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Giuseppe Pollicelli per “Libero quotidiano”
Ci vide lungo, l' artista Piero Manzoni (1933-1963), quando sigillò 90 scatole di latta applicando su ciascuna di esse un' etichetta recante la scritta «Merda d' artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961».
Nessuno ha mai saputo se i barattoli contengano davvero quanto dichiarato (verosimilmente, no), ma non è questo che conta. Importa il fatto che, con la sua provocazione, Manzoni abbia dimostrato che nella società dei consumi tutto può essere fatto passare per arte e tutto può essere venduto. Anche la merda. Soprattutto, ha dimostrato che persino la merda può essere venduta a peso d' oro.
Lui stesso, del resto, aveva stabilito 55 anni fa che il prezzo di ogni barattolo corrispondesse a quello di 30 grammi d' oro. Ma la realtà è andata parecchio oltre. Lo attesta quanto è capitato ieri a una delle preziose scatolette, ossia essere battuta - presso la casa d' aste milanese Il Ponte - a ben 275mila euro. Si tratta dell' esemplare n. 69 e ha fatto registrare quello che, al momento, è il prezzo record per le merde manzoniane.
Non si pensi, tuttavia, che gli escrementi siano una presenza così infrequente nel mondo dell' arte e che sia così raro fare quattrini attraverso di essi. Già nelle opere di grandi letterati come Rabelais, Folengo o Swift capita che si faccia cenno all' argomento, ma c' è chi se ne è occupato in maniera sistematica, come il marchese de Sade, il quale ha spesso collocato le feci al centro delle sue narrazioni all' insegna della depravazione sessuale, in particolare nel fluviale romanzo Le 120 giornate di Sodoma.
Opera, quest' ultima, che ci consente di spostarci in ambito cinematografico, dal momento che nel 1975 ne fece uno scioccante adattamento (ambientando la vicenda durante la Rsi) Pier Paolo Pasolini, il cui Salò o le 120 giornate di Sodoma rimane una delle visioni più estreme consentite dal cinema ufficiale. Basti ricordare la scena del banchetto a base di escrementi, a cui attendono tanto i carnefici quanto le loro malcapitate vittime. Pur se molto più apocalittica, la critica rivolta dal film di Pasolini al mondo contemporaneo è in fondo la stessa di Manzoni: tutto è merce e tutto è consumabile, merda compresa.
Ma ciò che è consumabile, dicevamo, può appunto acquisire valore.
Sono passati già 22 anni da quando a Zurigo si è tenuta una mostra dal titolo Cloaca Maxima: inutile specificare quale fosse il tema, più interessante è scorrere la lista degli artisti che vi presero parte, dal parigino Christian Boltanski agli inglesi Gilbert & George, tutta gente le cui opere sono valutate decine (quando non centinaia) di migliaia di euro.
Persino un insospettabile come il fumettista Benito Jacovitti, re della comicità surreale, si misurò con l' argomento cacca in alcuni disegni in bianco e nero che negli anni Novanta, assieme ad altri lavori erotici, furono pubblicati sotto forma di cartoline in un astuccio intitolato Jacovitti Hard. E nel 1998 anche Oliviero Toscani ha dato il suo contributo alla celebrazione delle deiezioni con un libro fotografico dal titolo Cacas, pubblicato dal prestigioso editore tedesco Taschen e tuttora in commercio.
Voci provenienti per lo più da ambienti gay assicurano poi che, se si è dei divi, c' è una possibilità concreta di monetizzare la propria merda: semplicemente vendendola, senza neppure prendersi la briga di metterla in una scatola di latta. Basta un qualsiasi barattolino trasparente, l' importante è che sia certificato che l' escremento ivi contenuto appartenga proprio alla star di turno.
A imitazione di uno dei protagonisti della pellicola Priscilla - La regina del deserto, il quale conserva gelosamente le feci prodotte da un membro degli Abba, pare infatti che taluni individui ricerchino assiduamente gli escrementi di personaggi famosi. Pagandoli, va da sé, un sacco di soldi. Non disse del resto San Basilio - poi ripreso da vari altri - che il denaro è lo sterco del diavolo?
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