DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Marco Imarisio per il “Corriere della sera”
Quegli ultimi 4 chilometri non sono esattamente il frutto di una tattica preparata a lungo. «E che ne so come mi è venuto. Mi sono sentita di provarci, ed è andata». Fosse così semplice, ci riuscirebbe chiunque. Antonella Palmisano è così, un concentrato di puro istinto per la marcia. Lei lo sapeva, che le cinesi non l'avrebbero ripresa, e sapeva anche che a pochi metri dal traguardo della 20 chilometri qualcuno le avrebbe messo in mano la bandiera tricolore che poi si è legata al collo. «La scorsa notte ho sognato la gara esattamente come si è svolta, metro per metro, fino all'ultimo dettaglio. Mi sono svegliata con l'oro già al collo, quindi ho pensato che avrei anche potuto non correre, tanto avevo già vinto...».
La sua allegria è così contagiosa che quasi fa dimenticare di aver assistito a un'impresa storica, aggettivo ormai abusato per l'Italia in questi Giochi. Ma in che altro modo si può definire il primo oro femminile nostrano nella marcia? «Aspettate un attimo che rispondo a tutti, ma prima voglio sentire l'inno, che me lo merito e mi piace tanto».
Nell'attesa, bisogna raccontare del suo attacco feroce al sedicesimo chilometro in una Sapporo tanto afosa quanto umida e meno male che avevano spostato la gara nel nord del Giappone per evitare rischi agli atleti. Mille metri completati in 4 minuti e 16 secondi, quasi un'eresia. La campionessa olimpica Liu e la colombiana Arenas la vedono sfilare e sgranano gli occhi incredule.
L'unica che le resta accanto è la primatista mondiale Yang, ma Antonella accelera ancora. E arriva sola, come previsto nel sonno. Era scritto, allora. A ogni gara, sua mamma le prepara un fiore ricamato da mettere tra i capelli. Quello di Tokyo aveva i fili d'oro. E ieri era il suo compleanno, si vede che era destino. «Non bisogna scherzarci, a queste cose io ci credo. Mi ero dipinta le unghie di tricolore. Era un anno che facevo il conto alla rovescia. Dopo il bronzo di Londra e il quarto posto a Rio, toccava a me, lo sentivo. E a un certo punto la mia energia mi ha detto che era il momento di salutare tutti».
ANTONELLA PALMISANO A TOKYO 2020.
Dopo la gara in Brasile disse in diretta tv al fidanzato, il marciatore Stefano Dessì, che attendeva «quella certa proposta». In aeroporto lo trovò in ginocchio, con un mazzo di rose rosse in una mano e l'anello nell'altra. «Ora non so cosa chiedergli, magari se prendiamo un altro cane». Ma Antonella sa anche essere seria, eccome. «Ho patito il lockdown, a livello fisico e mentale. Quando mi allenavo intorno a casa, mi sentivo come un criceto in gabbia. C'erano vicini che non erano al corrente della mia professione, pensavano che volessi fare l'esibizionista invece lo facevo per lavoro».
ANTONELLA PALMISANO A TOKYO 2020
Adesso, dovrebbero aver capito. La neocampionessa olimpica è nata e cresciuta in un piccolo paese della provincia di Taranto. «Ho iniziato a marciare per voglia di riscatto, per distruggere i pregiudizi. Mi dicevo che magari, vedendo i miei risultati, sarebbe cambiato qualcosa e ci sarebbero stati più investimenti sullo sport». Si ringrazia la Regione Puglia per averci fornito i marciatori, e non solo quelli. Tra i tanti dati incredibili della spedizione italiana, c'è anche quello del tacco del nostro stivale che con 3 ori e 2 argenti ha preso finora più medaglie di Svezia o Argentina.
Le 20 chilometri maschile e femminile hanno in comune anche l'allenatore, il pontino Patrizio «Patrick» Parcesepe, che lavorando sulla pista di Ostia ha portato allo stesso risultato Antonella Palmisano e Massimo Stano. «Mi dovrebbero dare un'indennità, perché insieme quei due sono impossibili da gestire. Sono grandissimi rompiscatole che in gara si trasformano in farfalle, per fortuna.
Non c'è un segreto. Abbiamo dalla nostra una tradizione antica nella marcia, la specialità più povera, che ci ha sempre dato grandi soddisfazioni. Noi siamo un gruppo unito, che non tralascia nulla: studiamo tutto, dal Dna alla podologia. Basta essere seri, basta che non ci siano singole parrocchie, e l'Italia può eccellere in ogni specialità dell'atletica». Il guru della marcia ha fama di duro. Ma questo è un giorno speciale e ci si può anche sciogliere. «Il mio desiderio per Antonella? Spero che trovi il coraggio per chiedere a suo marito di diventare mamma. So che lo vorrebbe e nessuno merita più di lei di essere felice».
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