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EU-GENIO FASCETTI 80 - "NON REGGO IL TIKI-TAKA. E' CON IL LIBERO CHE SI VINCE. CASSANO HA FATTO BENE A DIRE BASTA. RISCHIAVA DI DIVENTARE PATETICO. BALOTELLI INVECE…" - IL TECNICO CHE INVENTO’ IL 'CASINO ORGANIZZATO' COL VARESE E SALVO' LA LAZIO DEL MENO 9 DALLA C: "NON HO MAI ALLENATO UNA BIG PERCHE’ NON HO MAI ACCETTATO COMPROMESSI. I CASCATORI VERI? PIPPO INZAGHI"  - E POI BEARZOT, ALLEGRI, SPALLETTI, MANCINI. E A SACCHI… - VIDEO

EUGENIO FASCETTI

Luca Calamai per gazzetta.it

 

La signora Mirella lo accompagna con sguardi e attenzioni che raccontano un amore senza età. Si sono conosciuti sul lungomare del Lido quando erano poco più che ragazzini. E non si sono più lasciati. Il burbero Eugenio Fascetti in famiglia diventa quasi un soldatino. E ne è felice. Ottant’anni sono un bell’appuntamento. I ricordi si mescolano. Senza nostalgia o rimpianti. "Rifarei tutto. Lo sa perché non ho mai avuto un’occasione importante da allenatore pur avendo ottenuto grandi risultati? Perché non ho mai accettato compromessi.

 

fascetti cassano

Sono sempre rimasto fedele a me stesso. Come quando attaccai Bearzot. Avrei preferito essere deferito subito e non dopo la vittoria al Mondiale in Spagna. Avevo sbagliato la forma ma quello che ho detto lo pensavo. Ma a quel punto ero diventato scomodo". Il suo rifugio è la taverna di casa. Ci sono tanti ricordi sotto forma di articoli, foto, quadri. Il viaggio nel mondo di Fascetti non è un percorso a ritroso nel tempo. Eugenio mescola passato e presente. Mettendo sul piatto una cultura calcistica da paura. Dovrebbe avere una cattedra a Coverciano per poter trasmettere ai giovani allenatori la sua conoscenza. Il filo conduttore è il pallone.

 

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"La mia Versilia era qualcosa di magico. A scuola andavo poco. Per carità, la mattina partivo all’ora giusta ma attraversando la pineta trovavo spesso qualcuno che giocava a pallone. E allora, i libri finivano appoggiati a un pino. Una volta con alcuni amici sfidammo Julinho sulla spiaggia. Sì, il campione della Fiorentina. Dopo un gol subito prese il pallone e andò via. Ma la mattina dopo ritornò. Sulla spiaggia imparavi la tecnica. I rimbalzi sono imprevedibili. Ora, invece, nelle scuole calcio si insegnano subito la zona e il pressing. Eppure il calcio è semplice: dribbli un avversario e sei in superiorità numerica. Oggi chi salta un avversario è una piacevole eccezione. Mi piace Insigne. Stravedo per Chiesa. Gasperini ha sbagliato: accusare Federico di essere un cascatore è ingiusto. I cascatori veri erano altri. Tipo Pippo Inzaghi, per capirci".

 

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I GRANDI "Da bambino mi voleva il Viareggio ma ho scelto il Pisa. Perché aveva i colori nerazzurri della mia Inter. Un amore mai tradito. Da allenatore spesso ho battuto i nerazzurri. E con squadre inferiori. L’Inter di oggi ha qualcosa che non mi convince e vorrei che Spalletti parlasse in maniera più semplice. Da calciatore non ero un fenomeno ma non ero male. Ho incrociato il più grande di sempre: Schiaffino. Poi c’era Valentino Mazzola. Io avevo la sua statua in casa. Nella mia Juve c’era Boniperti che già studiava da presidente e Sivori che si allenava part-time. Veniva quando ne aveva voglia. Cristiano Ronaldo è diverso, è un esempio per tutti i compagni"

 

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CATENACCIO "Nel calcio non inventi niente. La grande Ungheria già aveva il falso nove, a esempio. Non sopporto il tiki-taka. Con me chi esegue due passaggi laterali di fila finisce fuori. E non sopporto il nuovo lessico. Ripartenze, densità difensiva… ma non è meglio parlare di contropiede e catenaccio? La Juve ha conquistato tanti scudetti di fila perché aveva un muro dietro.

