DAGOREPORT - L’ASSOLUZIONE NEL PROCESSO “OPEN ARMS” HA TOLTO A SALVINI LA POSSIBILITA’ DI FARE IL…
Tommaso Pellizzari per corriere.it
È comprensibile che, delle frasi dette da Frank de Boer a una tv olandese sulla sua esperienza all’Inter, quelle che abbiano fatto più discutere parlino del «blocco di 7-8 giocatori» che «facevano ciò che volevano» mettendo ai margini chi non la pensava come loro. È comprensibile, ma è anche un peccato.
Perché (così) ai più sono sfuggiti i concetti ben più importanti espressi dal tecnico olandese sulla sua breve e sfortunata esperienza all’Inter: «Quando ho provato a fare un gioco posizionale, poi... Non avevo mai visto niente del genere. I giocatori delle giovanili dell’Ajax lo facevano meglio. Non mi aspettavo che venisse fuori una roba così», ha spiegato de Boer. I giocatori dell’Inter «non vedevano l’utilità degli esercizi ma io dicevo loro che quello era una parte essenziale per iniziare a capire come volevamo giocare. Loro hanno lasciato stare molto presto».
Guarda caso, l’attuale allenatore dell’Inter, Luciano Spalletti spiegò il pareggio col Bologna, alla quinta giornata, con una frase molto significativa: «È che mancano le conoscenze». Quello, per il tecnico toscano, era il problema di una squadra che aveva pareggiato in extremis una partita che avrebbe meritato di perdere.
Ecco perché le parole pronunciate da de Boer sono così importanti: perché fanno capire qual è il problema dell’Inter. Spalletti ha infatti subito intuito che ai suoi giocatori mancavano molte delle conoscenze necessarie per salire di livello (nel gioco e quindi, nell’idea del tecnico toscano, anche in classifica). Tra diverse difficoltà, nelle prime 15 giornate «Lucio» è anche riuscito a trasmettere più di una nozione. Poi, il periodo nero di 10 partite con una sola vittoria. E la somiglianza sempre più marcata con le due Inter precedenti:non solo per i risultati, ma per la progressiva sparizione di un’idea forte di gioco, soprattutto da centrocampo in su.
Un fenomeno che ha due possibili spiegazioni. La prima (fondata sulle parole di de Boer sul livello di conoscenze dei giocatori dell’Inter rispetto a quelli delle giovanili dell’Ajax) è che il gruppo parta da troppo lontano per assimilare tante e non facili novità in così poco tempo. La seconda spiegazione è che invece il nocciolo duro di questa squadra sia fondamentalmente allergico a ogni forma di pedagogia calcistica, che infatti non riesce a reggere sul lungo periodo (che sia quella tradizionale di Mancini, quella più aggressiva di Pioli o quella più posizionale di Spalletti).
E il bello è che non cambierà molto scoprire, un giorno, quale di queste due possibili spiegazioni sia quella giusta. Perché tanto, dal punto di vista dei risultati in campo, poco cambia. E poco cambierà. Soprattutto se dietro a un allenatore non c’è una società che abbia un’idea chiara di come i giocatori debbano comportarsi in campo e fuori. Per il momento, tra l’altro, per l’Inter sarebbe già molto se ci fosse una società.
(Poi, certo, si può anche pensare che de Boer sia un bizzarro signore passato nel calcio italiano come una meteora fuori strada. Però è sempre il caso di ricordare che si parla di qualcuno che da giocatore ha vinto scudetti e coppe in Olanda e Spagna. E che da allenatore ha fatto conquistare all’Ajax quattro campionati consecutivi. Cioè una cosa che non è riuscita nemmeno ai tempi di Cruyff e Rinus Michels. Cioè quelli che il calcio posizionale non l’hanno inventato, ma portato ai massimi livelli sì).
DE BOERDE BOER DURANTE INTER JUVENTUS
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