DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Francesco Persili per Dagospia
“Il braccio addormentato? Ho sofferto molto di più quando mia moglie mi ha lasciato”. Jeff, al secolo Gianfranco Onorato, racconta come è diventato pluricampione di sci nautico dopo l’incidente in moto a 23 anni che lo aveva lasciato con un braccio paralizzato, una gamba menomata e una vita da ricostruire. “Considero l’uomo che mi ha investito il mio benefattore”, spiega a Dagospia.
“Se guardo indietro, non vorrei cambiare nulla. Il giorno dell’incidente lo considero il più fortunato della mia esistenza”. Don’t look back in anger, come cantavano gli Oasis. “Tutto quello che è accaduto l’ho messo al mio servizio”.
Il disagio trasformato in opportunità: “Ho imparato in fretta ad adeguarmi ad ogni situazione. Ho perso mia madre quando avevo 6 anni, poi l’incidente. Attraverso quell’episodio sono diventato quello che sono”. Il potere delle motivazioni e dei sogni: “Ho un ego insaziabile e sono tremendamente ambizioso. Volevo diventare un campione. Questa condizione ha spinto la mia mente a riconnettersi con il corpo per affrontare ogni tipo di prova, a prescindere dal resto”.
Jeff ha messo gli sci per volare sulle onde. Lui, “il figlio del vento”, è stato il primo “diversamente abile” a gareggiare con i normodotati (insieme a Paola Fantato nel tiro con l’arco), è salito sul tetto del mondo nello sci nautico a piedi nudi, ha preso il brevetto di istruttore e ha voluto restituire agli altri quello che il destino gli ha insegnato: la gioia nel sentirsi unici a prescindere dalla propria fisicità.
Così in un angolo di Sardegna, tra le isole di Maddalena e Caprera, Jeff ha creato una scuola di sci nautico, una repubblica marinara aperta a tutti, “con o senza braccia, con o senza gambe, purché dotati di una, anche minima, voglia di vivere”. L’hanno chiamata “la Lourdes italiana”.
Jeff, l’uomo dei miracoli, è riuscito a far sciare anche una ballerina senza braccia, ragazzi non vedenti e bambini affetti da sindrome di down. “Una scuola unica al mondo in cui solo l’impossibile non riesce a trovare cittadinanza. I più importanti beneficiari di questa interazione con i ragazzi con handicap psicofisici sono i normodotati. Si rendono conto cosa vogliano dire inclusione, integrazione, rispetto”.
Un atto di fede e di amore verso il prossimo: “Sono convinto che Dio mi abbia affidato questa “mission” dandomi qualcosa di più grande di quello che mi ha tolto”.
Al centro, sempre, il valore della vita. “Credo di rappresentare un esempio importante per i ragazzi. Potevo immaginare dopo un infortunio del genere di avere articoli e copertine, di tenere conferenze nelle aule universitarie e nelle carceri? Invece è tutto vero, racconto la gioia di essere diversamente abile. Questa fortuna non potevo tenerla per me”.
Jeff enumera le diverse battaglie combattute e non si lascia vincere dai dolori che lo tormentano: “E’ come se mi volessero piegare ma non voglio permettere che ciò accada”.
Parla del rapporto tra sport e disabilità (“Il vero valore delle cose non sta nella conquista ma nel non avere pregiudizi”) e agli atleti che parteciperanno alle Paralimpiadi di Tokyo dà un consiglio: “Concentrarsi al massimo sul proprio corpo e sulla prestazione, creare le condizioni per essere appagati a prescindere da scuse, alibi e da qualsiasi considerazione di natura politica e strategica. Sono stato nel mondo agonistico per 21 anni. Conosco tanti atleti che non sono felici perché non hanno imparato a piacersi”.
Il “figlio del vento” spiega di aver lottato a lungo per sentirsi “un uomo libero”. “Oggi che sono felicemente divorziato, felicemente separato e felicemente squattrinato mi guardo allo specchio e mi sento un figo”. Oltre le barriere, volando sulla cresta dell’onda, la sfida continua. Il senso profondo della sua filosofia resta scolpito nel tatuaggio che esibisce sul braccio addormentato: “Grazie al tuo sacrificio ho conquistato la vera libertà”. E qual è? “Piacersi per come si è…”
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