DAGOREPORT - CON UN MINISTRO DEGLI ESTERI (E UN GOVERNO) ALL'ALTEZZA, CECILIA SALA NON SAREBBE…
Paolo Brusorio per "la Stampa"
abbraccio tra gianluca vialli e roberto mancini
Piangono Roberto Mancini e Gianluca Vialli, lo fanno uno sulle spalle dell'altro. Stringiamoci a coorte, e sembra di averla già sentita. L'Italia è campione d'Europa e in mezzo al campo due uomini si abbracciano sotto gli occhi del mondo e piangono le lacrime che avevano dentro da 50 giorni, quelli del ritiro, e forse anche da una vita.
Parlare di intimità in mondovisione è più che un paradosso, invece è proprio così, non c'è niente di più riservato e di privato di quel gesto sul prato di Wembley innaffiato di gloria azzurra.
Pianto di liberazione, di gioia, di commozione, di condivisione. Il commissario tecnico e il capo delegazione, così sui documenti ufficiali. Per tutti. Cucciolo e Pisolo, per pochi. Per quelli del club dei Sette Nani, una formazione dentro una formazione, una matrioska blucerchiata: quella della Sampdoria campione d'Italia nel 1991.
abbraccio tra gianluca vialli e roberto mancini
Cucciolo e Pisolo non si sono mai persi di vista e quando il primo ha indicato chi mettere come guida della Nazionale in questa sua navigazione, non ha avuto dubbi: «Sempre che Luca se la senta».
Perché Vialli nel frattempo se la stava giocando su un altro campo, vigliacca la malattia. Ma uno ha sempre avuto bisogno dell'altro, nella buona e nella cattiva sorte.
Sulle lacrime degli uomini è facile ricamare e scavare, ma qui c'è la rappresentazione fisica e simbolica di un'intesa «senza limiti e confini». Avevamo bisogno di abbracci, la pandemia ce ne ha tolto il piacere e la stretta di Mancini&Vialli dopo la vittoria nei supplementari contro l'Austria aveva rotto il ghiaccio dopo tanta lontananza fisica. I due uomini, quella sera, erano idealmente tutti noi, ma le lacrime di Wembley, no. Solo cosa loro.
In quello stadio, seppur nella versione imperiale, i due amici hanno perso una coppa dei campioni contro il Barcellona al 120 minuto, era il 1992 e anche l'ultimo treno per la gloria della Sampdoria. Dopo quella partita Vialli va alla Juventus, aveva già firmato «e sentivamo - diranno entrambi ricordando - che il giocattolo si stava rompendo».
Due giorni prima Mancini e Vialli pranzano insieme in un tavolo isolato da Carmine, uno dei punti cardinali blucerchiati a Genova. Ci sono loro e Gongolo, Guido Montali, allora addetto agli arbitri del club e oggi anche. Si parlano, Luca aveva già firmato il suo trasferimento, Roberto raccoglie le confidenze. Racconta Montali: «Rivedo il Roberto che ho conosciuto io. Allora prendeva da parte i compagni e li ascoltava, oggi fa lo stesso con gli azzurri. Affronta singolarmente i problemi».
ITALIA CAMPIONE D EUROPA - ABBRACCIO TRA MANCINI E VIALLI
Per questo i giocatori stravedono per lui, ne accettano il carisma fino quasi a nutrirsene. «Luca era più chiuso, un'altra personalità. Se c'era un problema, si isolava». Ma dove non arriva Mancini, ci pensa Vialli, è sempre andata così, «Roberto sa di avere accanto una persona di cui fidarsi ciecamente». Le lacrime scavano un solco tra loro e gli altri, è un affare privato.
Voglia di tenerezza. Come il bacio furtivo che Luca dà alla palla quando gli rotola vicino durante Italia-Polonia dello scorso novembre: quella sera Mancini non c'è, isolato a casa per il Covid, e il gemello orchestra il telefono senza fili per dare le dritte a Evani, il vice del ct. Un bacio che sa di normalità ritrovata, ma ancora molto lottata.
Non c'è alle celebrazioni Vialli, niente Quirinale né Palazzo Chigi, si è fermato a Londra. Lì c'è la sua vita, la sua battaglia. Stavolta non è salito sul bus azzurro per ultimo come è successo nella partenza verso l'Olimpico prima di Italia-Turchia e poi, visto l'effetto benefico, tutte le volte successive.
«Avete lasciato indietro Luca» e lui che arriva con la coppola. Il calcio è strano, girano miliardi eppure la scaramanzia non arretra. «Roberto» è la voce che sente il ct sul prato di Wembley mentre sta andando al centro del campo dai suoi ragazzi, si volta il Mancio e affonda la testa nelle spalle smagrite del compagno di una vita. «Sono sempre i miei bambini - racconta con la voce calda e fiera Montali - ma non ho mai visto una cosa simile». Si cercano con gli occhi prima che si riempiano di lacrime.
Si trovano sempre loro due e quando non si vedono si sintonizzano sulla chat degli ex compagni Samp, «quelli che si ritrovano» l'hanno chiamata. Luca e Roberto, non si sono mai persi. Una vita insieme: gol, assist, sguardi e ora anche le lacrime a unirli in una notte indimenticabile. Per noi e per loro.
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