al movimento di Arte povera, coniandone la definizione e raccogliendo a sé un gruppo di artisti italiani del calibro di Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Pino Pascali ed Emilio Prini, esposti nella prima mostra alla Galleria La Bertesca di Genova.
“Là un’arte complessa, qui un’arte povera, impegnata con la contingenza, con l’evento, con l’astorico, col presente, con la concezione antropologica, con l’uomo ‘reale’ (Marx), la speranza, diventata sicurezza, di gettare alle ortiche ogni discorso visualmente unico e coerente (la coerenza è un dogma che bisogna infrangere!), l’univocità appartiene all’individuo e non alla ‘sua’ immagine e ai suoi prodotti”, ha scritto Germano Celant in Appunti per una guerriglia, testo teorico fondamentale stilato nel 1967. “Un nuovo atteggiamento per ripossedere un ‘reale’ dominio del nostro esserci, che conduce l’artista a continui spostamenti dal suo luogo deputato, dal cliché che la società gli ha stampato sul polso. L’artista da sfruttato diventa guerrigliero, vuole scegliere il luogo del combattimento, possedere i vantaggi della mobilità, sorprendere e colpire, non l’opposto”.
GERMANO CELANT: L’ATTITUDINE DI ARTE POVERA
Il movimento da lui fondato si basa su una riappropriazione del rapporto Uomo-Natura non in senso ascetico, bensì in contrapposizione con la imperante cultura dei consumi. La mercificazione dell’artista e della sua opera fu una minaccia contro la quale Arte povera si scagliò, utilizzando materiali poveri appunto, ossia organici, deperibili, privi di valore intrinseco. Alla galleria Bertesca di Genova presentò anche un’altra mostra: Im-Spazio, con i lavori di Umberto Bignardi, Mario Ceroli, Paolo Icaro, Renato Mambor, Eliseo Mattiacci e Cesare Tacchi.
“Non invento niente”, diceva, intervistato da Antonio Gnoli per Repubblica, “’Arte Povera’ è un’espressione così ampia da non significare nulla. Non definisce un linguaggio pittorico, ma un’attitudine. La possibilità di usare tutto quello che hai in natura e nel mondo animale. Non c’è una definizione iconografica dell’Arte Povera”. Arte povera resta tutt’oggi tra i movimenti artistici italiani più conosciuti in ambito internazionale dal secondo dopoguerra.
GERMANO CELANT: LA CARRIERA FUORI DALL’ITALIA
Dopo la realizzazione nel 1977 a Bari della mostra Off media, viene chiamato a collaborare con il Museo Salomon R. Guggenheim Museum di New York, dov’è senior curator of Twentieth-Century Art. Durante gli anni Ottanta cura mostre nei musei più importanti: al Centre Pompidou di Parigi (1981), alla Royal Academy of Arts di Londra (1989) e a Palazzo Grassi a Venezia (1986 e 1989).
In questa fase, la sua attività è tesa a creare un ponte tra l’arte italiana e l’ambiente statunitense e internazionale: proprio per questo, ancora al Guggenheim di New York cura nel 1994 la mostra Italian Metamorphosis 1943-1968. Nel 1996 realizza la prima Biennale di Firenze Arte e Moda, sviluppando la sua concezione dell’arte come intreccio linguistico connesso all’ambiente, di arte in continua evoluzione, strettamente connessa con la cultura contemporanea intesa come espressione dinamica di una creatività globale.
GERMANO CELANT DIRETTORE DELLA BIENNALE DI VENEZIA
Celant è stato anche direttore artistico, nel 1997, della 47esima Biennale d’Arte di Venezia. L’esposizione da lui curata, Futuro, Presente, Passato, si sviluppa alle Corderie, con la partecipazione di 67 artisti internazionali, tra i più in vista. “La scelta degli artisti dipende dal metro che si decide di usare. Nella mostra internazionale ho cercato di rappresentare tutte le stratificazioni dell’arte contemporanea, a partire dalla pop art e dalla minimal art”, spiega Celant ancora a Repubblica in un articolo del ‘97. “Insomma, da metà degli anni Sessanta in avanti.
germano celant stringe la mano ad antonio bassolino (di spalle)
Prima cosa il taglio storico dunque, ma ho dovuto metterlo insieme con il presente: lavorando con la contemporaneità avevo bisogno di incontrare artisti viventi. Con questi due parametri ho cominciato una lettura per strati arrivando al concettuale, all’ arte povera… A guardare, c’è una campionatura molto forte dei vari movimenti: Lichtenstein per il pop, Jim Dine per una certa radicalità figurativa, Oldenburg per il contributo alla sensualità dell’oggetto, erano fondamentali. E poi Agnes Martin, Brice Marden sul senso della pittura, Heizer… Ho cercato un’esemplificazione dei vari movimenti, in modo che ci fosse un attraversamento sia in senso verticale sia in senso orizzontale, perché ognuno degli artisti ha contribuito con dei lavori nuovi”.
GERMANO CELANT: LA DIREZIONE DI FONDAZIONE PRADA E L’ULTIMO PERIODO
silence! the opening germano celant ph alex amoros
Collaboratore di note riviste fra le quali L’Espresso con la rubrica Arte, Celant, dopo aver realizzato a Genova nel 2004 la grande mostra Arti & Architettura, diventa curatore della Fondazione Vedova a Venezia e direttore artistico di Fondazione Prada a Milano. Una carica prestigiosa, che lo porta a organizzare mostre con personaggi importantissimi dell’arte, ma anche del cinema, dell’architettura e del mondo accademico. Nel 2013, riceve il The Agnes Gund Curatorial Award, accanto a Miuccia Prada che ottiene il The Leo Award, due premi promossi dall’Independent Curators International (ICI) di New York. I riconoscimenti giungono “per i loro contributi al mondo dell’arte contemporanea, per l’attività a livello internazionale della Fondazione Prada e per la mostra When Attitudes Become Form: Bern 1969/Venice 2013”, svoltasi nella sede veneziana di Fondazione Prada Ca’ Corner della Regina, in dialogo con Thomas Demand e Rem Koolhaas. In occasione di Expo 2015 ha curato la mostra Art & Food alla Triennale di Milano, organizzando un lunghissimo percorso focalizzato sulla commistione tra arte e cibo, dal 1851 (anno della prima Esposizione Universale, tenutasi a Londra) fino ai nostri giorni, con allestimenti progettati dall’architetto Italo Rota.
paris murray, germano celant mario bellini elena marco GERMANO CELANTgermano celant artorsound 15germano celant, paris murray 822348b82ajan fabre maxxi roma stigmata celant x Germano Celant Heiner e Celine Bastian ABU SVIGNETTA CELANT
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