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Emanuela Audisio per la Repubblica
seredova e buffon in tribunale per la separazione
Dalle mani di Buffon a quelle di Sirigu, che già al quarto minuto vola su un tiro di Sterling, poco dopo devia su Henderson, ma nulla può al 37’ contro il tiro al volo di Sturridge, che si mette anche a fare un balletto. Il forte azzurro è costretto a cambiare guardiano. Cede un pilastro.
Doveva salvarci lui, capitan Gigi, era la nostra certezza medievale, chiudi la porta e nessuno più entrerà. Invece non c’è a proteggerci, in questa terra brutale, e chissà quando tornerà. Al suo posto altre manone. Esordienti. Quelle di Salvatore, from La Caletta, duemila anime tra la Barbagia e la Costa Smeralda.
Stessa altezza, 1.92. Stessi occhi, color mare. Ma nove anni di differenza, dai 36 di Gigi ai 27 di Salvatore. Ci voleva un portierone amazzonico, cioè della Sardegna, regione che esordisce per la prima volta tra i pali ai mondiali, per sostituire un monumento nazionale. E la sua parata, da vice Buffon, Sirigu la fa soprattutto al 64’ quando si allunga su un tiro di Barkley e al 75’ devia una punizione di Baines, quando l’Inghilterra sta cercando il pareggio.
GOL DI ROBINHO A BUFFON IN MILAN JUVE
BUFFON BACIA DI NUOVO
Mais oui, un numero uno azzurro, uno dei tre emigrati di lusso. Uno con la barba, che gioca a Parigi, con i monsieurs Ibrahimovic, Thiago Silva, Pastore, Cavani, nel Psg degli sceicchi, che parla bene francese e che è fidanzato con una ragazza che fa l’attrice e che lui sottopone a visioni di film di Albertone Sordi, soprattutto “Il Marchese del Grillo”.
È il terzo azzurro mondiale che viene dalla Sardegna dopo Cuccureddu (‘78) e Zola (‘94). È un’isola non famosa per i portieri, ma che ai numeri uno ispira imprese: Renato
Copparoni, cresciuto con Riva e Albertosi, pure se gli tremavano le gambe, si prese il lusso di essere il primo a parare un rigore a Maradona (e pure al San Paolo nell’86) mentre Salvatore Pinna, nel ‘98, in serie C con la Torres, segnò direttamente con un rinvio dalla sua porta. L’avesse fatto Cech, tutti a magnificarlo.
Sirigu in Italia non lo ha voluto nessuno ed è stata la sua fortuna. Celebre la frase da lord con cui lo etichettò il presidente Zamparini: «È uno che non esce nemmeno a calci in culo». Al Psg è felice e ha vinto il campionato. Prima ha girato molto, tante città di mare, Venezia, Palermo, Ancona. Da ragazzino giocava in attacco, peccato per gli attacchi di asma, che gli impedivano di scattare e preoccupavano la madre. Un allenatore gli vide le mani grandi e lo spostò in porta.
Stava ancora a Nuoro, nella scuola di calcio “Puri e Forti”, su un campo che si chiamava “La solitudine”, oratorio della chiesa della Madonna di Fatima. E già i nomi bastano e avanzano. A promuoverlo tra i pali del Palermo, al posto di Rubinho, è stato Walter Zenga. Non è un caso che il soprannome di Sirigu, tifoso dell’Inter, sia appunto “Walterino”, e che Zenga fosse tra i poster che il ragazzo aveva sul muro. Sirigu si prende il numero 46. Sì, quello di Valentino Rossi per cui va pazzo.
La maledizione mondiale dei numero uno. Degli Intoccabili. Quelli con il futuro dietro le spalle. Casillas che gattona, Buffon che per colpa di una caviglia non ce la fa. Gli dei non solo cadono, ma scivolano. Il capitano azzurro, 36 anni, Buffon, al quinto mondiale, l’aveva detto: «Alla mia età i recuperi sono più lenti».
Chissà se intuiva una buca sul suo cammino. È il secondo forfait mondiale. Gli venne mal di schiena in Sudafrica, uscì alla prima contro il Paraguay, per sciatica (poi si operò di ernia). Fu sostituito da Marchetti, allora al Cagliari. Addio porta, addio Italia, subito eliminata. E chissà se questo è un arrivederci o se non ce la farà a guarire. A rischio è anche la prossima partita.
GIANLUIGI BUFFON SOTTO LA STATUA DEL CRISTO A RIO DE JANEIRO FOTO LAPRESSE
Kyenge e il portiere della Nazionale Gigi Buffonnazionale resize
Sua sorella Guendalina ha detto che lo ha sentito sollevato: «Credeva di essersi rotto tutto, invece è solo una botta». Ma da quello che scrive Gigi sembra un saluto finale. Un grande fragile commiato, da parte di un campione sensibile, reduce anche da un matrimonio finito.
«Buongiorno a tutti. La vita è bellissima e sono ancora in debito con lei. Non sarà una partita saltata o un altro mondiale saltato a farmi cambiare idea. Ci sono molti modi per essere importante, anche se non si è protagonisti in campo. Quindi forza grande Salvatore, forza magici ragazzi».
Una frase quasi da capitano non giocatore, da chi sarà sempre accanto, ma non davanti alla porta azzurra. Da autunno del patriarca, seduto con gli occhiali da sole, che ti saluta con la manona, e dalla panchina ti indica la strada. Vai, Italia.
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