DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL…
G. Zon. per "la Stampa"
Durante il riscaldamento Jacobs balla, miliardi di occhi addosso e lui si porta il ritmo in pista, la tranquillità addosso. Sono pur sempre i 100 metri di Bolt e non vanno traditi, almeno nello spirito, sono passi, appoggi e frequenze e se li conti fanno meno impressione, solo che il calcolo della combinazione perfetta dice 45 appoggi e bisogna andare forte per rispettare il programma. Per non inciampare nella danza. Jacobs è in corsia due e quando Hughes strappa la partenza neanche si muove, dopo la squalifica del britannico riprende a fissare l'orizzonte. Non si distrae.
Sono i suoi 100 metri, li ha sognati da bambino e poi da adulto, in questo anno senza punti di riferimento in cui l'immaginazione è servita. Il canadese De Grasse è convinto di vincere, si vede. Bronzo a Rio 2016 e secondo lui nessun reale pericolo. Jacobs è fuori radar, non lo considerano, lo hanno visto poco, qualcuno lo guarda come un imbucato, chi lo ha mai messo in conto un italiano nella finale dei 100 metri. Cala il buio e potrebbero pure salire i ricordi.
Glasgow 2015, un Europeo iniziato da protagonista e finito malissimo. Lacrime su risultati tristi. Allora l'azzurro era un lunghista, prometteva benissimo però era troppo delicato. La notte del pianto decide di cambiare tutto, via i salti e dentro la velocità. La decisione ormai sembra lontana, presa in un'altra fase della vita eppure porta dritto qui, alla sfida che tutti guardano, all'istante più fotografato, al momento in cui non resta che correre su una pista che restituisce ogni sollecitazione.
In tanti volano sopra le medie nella finale senza giamaicani e bisogna risalire al 2000 per replicare l'assenza. Sono 100 metri sparsi, un'incognita che si fa ancora meno decifrabile quando il ripescato Bromell esce definitivamente di scena. È l'attimo in cui i presenti alzano i telefoni, la luce torna, la musica riparte e cambia tutto tranne Jacobs.
Lui non smette di ballare, parte benissimo e gli basta realizzarlo per essere ancora più fluido, bruciare lo spazio: 9"80, praticamente il tempo di Bolt nell'ultima finale a Rio (9"81) ma soprattutto davanti all'americano Kerley, secondo in 9"84 e al delusissimo DeGrasse, 9"89. Sembrano disorientati, le prime parole di un frastornato Kerley sono: «Non l'ho mai visto prima, non ho idea di chi sia». È il campione olimpico.
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