DAGOREPORT - BENVENUTI AL GRANDE RITORNO DELLA SINISTRA DI TAFAZZI! NON CI VOLEVA L’ACUME DI…
Giancarlo Dotto (Rabdoman) per Dagospia
Mentre Roma e Napoli ramazzano le briciole del loro eterno destino secondo, si fa largo l’ipotesi che l’anticristo, quello vero, arrivi a grandi passi da altrove dopo la grave balbuzie iniziale, dalla Milano già da mesi cinese. Dei Banega e degli Icardi. Dei Miranda e dei Medel. Non si fanno sette gol per caso alla squadra che solo due settimane prima aveva preso a schiaffi il Napoli al San Paolo. Quella di Stefano Pioli, poi, è una vecchia storia. Se non hai il fisico, non avrai il ruolo.
MASSA DE SCIGLIO BONUCCI - JUVE MILAN
Mettila vicina, la sua faccia, a quelle di Mourinho e di Mancini, ma anche la sua voce, i suoi detti, le sue sciarpe e le sue scarpe. Non regge. In un set cinematografico potrebbe essere tutt’al più il loro autista o cameriere, con quel teschietto a modo, sempre grigio e smunto, mai solcato da un lampo qualunque, l’aria dimessa di uno cresciuto a pane e acqua in un convento di carmelitani scalzi dove la vanità è farina del diavolo.
Forse solo da oggi la Milano nerazzurra comincia a pensarlo come un credibile allenatore dell’Inter. Fino a ieri era solo uno di passaggio, un abusivo che guida una Bentley solo per spostarla da un parcheggio all’altro. E, invece, Pioli, nonostante se stesso, il sembiante che lo inchioda, è uno di quelli che più sanno di calcio, per quanto possa servire sapere il calcio. E’ un uomo, soprattutto, che sa infondere passione e lucidità a quello che fa e sta imparando ora, finalmente, ad andare oltre l’immagine che gli rimanda lo specchio. Si può vivere da grandi anche con una faccia alla Pioli. Aiuteranno anche, eccome, i milioni che i cinesi investiranno sul mercato estivo.
Per quest’anno non cambiare, stessa spiaggia, stesso mare. Juve davanti, dietro le altre in gruppo a gridare e imbrattare “Ladri!”. Il punto non è se la Juve sia ladra o meno. Chi può fa quello che vuole, traduce il potere in scorciatoie per arrivare prima e primi. Che si chiami Juve o Real Madrid.
Il potere spaventa i passeri. Il problema sono i passeri. Cosa può indurre il passerotto Davide Massa a fischiare un improbabilissimo rigore all’ultimo secondo di una partita ormai finita nella salomonica inerzia del pareggio, attirandosi l’odio del mondo all’epoca dei twitter? Perché, nel dubbio, non starsene quatto silente, tenendoselo in tasca quel fischio? Quale eroico zelo lo spinge? Quella mano aperta a pochi metri era parte necessaria di un corpo proteso a una necessaria azione. Mano senza volontà come poche.
Poche storie. Il pareggio non era equo, la Juve strameritava di vincere, senza quel Mostrorumma, dicono i saggi, per lo più bianconeri. Ma il calcio, è questa la sua aberrazione barra perversione, non applica logiche così elementari, non premia spesso i migliori. Pacciani diceva di sé “io sono un santo” e dunque ci sta qualunque delirio anche che Massa dica di sé “io sono Dio” e dunque rimetto ordine nel caos del mondo in quanto pallone. Non funziona così.
Scopriremo chi è Massa il giorno cui smetterà di arbitrare e si ripresenterà in video come un pedante funzionario della moviola (ammesso che esisterà mai ancora): un omino tremulo e qualunque senza un fischio che gli dia corpo e statura. Per tornare al dunque, l’amorale della favola è sempre la stessa. I potenti non sarebbero nulla senza il nulla che li sostiene.
Detto questo, ci vogliono potenti dosi di cannabis per appassionarsi ancora a questo campionato. Se è vero, come ha rivelato Paul McCartney che “Sgt Pepper” è stato scritto sotto l’effetto della marijuana, quante dosi devi mettere ogni giorno nella tua testa per credere che ci sia ancora qualcosa che balla, in testa come in coda.
Dove Pescara, Crotone e Palermo sono tre punti assegnati a tavolino. In quanto al debutto da presidente dell’ex iena Paul Baccaglini, possiamo per ora registrare solo una cosa, l’enorme telegenia, sua e della compagna, obiettivo passo in avanti rispetto all’orco Zamparini.
Ci sarebbe da scrivere, eccome, di Roma e di James Pallotta e di Francesco Totti e di Luciano Spalletti, anche lui messo nella condizione come i suoi predecessori, di smaniare una fuga la più lontana possibile da Trigoria.
Ma per questo mi servono almeno due puntate e conto sull’infinità generosità di Dagospia. Una cosa però la voglio dire: quella di Spalletti sarà anche una psiche contorta e a volte indecifrabile (io la decifro benissimo), ma come non stare dalla sua parte quando dice che proprio non li capisce i tifosi romanisti che disertano lo stadio?
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