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Claudio Del Frate per il “Corriere della Sera”
Il vulcano si è risvegliato dopo un decennio di inattività. Per rintracciare gesti violenti da parte di tifosi del Varese Calcio bisogna riavvolgere il nastro ai primi anni 2000 quando trasferte anche su misconosciuti campi di periferia erano l’occasione per scatenare risse e scontri. Il ritorno in serie B dopo un quarto di secolo di oblio sportivo aveva fatto nuovamente dello stadio Franco Ossola un luogo dove trascorrere un paio di ore di sana passione sportiva.
Tutto è cambiato in questo lasso di tempo (giocatori, dirigenti, proprietà del club), una sola cosa è rimasta costante, la sigla della frangia più accesa del tifo, quella del Blood & Honour, onnipresente sugli spalti del tifo casalingo e anche nelle trasferte. In quella direzione vanno le indagini. Nell’identikit della questura Blood & Honour corrisponde a un «nocciolo duro» di 60 elementi, accomunati da simbologie e look di estrema destra, gemellati con la tifoseria dell’Inter.
SCIARPA DI BLOOD E HONOUR VARESE
Almeno dal 2010 il loro comportamento non aveva dato luogo nemmeno a un Daspo, nemmeno a un rapporto alla procura se si eccettua una partita di Coppa Italia del 2012 quando venne inscenata una contestazione a sfondo razziale verso Osarimen «Giulio» Ebabua, allora centravanti nigeriano del Varese, mai amato dagli ultrà, il quale rispose nell’occasione segnando un gol decisivo e mostrando il dito medio alla curva.
L’analisi delle forze dell’ordine dice che i Blood & Honour in questo momento non possono contare su una leadership forte ma si rifanno a due capi storici forzatamente usciti di scena: Saverio Tibaldi e Filadelfio Vasi. Il primo, cranio rasato e svastica tatuata, è rimasto ucciso nel 2003 in una rissa a Torremolinos, in Spagna, durante la latitanza. Il vessillo «Saverio presente» non manca mai in curva al Franco Ossola.
Filadelfio Vasi è invece da tempo detenuto per reati comuni ma il suo ascendente su alcuni elementi del tifo estremo è testimoniato dal verbale di un’inchiesta per rapine e spaccio. Una giovane albanese, già fidanzata con un habitué della curva, riferisce che Vasi, durante uno dei suoi brevi momenti di libertà, chiamò a rapporto alcuni capi della curva, costringendoli a inginocchiarsi davanti a lui e malmenandoli per affermare il suo ruolo di guida.
E dunque, posto che le indagini non sono arrivate ancora a individuare dei responsabili, che cosa ha determinato l’improvvisa esplosione di violenza di ieri? «Con i danneggiamenti e le scritte» — dice una fonte della questura di Varese — «gli autori del gesto hanno voluto affermare un concetto chiaro: voi giocatori non scendete in campo perché siete indegni di rappresentare questa squadra. Hanno voluto riaffermare un ruolo di interlocutori nel momento di crisi del club».
Emblematico il particolare accanimento riservato alla panchina su cui siedono di solito allenatore e dirigenti biancorossi. Ma Pierpaolo Cassarà, il controverso e contestato presidente del Varese, fornisce una lettura differentemente per certi versi inquietante: «Si tratta di una azione eterodiretta. Chi ha distrutto il campo vuole che gli attuali proprietari se ne vadano, che la squadra non retroceda semplicemente in Lega Pro ma fallisca e riparta dai campionato dilettanti con nuovi soci sollevati dall’attuale difficile situazione finanziaria». In effetti questo è esattamente quanto chiedono molti post lasciati sul forum della tifoseria varesina «Orgoglio biancorosso».
BLOOD E HONOUR VARESE
GLI ULTRAS DEVASTANO LO STADIO DEL VARESE
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ULTRA DANNEGGIANO LO STADIO DEL VARESE
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