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Estratti da open.online
Nella notte tra sabato 1 e domenica 2 febbraio, il basket americano è stato scosso da un vero e proprio terremoto di mercato. Luka Doncic, guardia dei Dallas Mavericks nonché miglior marcatore della passata stagione, è stato impacchettato e spedito in direzione Los Angeles.
A fare il viaggio in direzione opposta è il centro All-Star Anthony Davis, miglior marcatore e rimbalzista dei Los Angeles Lakers di LeBron James. Il trade, lo scambio di mercato, che nessuno si aspettava, neanche i giocatori coinvolti. Sui social media e tra i corridoi della Nba, la massima lega di pallacanestro statunitense, tutti si chiedono cosa abbia spinto Dallas a liberarsi di uno dei migliori giocatori del mondo.
Questioni di contratti e di tetto salariale, paure per un atteggiamento sempre meno professionale o la speranza – come ha detto il general manager di Mavericks – di «anticipare un’estate tumultuosa» di trattative per un possibile rinnovo futuro. Tutti elementi che nel modello sportivo americano, a cui tanto spesso l’Europa prova a ispirarsi, sono all’ordine del giorno. E possono facilmente portare a stravolgimenti di questo calibro, dal giorno alla notte.
Il maxi scambio Doncic-Davis
Stravolgere la propria squadra neanche un anno dopo aver raggiunto le finali del campionato non è certo una cosa comune. Cedere il proprio miglior giocatore a una diretta concorrente, ricevendo in cambio giocatori di valore senza dubbio inferiore, è un rebus che è ancora difficile da risolvere. I termini della trade tra Los Angeles Lakers e Dallas Mavericks sono più complicati di un semplice scambio di giocatori.
Utah riceve: Jalen Hood-Schifino, due scelte al secondo giro del Draft 2025 da Dallas
Ma cosa c’entra Utah in tutto questo? Il mercato della Nba, così come di altri sport americani, non funziona come il calciomercato. I giocatori non si vendono e non si comprano ma – appunto – si scambiano, con la possibilità di spedirne e riceverne due o più in «pacchetti di giocatori».
Ciò che conta è che la situazione finanziaria delle squadre coinvolte nello scambio rimanga pressoché invariata una volta che lo scambio è stato formalizzato. E che soprattutto non sia sforato il tetto salariale annuo di 188 milioni di dollari, detto second apron, pena multe milionarie per la società. Per scongiurare questo ecco gli Utah Jazz, che fungono come “facilitatori” dello scambio.
In che senso? Avendo ancora dello spazio salariale disponibile, hanno accettato di ricevere un giocatore e il suo contratto (Hood-Schifino) per far quadrare le finanze di Dallas e Los Angeles. Il prezzo per questo «disturbo» è due scelte future al Draft, l’evento in cui le squadre scelgono i giovanissimi giocatori dai campionati universitari.
Le finanze di Dallas e la paura del maxi rinnovo
Quando si tratta di un business miliardario com’è l’Nba e di giocatori milionari, il peso del fattore economico è cruciale in una trattativa come questa. Anche in barba alla convenienza sportiva. A partire da Dallas.
conferenza stampa di luka doncic interrotta da video porno
Durante Luka Doncic, essendo stato scelto tra i cinque migliori giocatori della Nba (il cosiddetto First Team All-Nba) nelle ultime due stagioni, avrebbe potuto firmare un rinnovo di contratto definito supermax. Si tratta di un rinnovo quinquennale da 346 milioni, pari al 35% del tetto salariale dell’intera squadra. Contando che di anno in anno il business Nba è sempre più ricco, di anno in anno il salary cap viene aggiustato al rialzo. E questo, come si vede dalle proiezioni del contratto di Doncic, ha un impatto anche sugli stipendi dei giocatori supermax.
Per dirla con il general manager Nico Harrison: «Sentiamo di essere arrivati in anticipo rispetto a quella che sarebbe stata un’estate tumultuosa». E a questo si aggiunge che, in caso di mancato rinnovo nei prossimi mesi, tra un anno il contratto di Doncic sarebbe scaduto e il 27enne sloveno sarebbe stato libero di firmare con qualunque squadra. «Ci siamo sentiti in grado di anticipare la situazione». E in ogni caso hanno ricevuto in cambio un giocatore da 25 punti e 12 rimbalzi a partita in Anthony Davis, a cui sono legati da contratto solo per i prossimi tre anni. Un impegno più breve e meno oneroso.
conferenza stampa di luka doncic interrotta da video porno
Lakers al risparmio e Doncic il più pagato di sempre
Per i Lakers? Un affarone sotto tutti i punti di vista. Affiancano a LeBron James, per molti il miglior giocatore di tutti i tempi, una delle stelle più brillanti della Nba in cambio di un pacchetto di valore tutto sommato contenuto. Un impatto positivo sulle possibilità di vittoria del titolo, sul merchandising a costi ridotti.
Avendo cambiato squadra, infatti, Doncic questa estate non potrà più firmare un supermax. Il suo contratto, infatti, si fermerà al 30% del salary cap: 296 milioni in cinque anni, 50 milioni in meno rispetto al potenziale rinnovo con Dallas. Tradotto? Los Angeles, avendo ceduto il maxi contratto di Anthony Davis, per i prossimi tre anni risparmierà circa 30 milioni.
Allo stesso tempo, però, è ben presente la possibilità di rendere Doncic il giocatore più pagato della storia Nba. Basta che lo sloveno firmi un rinnovo triennale da 163 milioni di dollari o un quadriennale da 229 milioni a decorrere dal 2026, quando scade il suo attuale contratto.
conferenza stampa di luka doncic interrotta da video porno
A quel punto, raggiunti i 10 anni di “anzianità” nella Nba, potrà godere di vantaggi percentuali molto vicini a quelli del contratto supermax: un quinquennale da 418 milioni di dollari. Cifre che però non spaventano i Lakers dato che, tra tre o quattro anni, è probabile che LeBron James con i suoi venerandi 40 anni abbia già appeso le scarpe al chiodo, magari dopo aver vinto qualche altro titolo. A quel punto i Lakers non dovranno far altro che ricostruire attorno a uno dei talenti più cristallini che la Nba abbia visto negli ultimi decenni.
La «grande scommessa» di Dallas e i problemi fisici di Doncic
Davvero è solo una questione di soldi? C’è chi sostiene che a Dallas «odiassero» Luka, chi accusa la franchigia texana di mala gestione. E chi sottolinea una possibile ragione ulteriore: la dirigenza dei Mavericks sarebbe stata poco convinta dall’ipotesi di costruire il proprio futuro sul 27enne sloveno a causa del suo stato di forma, spesso e volentieri leggermente sovrappeso.
Dagli Stati Uniti l’operazione è stata definita un «big short», citando il titolo del celebre libro diventato film sulla crisi del 2008. I Mavericks avrebbero dunque scommesso contro Luka Doncic, puntando sul fatto che il suo rendimento sarebbe progressivamente calato per motivi fisici non giustificando un investimento da supermax.
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