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“ALL’INIZIO ERO UN PO’ TALEBANO SUL DISCORSO GIOCHISTI, POI MI SONO LIBERATO DA CERTE OTTUSITÀ” – FRANCESCO FARIOLI, NUOVO ALLENATORE DEL PORTO, SI RACCONTA DAGLI ESORDI DA PORTIERE (“L’ALLENATORE MI DISSE: ‘SEI TROPPO SCARSO PER CONTINUARE’) LA LAUREA IN FILOSOFIA E IL TITOLO BUTTATO IN OLANDA CON L’AJAX: “AVEVAMO 9 PUNTI DI VANTAGGIO, SEMBRAVA FATTA. COS’È SUCCESSO? NON SONO SCARAMANTICO, MA IN QUEI GIORNI SAREI DOVUTO GIRARE CON CORNA, QUADRIFOGLI E COCCINELLE TANTO SI PARLAVA DI FESTE, PREMI, SFILATE” – “DA RAGAZZO VOLEVO FONDARE UN PARTITO POLITICO, POI PERÒ…” - VIDE
Francesco Farioli était dévasté après l'échec de l'Ajax en Eredivisie ! ??pic.twitter.com/zoylLkeMk8
— Instant Foot ? (@lnstantFoot) May 18, 2025
Estratto dell’articolo di Paolo Condò per il “Corriere della Sera”
Francesco Farioli ha 36 anni e all’interno del suo Erasmus calcistico (Qatar, Turchia, Francia, Olanda e adesso Portogallo) ha già incontrato i famosi «impostori» di Kipling, la vittoria e la sconfitta declinate sul mestiere di allenatore.
«All’inizio di aprile il mio Ajax guida l’Eredivisie con 9 punti sul Psv. Sembra fatta. Il telefono non smette di squillare, potrei scegliere fra Premier, Serie A, Liga, e parlo di club qualificati alle coppe. Perfino l’Arabia Saudita. Un mese dopo, il tracollo in campionato ha tolto il mio numero dalle agende. Qualche sondaggio in Italia da parte di piccoli club, ma niente di concreto».
Ma come ha fatto a perdere quel campionato?
«Molta parte della risposta è indicibile, nel senso che se io le cito otto pali in due partite, i gol subiti in fondo ai recuperi e altre incredibili circostanze, lei mi ribatte che a questi livelli non ci si può appellare alla sfortuna, e ha ragione. Quindi aggiungo una certa stanchezza, e l’arroganza tipica di un club dominante come l’Ajax.
Io non sono per niente scaramantico, ma in quei giorni sarei dovuto girare con corna, quadrifogli e coccinelle tanto si parlava apertamente di feste, premi, sfilate. Soltanto io ripetevo il mantra che non è mai finita finché non è finita, e quindi cosa vuole che le dica? Me la sarò tirata».
[…] «Il Porto aveva preso informazioni in gennaio, poi il Mondiale per club li ha convinti a cambiare. Il fatto che il presidente sia un ex-allenatore come André Villas-Boas è stato decisivo. Non mi ha chiesto nulla del finale di stagione, ho introdotto io l’argomento perché non volevo gravasse tra le cose non dette. Prima della firma non ha aperto una clip, aveva già visto abbastanza mi disse. Poi invece abbiamo guardato molte cose, giocatori, situazioni».
roberto de zerbi francesco farioli
[…] Farioli, lei ha iniziato studiando calcio in Qatar, ha fatto il preparatore dei portieri con De Zerbi, il secondo in Turchia, poi le esperienze da numero uno. Come nasce questo percorso?
«A 22 anni l’allenatore mi disse “sei un portiere troppo scarso per continuare, ma secondo me potresti restare nel calcio in un altro ruolo”. Sarebbe bello poter maledire un infortunio, com’è successo ad altri che hanno iniziato presto, Tuchel, Nagelsmann. Ma non c’è: sempre stato benissimo. Però l’idea di allenare mi conquistò in fretta e sono bravo a imparare. Ho preso da ogni esperienza, all’inizio ero un po’ talebano sul discorso giochisti, poi mi sono liberato da certe ottusità. Ora cerco di rendermi complementare».
Questa va spiegata, ricordando che lei è laureato in filosofia.
«La cultura dell’Ajax è un calcio posizionale freddo e ordinato, una religione, io ho aggiunto spirito di gruppo e gusto per la battaglia. La cultura del Porto è quasi carnale: sacrificio, scivolate, pubblico in fiamme, e io sto dando un po’ di giocate codificate per rendere lo spettacolo più arioso e rotondo. Al Nizza chiesi una mezzala tecnica, un mix tra un 8 e un 10, e i giornalisti ironizzarono sulla mia tendenza iper-offensiva, all’Ajax proposi un paio di giocatori capaci di reggere gli urti, e dissero il solito italiano difensivista. Lavoro sui contrasti, cerco di riempire i vuoti. La migliore identità è non averne una immutabile».
[…] Nel suo futuro c’è il ritorno in Italia?
«Spero continui a esserci grande calcio, e dunque non escludo certo l’Italia. Ma staccarsene è stato fondamentale per saltare la parte in cui ti dicono che sei troppo giovane».
Ma è vero che da ragazzo voleva fondare un partito politico?
«Alla fine del liceo. Avevo pensato pure il nome, Direzione Futuro, tutti assieme per il bene comune. Però, nel probabile caso di un consenso inizialmente limitato, avrei dovuto scendere a compromessi perdendo così la spinta iniziale». […]
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