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Irene Famà per "la Stampa" - Estratti
Chi deve predisporre le piste di sci per gli allenamenti? Chi deve metterli in sicurezza? La decisione della procura di Bolzano di archiviare in quarantotto ore l'inchiesta sulla morte della giovane atleta Matilde Lorenzi continua a far discutere.
Nessuna perizia per far luce sulla tragedia del 28 ottobre in Alto Adige, nessun accertamento per verificare che siano state adottate le condizioni di sicurezza adeguate. A Palazzo di Giustizia avevano aperto un fascicolo senza ipotesi di reato e senza indagati, che nella prassi giuridica si chiama «modello 45». Vengono archiviati direttamente dalla procura, senza passare dal giudice.
Per gli inquirenti, la pista su cui la diciannovenne si stava allenando, la Granwand G1 sul ghiacciaio di Val Senales, era sicura. E conforme a quanto previsto dalla legge provinciale 14 del novembre 2010. «Ci sono due leggi dello Stato, più recenti, che devono essere prese in considerazione», dicono alcuni giuristi.
Entrambe firmate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, «applicano un'attualità di cui si deve tener conto. Le leggi provinciali devono armonizzarsi con quelle dello Stato». Si tratta del decreto legislativo 40 del 2021 del governo Draghi e del 120 del 2023. Riguardano «le misure in materia di sicurezza nelle discipline sportive invernali» e valgono per tutti, comprese le Regioni a statuto speciale.
Normano le piste da sci, delimitazione e segnaletica comprese, i tracciati degli allenamenti, elencano doveri e obblighi. «Spetta all'associazione o società sportiva che organizza la seduta di allenamento predisporre i tracciati» si legge nell'articolo 10. « I gestori delle aree provvedono alla messa in sicurezza delle piste», recita l'articolo 11.
E ancora: «I gestori proteggono gli utenti da ostacoli presenti lungo le piste mediante l'utilizzo di adeguate protezioni degli stessi e segnalazioni della situazione di pericolo atipico».
Due leggi che riguardano i dispositivi di protezione individuale, le reti e le procedure per preparare le piste. E che, spiegano i ben informati, potrebbero portare la procura generale di Trento a decidere di riaprire il caso. Il vertice dell'ufficio Corrado Mistri, nel pomeriggio dell'altro ieri ha incontrato Axel Bisignano, procuratore capo reggente di Bolzano. Un colloquio in cui sono stati ripercorsi tutti i passaggi che hanno portato ad archiviare l'inchiesta in tempi record. Senza sequestrare nemmeno il luogo dell'incidente.
C'è poi la questione delle reti (anche questa disciplinata dalla legge). Per gli inquirenti, erano posizionate correttamente. In quella porzione di pista, stando ai filmati girati dall'alto dai soccorritori, non c'erano.
Matilde Lorenzi, diciannove anni, si stava allenando con il team juniores della Nazionale in gigante. Ha perso il controllo degli sci, ha sbattuto la faccia sul ghiaccio, è stata proiettata in avanti ed è finita fuori pista, in un dirupo. La sciatrice ha perso conoscenza e è stata trasportata in ospedale in condizioni gravissime: aveva un trauma cranico e un trauma toracico. Ricoverata nel reparto di terapia intensiva, è morta il giorno dopo, alle 5 del mattino. E in tredici ore è arrivato il nulla osta alla sepoltura.
Senza autopsia come si può stabilire con certezza le cause della morte di Matilde Lorenzi? Se lo chiedono due consiglieri laici del Consiglio superiore della magistratura, Ernesto Carbone e Claudia Eccher, che nei giorni scorsi hanno chiesto «accertamenti sull'operato della procura di Bolzano».
E se lo chiedono gli esperti di diritto, che vanno a riprendere l'articolo 116 delle norme di attuazione al codice di procedura penale.
«È il magistrato a decidere di disporre l'autopsia, se per la morte di una persona sorge il sospetto di reato - spiegano -. E il "sospetto" è meno di un indizio. È il livello più basso».
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