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Emanuela Audisio per “La Repubblica”
Whisky per gli uomini, Martini per le donne. Per un happy doping olimpico made in Russia. Bevi, campione, bevi. Hanno bevuto in cento. Sì da un po’ si sussurrava: di provette scambiate, di agenti segreti in laboratorio, di cocktail anabolizzanti che avevano irrobustito madre Russia ai Giochi invernali di Sochi 2014. Quelli voluti e organizzati da Putin, per riscattare il mediocre sesto posto di quattro anni prima.
Ma ora ci sono le prove, c’è una gola profonda che parla, e non è un personaggio ininfluente, ma è Grigory Rodchenkov, ex capo del laboratorio antidoping russo dal 2005. Parla da Los Angeles, dove si è rifugiato, anche per paura, visto che i suoi due collaboratori sono morti in circostanze misteriose (attacco di cuore e incidente d’auto).
È il New York Times a rivelare le sue testimonianze visto che Rodchenkov è protagonista di un documentario che spiega come funzionava (e funziona) la supremazia sportiva russa. Con un robusto doping di stato. «Almeno 15 medaglie olimpiche a Sochi 2014 sono false: tra cui quelle della squadra dello sci di fondo e quelle del bob».
Era lui a fornire la bottiglia e a dire agli atleti che dovevano mandare giù Chivas e Martini, per «coprire». E a Sochi come nei film di 007 c’erano gli agenti segreti che di notte entravano in laboratorio per sostituire la provette vere con quelle false. Rodchenkov è un chimico che s’inventava barman: «Il mio cocktail era a base di tre steroidi: metenolone, trenbolone and oxandrolone. Poi per far sparire le tracce un millilitro di alcol per ogni milligrammo di anabolizzante.
Gli atleti sono come bambini, non protestavano e mandavano giù». Si vede che comunque c’era qualche astemio perché la Russia nel 2014 è il paese che ha avuti più dopati al mondo. Rodchenkov aggiunge che la preparazione per Sochi era iniziata nel 2013: «In laboratorio arrivò un uomo che lavorava per i servizi segreti russi e ci chiese quali erano le provette che si usavano per analizzare le urine dell’antidoping. Gli interessava soprattutto l’anello di metallo con cui venivano sigillate e ne prese un centinaio».
A novembre quando Rodchenkov viene individuato dalla Wada come l’ uomo del mal funzionamento del laboratorio lui che fa? Corre a distruggere più di mille provette. Qualche mese dopo le autorità russe lo invitano a dare le dimissioni. Lui scappa a Los Angeles con l’aiuto di un filmmaker, Fogel, che ora sta girando un documentario, e inizia a dire che tutto lo sport russo è falso, brutto e cattivo. Infatti l’atletica russa è sospesa.
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