DAGOREPORT – DANIELA SANTANCHÈ NON È GENNARO SANGIULIANO, UN GIORNALISTA PRESTATO ALLA POLITICA…
Estratto dell’articolo di Antonello Guerrera per repubblica.it
Il maestro ha risuperato l’allievo, anzi lo umiliato. In realtà, nonostante la spettacolare prova di forza di stasera, il City di Pep Guardiola è ancora dietro all’Arsenal di Mikel Arteta, di due punti. Ma ora il Manchester ha due partite in meno e questo trionfo dei Citizens contro i Gunners poteva essere paradossalmente ben più ampio della vittoria finale per 4-1 che potrebbe aver deciso una Premier League sinora dominata dall’Arsenal. Un sogno, quello per i Gunners di rivincere il campionato dopo 21 anni dai fasti di Wenger, che sembra essersi oramai infranto, con sole 5 partite a disposizione, contro le 7 dei rivali.
Perché stasera Guardiola ha ribadito a Mikel Arteta chi resta il maestro indiscusso. Certo, l’allenatore catalano conosce bene il suo ex assistente e la sua smisurata esperienza internazionale gli ha fornito un enorme vantaggio. Allo stesso tempo, il City di Guardiola ha distrutto i Gunners, che hanno mostrato un complesso di inferiorità ancora peggiore della gara di andata, anche perché il tecnico catalano ha confermato di essersi ulteriormente evoluto.
Già, perché quest’anno Guardiola sinora ha sbagliato pochissimo, a differenza delle passate stagioni e come dimostrato nei quarti di finale di Champions contro il Bayern Monaco, giocati in maniera monumentale. Stasera, dopo una serie straordinaria di partite affrontate con l'audace 3-3-4, Pep è tornato al vecchio 4-3-3, con Dias e Stones centrali e Walker e Akanjii terzini, per arginare meglio il gioco sulle fasce dell’Arsenal, di Saka e Martinelli. Il risultato non è cambiato: il City da qualche tempo mostra una eccezionale solidità difensiva, e anche i Gunners sono stati inoffensivi con solo due tiri in porta (su 8) contro gli 9 (su 14) del Manchester.
Ma quest’anno il City ha un’arma devastante in più: Erling Haaland. Stavolta il mostruoso attaccante norvegese ha segnato “solo" un gol, l’inutile quarto su assist di Foden in pieno recupero, per 49 gol in 42 partite stagionali. Anzi, nel big match dell’Etihad se n’è divorati almeno tre, solo davanti a Ramsdale, che con eccezionali parate stasera ha evitato una disfatta tennistica. Ma Haaland ha soprattutto devastato la difesa dell’Arsenal con il suo suo ferale senso della profondità: il primo bellissimo gol di un sublime De Bruyne arriva proprio da una sua sponda, e così anche il terzo del belga in contropiede su assist del bomber 22enne. In mezzo, il 2-0 di testa di Stones a fine tempo, su calcio da fermo.
Già, perché come dimostrato contro il Bayern, ora Guardiola non è più solo tiki taka o palla a terra. Grazie a Haaland, il City di oggi ricorre molto volentieri anche al lancio lungo, esecrato in passato dal tecnico catalano. In questo senso, la squadra di Pep sembra aver adottato anche una sorta di verticalissimo “Gegenpressing” alla Klopp. E, dunque, ora pare davvero maturata, sempre più vicina a quella perfezione venerata da Guardiola. Difatti, sono 17 partite consecutive senza sconfitte
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