
DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA…
Paolo Tomaselli per il “Corriere della Sera”
Arturo, secondo te ha vinto il migliore? «Tu cosa dici? Purtroppo nel calcio non sempre vince il migliore e l’Atletico non è il giusto finalista di questa Champions per tutto quello che si è visto in 180 minuti. Loro hanno visto la palla solo nell’occasione del gol: ha vinto il calcio brutto contro la squadra migliore del mondo».
Se uno come Arturo Vidal, detto il Guerriero, tuttocampista che ha fatto la fortuna della Juve e dei peggiori bar di Santiago, parla così dopo la terza semifinale di fila persa dal suo Bayern, allora forse i limiti del Guardiolismo diventano all’improvviso più chiari, il giorno dopo la bruciante sconfitta subita dal Cholismo.
E hanno a che fare con la presunzione. O meglio: con l’idea che alla fine tanta bellezza architettata dal guru Guardiola meriti comunque il premio del gol vittoria, che prima o poi arriverà. È arrivato con la Juve, per quella palla strappata proprio da Vidal a Evra al limite dell’area a un minuto dalla qualificazione bianconera.
Ma contro l’Atletico Guerriglia plasmato dal Cholo Simeone a propria immagine e somiglianza — istintivo, ruvido, furbo e tutto d’un pezzo — il ritorno alla realtà è stato molto brusco. Se Rummenigge, per il millimetrico fuorigioco di Griezmann autore dell’1-1 ha detto «ci sentiamo derubati», Guardiola ha usato argomenti più nobili e allo stesso tempo tragici per spiegare il suo dolore ai bavaresi, molto perplessi: «A questa società e a questi giocatori ho dato la mia vita».
A uno che tocca corde così profonde come fai a rinfacciare il contratto principesco, la firma col City prima di Natale, gli incontri con il suo futuro d.s. per mettere a punto la prossima squadra? «Spero che Ancelotti riesca dove non sono riuscito io… » aggiunge Pep, dimostrando almeno con questa maldestra macumba di essere umano.
Mai però come il suo antagonista, questo Simeone dal cuore interista che è diventato per Pep e per i suoi derivati (vedi Barcellona, eliminato ai quarti) quello che fu José Mourinho nel 2010: la kriptonite su cui inciampare rovinosamente a un passo dal traguardo. Del resto la difesa a oltranza dell’Inter sconfitta 1-0 e qualificata al Camp Nou dopo il 3-1 di San Siro ha molte similitudini con quella dell’Atletico.
Le squadre che hanno battuto Guardiola in semifinale negli ultimi anni poi hanno alzato la Coppa: perché se puoi gestire 33 tiri in porta e il 72% di possesso del Bayern davanti a 70 mila persone allora puoi farcela ovunque e con chiunque.
«Abbiamo giocato e vinto contro il miglior avversario che ho incontrato nella mia carriera» ha riconosciuto Simeone. E non è una provocazione da guascone, ma quasi una forma di gratitudine: perché senza squadre capaci di volare così in alto come quelle di Pep sarebbe più difficile per certi avversari rimanere attaccati così saldamente al terreno, a difesa della propria identità, meno talentuosa ma più concreta. Senza Guardiola non c’è Simeone. E l’odiato Real dell’indecifrabile Zidane rischia nella finale di San Siro di diventare un nemico qualsiasi. Per questo, ancora più pericoloso.
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