DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER…
Matteo Pinci e Franco Vanni per la Repubblica
Presidenti contro manager. Grandi club contro piccoli. Fautori della ripresa a tutti i costi, dopo lo stop Covid, contro frenatori, più o meno espliciti. «La Lega di Serie A è una jungla», dice un dirigente veterano.
«La vedo più come un verminaio», corregge il tiro un presidente. L' ultimo colpo sotto la cinta l' ha assestato Claudio Lotito, convinto che in assemblea debba sedere solo chi mette soldi nei club, a Beppe Marotta, prototipo invece del dirigente per conto d' altri. «Vuole andare via dall' Inter», è la voce messa in giro dai lotitiani - partito di maggioranza relativa in Lega - proprio nel giorno in cui l' ad nerazzurro incassava i complimenti di Zhang per la cessione di Mauro Icardi. Lotito accusa le big di avere tramato con i club di fondo classifica perché il calcio non ripartisse.
Claudio Lotito Foto Mezzelani GMT 14
Al di fuori degli schieramenti temporanei dettati dalle convenienze di classifica, il suo partito conta sette club: oltre alla Lazio, il Verona, la Sampdoria, il Genoa, la Spal, l' Atalanta e l' Udinese, anche se la presa di posizione di patron Pozzo contro la ripartenza ha costretto il consigliere Campoccia (un manager) alle dimissioni. Verrebbe da chiamarle "piccole", ma non è così semplice. Un tempo alla provincia del calcio s' opponevano le grandi: Moggi e Galliani, racconta Ancelotti nella sua autobiografia, scioglievano le tensioni politiche e sportive nel vino rosso d' Alba. Oggi l' asse delle grandi del Nord, esteso a Roma e Napoli, non regge. Quando Marotta e Scaroni (altro tecnico) hanno chiesto la revisione del calendario di Coppa Italia, Andrea Agnelli s' è sfilato: «Per il bene del sistema».
La prossima battaglia sarà per il Consiglio, dove l' Inter occupa due posti: oltre a Marotta, l' ad corporate Antonello. I lotitiani, che sognano un board di soli presidenti, chiedono che Antonello si faccia da parte.
Potrebbe subentrargli De Laurentiis, gradito alle grandi, o Setti del Verona, gradito a Lotito. Altra partita è sulla costituzione di una newco fra Serie A e fondo Cvc per la gestione dei diritti tv. Sono favorevoli i tecnici, a partire dal presidente Dal Pino e dal dg De Siervo. Contrari De Laurentiis e Cairo che, uomini di cinema e tv, convinti di poter far meglio da soli. Altro fronte: in Lega, associazione non riconosciuta, manager e consiglieri rispondono di tasca propria in caso di risarcimenti. Questo rende credibile una minaccia strumentale, agitata di frequente dai presidenti: "Ti chiedo i danni".
Un veto di fatto a ogni decisione. Il partito dei manager chiede una governance che permetta al cda di lavorare. Lotito e i suoi si oppongono.
La deflagrazione dei contrasti s' è avuta sul caso dell' elezione a presidente di Micciché, il 19 marzo 2018.
Tenuto sulla graticola per diciotto mesi, è stato poi silurato con una registrazione rubata in assemblea e una denuncia del super-lotitiano Preziosi: per eleggerlo sarebbe servito un voto unanime, o la sua rinuncia al ruolo di consigliere di Rcs. Micciché ha pagato la decisione (gradita a Inter, Milan, Juve, Roma, Torino, Napoli e Sassuolo) di assegnare i diritti tv a Sky e non a MediaPro, priva di garanzie bancarie. Una sconfitta mai digerita da Lotito e i suoi. Archiviata l' inchiesta sportiva, la Procura di Milano ha indagato per falso Malagò, al tempo commissario della Lega, e Ruggero Stincardini, ex segretario dell' assemblea.
marotta de laurentiismarottabeppe marotta foto mezzelani gmt
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