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Rosalba Castelletti per repubblica.it - Estratti
E ora chi glielo spiega alla babushka occhialuta o al giovane tatuato in coda per una foto col Quadrato nero di Kazimir Malevich che stanno per scattarsi un “selfie con dio”? È l’idea che affascina Francesco Bonami, curatore insieme a Zelfira Tregulova della mostra ispirata al manifesto del Suprematismo inaugurata un mese fa al Ges-2 di Mosca.
“Mi piace pensare che Malevich si considerasse un demiurgo e si associasse al Creatore, ma allo stesso tempo non avrebbe mai immaginato che un giorno la gente sarebbe andata in un museo per farsi un selfie con dio”.
Classe 1955, già direttore della 50a Biennale di Venezia e oggi del museo By Art Matters di Hangzhou in Cina, il mordace critico d’arte non rifugge le provocazioni. Anche organizzare una mostra a Mosca ai tempi del conflitto con l’Ucraina e delle sanzioni anti-russe è una sfida a cui non si è sottratto, nonostante il rischio di sollevare un polverone.
“Sento l’obbligo intellettuale nei confronti delle giovani generazioni di mantenere il dialogo aperto e le realtà culturali vive. Artisti e curatori che hanno abbandonato il Paese sono parte di un’élite. Le persone comuni non possono permettersi di andare. Per me era importante non lasciarle sole”, dice a Repubblica. “In tempi difficili, l’arte è spesso l’unica finestra che ci permette di restare connessi. Chiuderla è ingiusto e pericoloso. Durante la guerra in Vietnam, a nessuno sarebbe mai venuto in mente di interrompere i voli con gli Usa o non fare più mostre nei musei statunitensi”.
Square and Space. From Malevich to Ges-2 (“Quadrato e Spazio. Da Malevich al Ges-2”) è, innanzitutto, un omaggio alla pianta quadrata dello spazio espositivo progettato dall’architetto Renzo Piano, 142,41 metri per 142,41, la radice quadrata di due ettari, per metà cattedrale di cristallo sormontata da quattro iconiche ciminiere color blu e per metà bosco di betulle. Idee come alberi. Un nuovo Beauburg a ingresso libero che sorge a due passi dal Cremlino, sull’argine Sud dell’isola Balchug incastonata tra il fiume Moscova e un canale.
ges-2 mostra mosca curata da bonami
(...) La mostra gioca attorno al doppio significato della parola inglese square, quadrato geometrico e piazza urbana. Si parte dal quadro più radicale dell’avanguardia russa, con la quale Malevich voleva seppellire tutta l’arte precedente e che, invece, ha paradossalmente cambiato l’arte successiva, per riflettere sul rapporto tra opera, architettura e spazio sociale.
“Un tempo il museo era un contenitore protettivo, riverente nei confronti dell’arte. Ora, invece, è diventato il contenuto stesso e le opere d’arte sono ancillari all’architettura. C’è un dialogo a doppio senso. E Ges-2 è lo sfondo ideale. Il pregio di Renzo Piano è immaginare spazi per la gente, prevederne il flusso. Sin da quando ha aperto, ho osservato come le persone interagissero con questo spazio. Anche i selfie sullo sfondo di un dipinto sovvertono il rapporto spettatore-opera. Da nato a Firenze, culla dell’Umanesimo, non li demonizzo perché riportano l’uomo al centro dell’universo”, osserva Bonami.
Le intuizioni audaci e lo sguardo non convenzionale dell’italiano ben si combinano nella mostra con l’approccio metodologico della co-curatrice russa Tregulova, direttrice fino a un anno fa della Galleria Tretjakov, che ha inserito l’opera di Malevich in una prospettiva storica.
kasimir malevich photo portrait
Aver dovuto limitare la selezione alle opere disponibili entro il territorio della Federazione Russa, per Bonami non è stato un limite, ma una sfida. Pittura, grafica, installazioni: tutto riecheggia, in un modo o nell’altro, Malevich. Ci sono accostamenti più espliciti e intuitivi per trame ripetitive, forme geometriche o combinazioni di colori, luce e oscurità, come Il Mar Nero di Ivan Ajvazovskij, la Candela quasi esoterica del vivente Gerhardt Richter e le tele sfumate Paesaggio. Steppa di Arkhip Kuindzhi e Silenzio di Oleg Vasiliev.
Altri abbinamenti, invece, sono meno ovvi, come Il calderone sacrificale comune durante la festa patronale di Illarion Prjanishnikov del 1888. “Un artista apparentemente tradizionale – spiega Bonami – ma che faceva parte di un collettivo di itineranti che portava l’arte in provincia. E Malevich chiedeva proprio se bisognasse portare l’arte al popolo o il popolo all’arte”.
ges-2 mostra mosca curata da bonami
I massicci pannelli colorati progettati dall’architetto Evgenij Asse non dividono gli spazi, non indicano un percorso prestabilito, ma disegnano piazze in cui convergono strade lungo le quali perdersi in un continuo dialogo con l’architettura di Piano.
Dal Quadrato nero, precursore dell’astrazione e pioniere del monocromo, nella seconda versione del 1923, si passa agli omaggi di Dmitrij Prigov, al minimalismo di Mikhail Roginskij, alla luce che filtra da dietro la porta nera di Erik Bulatov. Si entra gradualmente in una terza dimensione con le sculture cinetiche di Vjacheslav Kolejchuk, gli abiti bianchi di Tatjana Badanina e la figura di cubi sul pavimento del britannico Anthony Gormley.
Si arriva a Metropolis di Vladimir Seleznev, una città sbrilluccicante di notte che di giorno si svela come un ammasso di spazzatura e riassume quella che Bonami chiama “sindrome di Cenerentola”, “la magia dell’arte che può trasformare una zucca in una carrozza d’oro e farci sognare”. Per poi ritrovarsi, infine, dentro a un’opera d’arte, “l’installazione totale” di Ilja ed Emilia Kabakov, “Incidente in un museo” del 1992, due sale accuratamente ricreate di un convenzionale museo provinciale coi quadri alle pareti dell’immaginario realista Stepan Koshelev dal cui tetto gocciola acqua in secchi e bacini componendo un sottofondo musicale.
Il punto d’arrivo ideale del percorso resta il Ges-2. “Malevich voleva bruciare i musei, creare un dipinto che fosse un buco nero. Il Ges-2, invece, è essenzialmente un quadrato bianco pieno di luce”. Ma che, ironia vuole, come ha notato il giovane assistente curatore Dmitrij Belkin, è accessibile gratuitamente sì, ma soltanto dopo essersi registrati online e avere ottenuto un Qr code. “Il quadrato nero dei nostri giorni”.
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