 

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Ricordatevi, con il libero si vince. È così dai tempi di Beckenbauer, di Scirea, di Passarella. Oggi la grande fisicità degli atleti ha ristretto il campo. Servono centrocampisti che fanno partire subito il gioco per evitare l’aggressività degli avversari. Ma di Pirlo non ne vedo più. Fossi Mancini, che mi piace come c.t., mi terrei stretto Barella. Poi servono attaccanti veloci che tagliano il campo. L’Italia dei tre piccoletti è una buona idea. Chiesa, Insigne e Bernardeschi possono regalarci delle grandi soddisfazioni"

 

SCACCHI "Ho ottant’anni e mi volto indietro con piacere. Ho inventato io il termine “squadra camaleontica”. Vi ricordate il mio “casino organizzato” dei tempi di Varese? Da amante degli scacchi credo che sia fondamentale a volte creare una mossa inattesa. Poteva capitare che il mio stopper finisse a fare il centravanti. Ma mi vanto anche di aver portato nel calcio insieme al professor Arcelli metodologie di allenamento per quei tempi rivoluzionarie. Chi è figlio di una sola idea non mi convince. Allegri è il più bravo di tutti perché in questi anni ha saputo adattare la Juve al materiale umano che la società gli metteva a disposizione. Quest’anno può vincere la Champions. Tornando agli allenatori mi piace Di Francesco perché va sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo. Anche con la Roma. E poi Conte. Testa dura ma grande qualità. Sarri o Ancelotti? Sarri è troppo rigido, Carlo sa come si vince"

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SACCHI, SCHERZI? "Vede questo titolo: “Una vittoria senza merito è una vittoria che non vale”. Lo dice Sacchi. Ma stiamo scherzando? Io alleno il Bari o il Lecce e devi affrontare il Milan o la Juve: dovrei forse andare a sfidarli giocando a viso aperto? Magari mi prendo degli elogi ma i punti finiscono altrove. Invece è un godimento andare a complicare la vita con artifici tattici alle grandi. Però ragionando così non sei di moda. Ora piace tanto De Zerbi. È bravo ma prende valanghe di gol. E al mio amico Sacchi ricordo che il suo Milan era stato in parte costruito da Liedholm e in parte dagli investimenti di Berlusconi. Con quei campioni a disposizione ha vinto poco".

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CASSANO E I DIARI"Cassano ha fatto bene a dire basta. Rischiava di diventare patetico. Antonio ha sfruttato il cinquanta per cento del suo potenziale. Lui poteva arrivare all’altezza di Totti o Baggio. Lo vedrei bene a insegnare calcio ai bambini. Non chiedetemi invece di Balotelli. Per me è un prodotto solo mediatico. Cosa mi immagino per il mio futuro? Voglio ancora vivere a lungo. A patto di avere ancora la testa lucida. Ho tre figli, un maschio e due femminile.

 

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Vivono a Londra, a Milano e una anche a Viareggio. Ho un nipotino di 12 anni che gioca in una squadretta legata al Chelsea. Tutto mancino, tutto talento. Deve avere qualcosa dei miei geni. Poi mi piacerebbe che qualche giovane allenatore venisse a vedere i miei diari. Ho sempre scritto tutto il mio lavoro. Giorno dopo giorno, anno dopo anno. Magari poi lo porto a fare una passeggiata sulle Apuane. Sono fantastiche".

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