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Il prodigio dell’arte inglese anni Novanta sta per fare mezzo secolo. Cosa farà? In quale direzione andrà? Verso i farmaci. Uno dei suoi temi preferiti è morte e mortalità. Ha riempito intere pareti di siringhe e pillole. Stavolta offre una versione scultorea degli stessi oggetti e il più economico, un viagra “Pfizer”, supera le mille sterline.
La mostra di Damien Hirst si intitola “Schizophrenogenesis”, principio di schizofrenia, e si tiene alla londinese Paul Stolper Gallery fino al 15 novembre. L’insegna al neon dà il benvenuto, lungo la stretta galleria spuntano pillole di tutte le forme, lunghe, rotonde, calmanti di tutti i colori, antidepressivi. E’ una vivida pop-art che trasforma il luogo in un negozio di caramelle.
pillole al neon di damien hirst
Di seguito ci sono una trentina di serigrafie di analgesici prescritti per i dolori più forti, ognuna con una diversa combinazione di colori, sospesa in aria, come il fantasma di Andy Warhol. Alla fine della galleria, le cose sono meno ordinate, con bottiglie di Ventolin a terra, pasticche e confezioni sparse, mentre un enorme scalpello di metallo sembra minaccioso addossato a un muro.
Cosa indica questo percorso? Ricorda il mondo di Alice, dove ciò che è quotidiano diventa incubo. Ma cosa ha fatto davvero l’artista, a parte ingigantire i flaconi? Quanto è genuina l’arte nella produzione di massa delle pillole di Damien?
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