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Paolo Ricci Bitti per www.ilmessaggero.it
Prima lo stupore, poi il boato degli applausi: sull’enorme palco semicircolare erano apparsi, sbucando da un tunnel “segreto” e persino ballando su trascinanti riff di rock, gli All Blacks e gli azzurri. I campioni del mondo e la nazionale di Conor O’Shea e Leonardo Ghiraldini accolti dall’ammirazione dei 2.400 fra dipendenti e agenti di Cattolica Assicurazioni, protagonisti del più colossale terzo tempo nella Storia del rugby, che pure breve non è (1823).
Anche la squadra di artisti schierata sabato sera alla Nuova Fiera di Roma è restata stupefatta davanti a quella moltitudine di giganti in smoking (ché i rugbysti sono tipi molto chic), cordiali, alla mano, disponibili fino all’ultimo selfie e scatenati nel fingersi chitarristi (su tutti il capitano Kieran Read e Patrick Tuipuloto, per un totale di 230 kg).
Che formazione: Neri Marcorè, Claudio Amendola, Fabio Troiano, Gianmarco Tognazzi, Valentina Lodovini e Violante Placido per recitare i testi di Rita Levi-Montalcini, Caterina Chinnici, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e i brani sul rugby di Marco Pastonesi. E poi Stefano Bollani, Irene Grandi, Teresa Mannino, Elena Radonicich, Elena Anastasia Petrinska, l’Orchestra filarmonica della Franciacorta e i tenori della Fondazione Pavarotti.
E’ andata così: da questa stagione, e per le prossime sette (un periodo biblico nello sport), la Federazione italiana rugby sarà sostenuta da Cattolica Assicurazioni. Questione certo di business ma anche e soprattutto di valori morali che rugby e gruppo veneto condividono.
E allora il test match tra Italia e All Blacks all’Olimpico ha ispirato l’allestimento di un evento senza precedenti nel mondo ovale: anche i banchetti dopo le finali dei Mondiali impallidiscono di fronte ai numeri del primo Cattolica Celebration Day avvenuto nei padiglioni della Fiera che hanno accolto nella stessa sera anche il rito del “terzo tempo”: dopo la battaglia in campo, si fa la pace a tavola, tutti insieme, i giocatori e gli staff di entrambe le squadre e pure arbitri e guardalinee, quelli che magari pochi minuti prima ti hanno negato una meta decisiva.
Tutti i dipendenti e gli agenti del gruppo veneto sono stati invitati a Roma per assistere alla partita allo stadione e quindi all’evento serale: l’80% degli invitati ha detto di “sì” e così, intanto, la Tevere è diventata la tribuna più assicurata del mondo. Vi si sono accomodati in 2.400, tutti provvisti di maglia azzurra ufficiale nonché di una maxicasacca 20 metri per 30 srotolata durante gli inni per completare la coreografia senza precedenti.
Dopo la terrificante Haka, la danza maori che precede ogni match, e la lectio magistralis di rugby impartita dei neozelandesi agli italiani (3-66), il trasferimento con 50 pullman nel salone da hotel a 5 stelle allestito alla Fiera con tanto di cavea per l’orchestra e ciclorama (maxischermo a 360 gradi).
L’ad di Cattolica, Alberto Minali, e il presidente Paolo Bedoni hanno poi parlato di coesione, orientamento al risultato, integrità, meritocrazia e coraggio di fare e di imparare. Gli stessi principi alla base del rugby, hanno ricordato il presidente Fir Alfredo Gavazzi e il collega della federazione neozelandese Maurice Trapp.
In mezzo tanti racconti di impegno civile, di epopee ovali, canzoni pop, romanze liriche e poi, ecco, sale la musica, scricchiola il palco: arrivano gli All Blacks e gli azzurri.
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