DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
CARLOS PASSERINI per il Corriere della Sera
La Germania è a pezzi, umiliata, indignata. L'epocale 6-0 rimediato l'altra notte in casa della Spagna in Nations League - risultato che non si verificava dal 1931 - ha scosso il fussball tedesco fin dalle fondamenta, mettendo giustamente in discussione tutto e tutti, uomini e progetti, ma non basterà a far saltare il c.t. Joachim Loew, che resterà al suo posto almeno fino all'Europeo di giugno.
A confermarlo, spiazzando quell'enorme parte di stampa e opinione pubblica che ne chiedeva l'allontanamento, è stato Oliver Bierhoff, direttore della Mannschaft : «Questa partita non cambia nulla, abbiamo fiducia in Joachim. Ora pensiamo a ottenere il massimo agli Europei. Con Loew? Assolutamente sì». La decisione di confermarlo è stata presa ieri mattina dopo una riunione all'aeroporto di Monaco tra il presidente della federazione Fritz Keller, Bierhoff e il c.t. stesso, 60 anni, in sella dal 2006.
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I tedeschi, si sa, non amano prendere decisioni sulla scia emotiva, ma la scelta di confermare Jogi sembra dettata ormai più dalla necessità e cioé dalle tempistiche troppo ristrette che da una reale convinzione. Da qui all'Europeo mancano sette mesi, troppo poco per imbastire un nuovo progetto tecnico. Anche perché a stagione in corso non è facile individuare un profilo convincente.
Si era pensato a Ralf Rangnick, in estate vicinissimo al Milan e poi accostato alla Roma, ma attualmente a casa. Dopo l'estate la sua candidatura potrebbe tornare forte. Se la potrebbe giocare con Hans-Dieter Flick, già vice di Loew nel 2014 (secondo la Bild , fu il vero cervello del successo) e ora sulla panchina di quel Bayern che stravincendo Bundesliga e Champions ha in un certo senso mascherato i guai del calcio tedesco. Il problema, per la Germania, è arrivarci all'Europeo.
La stampa non cambierà linea. «Jogi è ancora l'uomo giusto?» si chiedeva la Suddeutsche Zeitung , ponendo una domanda che per la gran parte dei tedeschi ha una risposta scontata e che si fonda sui risultati. Da due anni a questa parte la Germania non fa più paura a nessuno.
La vittoria nel 2014, col 7-1 del Mineirazo al Brasile ospitante, è stato il punto più alto prima del crollo, il flash prima del buio. Prima il flop al Mondiale russo 2018, poi la retrocessione nella Lega B di Nations League evitata solo per la modifica del format. Due sole vittorie nelle ultime otto partite. E ora i sei schiaffi spagnoli. Che Loew, apparso confuso, nel dopo partita non ha provato nemmeno a spiegare: «Non so cosa sia successo».
«Mai vista una cosa del genere, è un fallimento assoluto» ha sentenziato l'ex interista Lothar Matthaeus: «Si avverte in maniera determinante l'assenza di calciatori come Hummels e Boateng in difesa, Müller in attacco. Non è solo una questione di reparto, piuttosto di carenza di carattere in campo».
La scelta di Loew del 2018 di dare il via a un cambio generazionale prepensionando i trentenni per dare spazio a ragazzi di grande avvenire come Süle, Ginter, Koch, Max non ha pagato. A questa Germania non manca il talento, ma la personalità. Il carattere, appunto. Che, si sa, è sempre stato il suo vero valore aggiunto, la sua differenza. Insieme alla capacità di rinascere e tornare grande.
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